domenica 30 dicembre 2012

al di là



Se esistesse la formula per rendere un fallimento un successo senza uguali, io sicuramente non farei nulla per appropriarmene. La magia a cui ambisco è un'altra: quella silenziosa ed emarginata dalla storia di tutti i giorni, quel corollario che sembra essersi aggiunto all'ultimo momento. È la scrittura che riesce ad ammaliarmi sin dal primo contatto con la pagina a caso di un libro pescato per caso nella libreria precipitata all'angolo della viuzza buia nelle mie ondivaghe passeggiate verso casa quella che riesce a rapirmi e a guadagnare l'attenzione delle mie dita e dei miei sguardi. Mantiene credibilità il racconto di questa avventurosa esperienza? Non so, ma così è stato. Sempre. Difficile da immaginare per tutti tranne che per me. Io mi lascio forgiare e plasmare dalle prime opere; quanto più son coinvolgenti e avvolgenti tanto più me ne faccio commuovere. Mi rinfranca la fantasia rintracciata, il dolore delicatamente riposto, ma mai represso, la facilità dell'intenzione e la profondità della dichiarazione: facile, non elementare né banale. La realtà ha un sapore mistico quando rappresentata attraverso una dimensione invisibile, sensoriale. Mi cattura, mi seduce. Sì. E io lo ricopio sfumandone il margine su un foglio che mi rimarrà amico anche quando vi avrò apportato mille cancellature, anche quando l'avrò reso opaco, scarabocchio bizzarro, sprecato…




E nei momenti in cui non guardavo sentivo gli altri parlare ai loro cari in terra, come me, senza riuscirci, temo: esortazioni e istruzioni ai piccoli, un amare e desiderare i compagni di vita, ma tutto a senso unico, una carta a un solo lato che nessuno avrebbe mai firmato.
Alice Sebold - Amabili resti


domenica 23 dicembre 2012

inosservati



For Carnation - oh Brian McMahan…

Ora so cos'è l'invidia. Comincia a rodere dentro e realizza in breve una voragine. Non la visualizzerei in verde. È densa di ogni colore: passa dal nero al blu oltremare, si stempera in un grigio opaco fino ad assumere tonalità rosso sangue. Mi si imprime nel bianco dell'indifferenza e si modella a zig zag a mo' di frequenza elettronica e incide, penetra, trepida, s'estende a macchia d'olio, gialla,  s'invola in frequenze talmente elevate da risultare rarefatte e poi sprofonda, viola, cupa, funzionale all'angoscia e alla trama indolente dei miei stati d'animo. È la parabola più breve che si possa registrare, ma supera la narcolessia emotiva di cui son preda, è un attimo, filtra la noia, sempre pronta alla conquista degli spazi incustoditi e m'induce alla reazione. Novità. Circolari. Ossessiva. Crescendo. Pathos. S'issa in precario equilibrio, fragile assai, dà uno sguardo intorno, finché arrivi l'assenza di elementi riconoscibili, nella non struttura, trasfigurata e priva di consistenza, si ripiega sul proprio lavoro, svolto per sottrazione e tende al confine silenzioso: quello dell'essenza del suono e del segno. La mia multicolore linea - l'osservare l'altrui - mi spinge avanti a riscoprire la sensibilità minimale, lenta, scheletrica, stilizzata, intima ombra, repressa, ma palese; è una cifra personale, quella aderente alle mie atmosfere notturne tutte incentrate a creare sfumature radiali, partono dal grado zero e procedono per strati espressivi ed emozionali, