domenica 29 aprile 2012

tento

Pazza dal terrore e dal dolore, in corpo un unico diabolico sospetto e non riesco a trovare conforto, nessuna quiete, m'agito, stringo nei pugni e mi strappo capelli e certezze e continuo a incidere nella carne dei miei palmi una parola sola: godo. Potrei continuare sù per il braccio, ma in un secondo mi siete sopra a bloccarmi le mani afferrandomi e spingendomi sul pavimento con tutto il peso. Maledetti. Ma le gambe non riuscite, no. Continuo a strattonarvi forte. E la testa? Continuo a ruotarla in maniera innaturale. Riuscirei a divincolarmi se volessi. Ora, però, ammiratemi; lo vedete, quel guizzo improvviso negli occhi? Prima spauriti e invocanti scampo, ora si aprono e ordinano e lusingano. Sì che ci state pensando da un po'. Leggetevi pericolo, sentitevi straziati. Le mie parole, i miei suoni, minacce e terribili castighi. Scossa, onda persistente, succhio la vostra resistenza e vi trasmetto lusinghe e divinazione. Orrido e lungo il canto della sirena, vi inietto veleno sputandovi addosso tutta l'allucinazione che riesco a tirar fuori. Per un po' vi dondolate insieme a me, inchiodati, paralizzati. Vi guardo fissi, siete imbambolati, neutralizzati e ottenebrati, in mio potere. Vi contraete e vi distendete. Le dita attorno ai miei polsi, le ginocchia appuntite sul mio ventre. La voce cupa e robusta vi irretisce e la bocca si apre in un sorriso suadente, si trasforma in un ghigno violento. Un calcio sferrato ora a uno ora all'altro e riesco a catapultarvi lontano. Sbattete sul muro alle mie spalle e rimanete lì esanimi e impotenti. Perché continuo a negare l'evidenza? Dovrei accettarmi per quella che sono: lasciare che mi si creda capace, seriamente utile a soddisfare i desideri più bassi, se così si vogliano considerare. Intanto dovrete capire quanto e quando le nottate infernali siano inserite per mezzo della mia volontà nelle pratiche mie, senza furore né violenza. Son forze ignote quelle che animano i miei indistinti mugolii, son impulsi bestiali che guidano le inquietanti evoluzioni, non c'è da studiare, da osservare, non sono un fenomeno da verificare, mi si deve solo osare




.. la tarantolata

Le parole non sono di questo mondo
fino a quando non cadono a terra
simili a frutti o demoni.
Vilma Vargas Robles

domenica 22 aprile 2012

quanto?

Non so... decisa no, insicura, forse, in precario equilibrio a valutare i pro e i contro, cos'è che mi trattenga, il reale motivo per cui non riesca ormai a rimanere, radici... non ho lungaggini affondate, mai avute; affetti... anche meglio, le lunghezze stavolta si riducono tantissimo, non arrivano nemmeno a sollevar terriccio, non darei noia a una talpa, non potrei infastidire una termite. Ci sono, lo so. L'orgoglio. La caparbietà. La segreta voglia di riconoscere un giorno i segni di una ripresa, il gesto di rivincita: dito medio issato al mondo che guarda stupito, al quale, sghemba ma in piedi, urlo: ci sto! Ci vuole così poco... basta prendere le redini della propria esistenza, tirare forte o mollarle per partire al galoppo. M'accorgo che non sono assicurata, sto cavalcando a pelle, lui suda e io comincio a perdere la presa, scivolo via, s'infastidisce, si blocca e io volo via, tonfo secco, faccia in giù e dita a prelevare frammenti e polvere, ora sì che la pianto. Non era impossibile, nemmeno difficile. Ma a risalirci nemmeno a pensarci. Sarò arciere senza destriero. Farò la guerra senza armi. Darò la vita senza morire. Avrò licenza senza esser ferita. Ritornerò alle mie origini, darò vita alle mie passioni e mi farò cittadina in mezzo ai cittadini. Cos'è questo morso? Mi divora il piede, non posso poggiarlo se non avvertendo una fitta lancinante, quel bastardo al quale avevo offerto soccorso in uno slancio m'ha afferrato e non voleva più mollare. Una bella ferita che s'allarga e si arrotonda sul dorso e sgocciola e puzza. Non vi è traccia di fierezza. Impotenza, quella sì, m'ha presa, soggiogata e abbandonata. Il fuoco antico s'è spento. Disillusione, si chiama, mi chiama a dichiarar resa, mi richiama a gran voce, un'eco potente, sventura piena, colorata di tinte grevi, tristi, orribili, che disegna attorno, dentro, dentro un senso di sconfitta incondizionata. Nell'angolo al quale mi son relegata, io, soldato errante, sfodero la mia lancia e vi sfido a proferire parole, le più belle, le più vere, le più autentiche, sentite e disperanti, pungenti e delicate, quelle avranno la meglio.

Venga un'ora
di vero fuoco un'ora tra me e voi
ma scoppi infine la sacrosanta rissa,
maschere, e i vostri fini giochi,
di deturpato amore: nell'esatto
modo mio di non dovuto
amore e dissipato, gente, vi brucerò

Son ombre, le più cattive, quelle che ti seguono o ti precedono e intanto ti divorano il passo. Io già stanca parlo loro come per ammansirle, ma quelle più forti, incassano e rilanciano, sterco e melma, un guazzabuglio in cui si rotolerebbero ben felici i maiali, ma io, che per disinfezione uso altro metodo, voglio rimaner lucida coi miei pensieri, fuori dal mondo, esclusa dal successo, sola con la mia memoria, riconoscermi nella dignità e nell'esperienza, giusta sorpresa, l'appuntamento con la mia gioia... non è vero che è rara, c'è, è quella ferita, quel segno, quel discorso che ti serve a dire, a restare.


Passo tratto da 'Gli strumenti umani' Vittorio Sereni


cosa c'entra Monti, e cosa l'Imu? c'entrano c'entrano… rimbalzo a FuMuso

domenica 15 aprile 2012

tesi dell'assurdo

Abito. Nei dintorni di Londra. Parlo, parlo e straparlo. E non mi pettino sempre allo stesso modo. Amo contraddire e contraffare. Godo nel demistificare. Anarchica che non sono altro. Non potrei agire diversamente... o forse sì. Cosa siano le posizioni nette, quanto facciano parte delle grandi promesse di miglioramento delle condizioni umane ho voglia di tralasciare e di preferire e sposare il mio irreale, indecente paradosso.
Adotto. Ogni giorno come modus vivendi il coraggio della retrocorsa con proiezione in avanti, molto avanti. Stupire, provocare, attaccare alla base alcune realtà prestabilite, più calcolate che sincere e verificate, queste le regole quotidianamente rispettate e di cui è impregnato l'affronto al mio resto del mondo. Nemici dappertutto ad ogni angolo di strada, rottura su qualsiasi muro o facciata, stupore sulla faccia di bimbi poco inquadrati, studenti ribelli e politici incorrotti. Sarà il mio più grande vanto: occhi e gusto soddisfatti senza timore di richiesta rimborso. Oser ne pas penser comme les autres, l'estrinseca traccia lungo tutto il percorso.
Rischio. Non pronosticato dai burocrati incalliti l'innato mio desiderio di rivolta incosciente, saranno battuti facilmente fuor da inutili convenevoli e ovvi luoghi comuni. Un'insegna luminosa indaga e scorcia il buio pesto legame tra l'essere e il non essere, non parla la lingua vuota dell'incomunicabilità, rappresenta l'impossibilità e comicamente conclude nella storia smascherando il banale e il convenzionale.



Soffro. Per gli eccessi di autoritarismo. Accorcio le gonne e le sbrindello. Scrivo. O meglio comincio a scrivere senza saper di cosa. Effettuo la rivoluzione completa del creare. In maniera spontanea, senza regole o condizionamenti. Via i legacci, scardinate le logiche. Fatevi delle domande. Non rispondete obbligatoriamente. Beffatevi della sorte, burlatevi della morte. Ho iniziato la parodia tanto tempo fa, ne ho fatto emblema e logo prestando spunti all'incerta epoca, gestante e balia di umana arte che non vuol nascondersi dietro alcuna ideologia e potere soffocanti. Stralcio. Qua e là. Sulla lingua bianca che taglia la via della mia esperienza quadriennale e si staglia nell'azzurro del mio centoedieci, lodato e aulente di lauro, in corsivo e schizzati a matita si legge chiaro…

L'avant-garde, c'est la liberté
Eugène Ionesco


parte della mia tesi, tavole ancor più surreali.. anno 1993

martedì 10 aprile 2012

psyché




Cosa preferisci? C'è zucchero di canna grezzo, chiaro, bianco raffinato… Hai del miele? Sì un millefiori e… di castagno, tarassaco, lampone. Vada per il lampone. Ma quanto ne metti? Ho bisogno di dolce. Devo riempire questo stramaledetto occulto buco. Ormai è un crescendo. Innescato, inesorabile, da oltre un mese, sta abusando della mia pazienza, il sordido. Si è consolidato in pianta stabile e gira indisturbato, imponendosi e scavando. Sono un bel rifugio. Perché dovrebbe abbandonarmi? È arrivato zitto, zitto, usandomi come momentaneo appoggio, il turista in cerca di divagazione, scatenando un cortocircuito improvviso e imprimendosi poi in livida permanenza, giocando a raggiungere per primo tutti gli interni, intimi angoli… occupato! Io lo lascio fare. Ho deciso di farmi carico della disgrazia universale. Lo vedi? Io sì. Grazie a lui. Registro ogni singolo istante della mia esistenza ormai in tutta la nudità e crudezza, senza sottrarmi, senza fuggire, nessun accanimento. Zappetto. Innaffio. Irroro. E lui affiora. Si rituffa. Ritorna in superficie e si sbraccia, espressione tra il sarcastico e il partecipato: io e lui, sodalizio indecente e ormai coronato da una stupenda coralità nello smisurato e sordo universo. M'invita a lasciarmi andare, non ostacolarlo, e io, mai domata, sembro capire finalmente, devo aver trovato, attraverso una tortuosa via, l'esile filo della mia personale rettitudine. Sei sempre stata impossibile, ricordo la sollecita voce… Ora si può, lui è lì, seguo quella traccia, senza fretta, la diagnosi a termine in tasca, godendomi ogni singolo fotogramma con un'unica intenzione, per me la migliore e più valida: l'ultimo agguato al destino da parte della mia anima, gli sbatterà in faccia una caricatura a carboncino e un messaggio preciso, dal nulla nel nulla col sorriso precipitato, la mia ultima fuga prospettica, niente punto focale… no.



Life is just what happens to you
while you're busy making other plans.
John Lennon

giovedì 5 aprile 2012

gusto e tatto spiccano


A conferma della lunga esperienza e della fresca educazione fa il suo ingresso nel nuovo mondo il bel tirocinante, e, presto, forte della sua tenacia e delle sue prestazioni, s'appresta a raccoglier stima e pratica. Rumore di incisione antica, profumo intenso di inchiostri, acido e dolce, rulli e macchina di Stanhope, torchi in legno che gemono e caratteri che s'imprimono e spingono sul foglio bianco, voraci e superstiziosi, attaccati come due amanti che nelle contorsioni e nel combaciarsi a perfezione, nel vai e vieni continuo, nella ginnastica delle cosce e nella lotta e nel sollievo, ricerca la perfezione della composizione e il giusto compenso. Gode di salute, si sente, ha una gran sete, quasi inestinguibile; divina arte quella, s'accentua ed eccede il piacere, quella sommità calva, alla quale fanno corona ricci e folti accenti morbidi, percorso come da scosse, venuzze sottili e sostenuto dai preziosi gioielli… han realizzato una superba maiuscola tutta intarsi, tondeggianti abbellimenti che si spalancano sul dipinto blu a sfondo bianco. È una meraviglia sulla quale si posa la mano curiosa a toccare il rilievo, a sciogliere i nodi e a leggere le dolcezze del disegno, a stringere titubante o ad accarezzare impetuosa, gli occhi infuocati e la bocca arsa, come una beona che non smette di oliare fauci e labbra e non ne ha mai mai abbastanza. E lì ti conduce, la nuca costretta e il cuore tenuto e sorretto, con parole sinuose e mezzi suoni tremanti: non è un amore? Sicura di aver per le mani un pessimo affare, ma abbastanza pazza per andare fino in fondo senza ritegno giù nel profondo. Subire e umiliarsi, impadronirsi dello scettro e tornare alla carica per capriccio o per scrupolo: non è la tua maggiore qualità? Sale e scende per rampe ripide e per rapidi sguardi sulla bozza appena realizzata, la ammirano, la scrutano, la ripongono, la rivalutano. Si dev'essere realisti o sognanti? Gentili o sbrigativi? Non vale il calcolo, e il rimuginare, quel che conta è il vibrato dell'arnese, il trasporto, lo stordimento e la sorpresa che sbalordisce e risveglia dal sonno leggero, quello in cui sogni e realizzi, dimentica e caduta dalle nuvole su chiodi e spine, inquieti, stremati, ma sempre caldi, umidi, vogliosi. Incalza, serra, torna carica… il problema è rimasto insoluto e richiede il tuo contributo, il dono della seconda vista che dondoli docile, solleciti con continui assalti e incursioni improvvise, l'inebriante dichiarazione di resa della lingua generosa che sollecita, corre, paga, e riscuote, la bocca avara usuraia, prezzo pieno sommato agli interessi. C'è un gioco di circostanze imprecise e una miscela di impulsi che fanno affluire i guai in gran quantità e malgrado si è preparati certe sfumature scompaiono e si fondono ad ubriacare e disorientare cosicché si corre il pericolo di promesse non mantenute o ignorate, di precauzioni calunniate e distratte. L'assedio è finito, lo spasmo si placa, la nemica ancora si aggira ma stanca anch'ella, giace inerte; avido ma appagato, quasi indifferente, abbandonate le forze, sbigottito e svuotato, ma ancora debitore… pugno rilassato, dita attratte dal morbido della coperta, vellutata al tatto, vergata, polverosa, riposano e già meditano vendetta. Si scopre tattica, non rinuncia a strategia e attacco, riparte dritta alla meta, i polpastrelli, alleati insostituibili, studiano le mosse per riprendere il processo di realizzazione di quella meravigliosa illustrazione, contornata da un fregio classicamente graziato, carattere incline alla conquista. La sua opera sfogliata, divorata, assaggiata e risputata… le frulla l'idea malsana, il suo, talento e vizio celebrano liturgia e rituale diabolico: dedita, illimitata, convulsa, rabbiosa, malata ninfa

continua…



Ieri ho pensato a te, a te che mi premevi le gambe contro stando in piedi, alla stanza che vacillava, mentre io cadevo su di te nell'oscurità senza sapere niente. E ho tremato gemendo di piacere.
Henry Miller ad Anais Nin - L'immagine iniziale è Iris Nero, 1906, di Georgia O'Keeffe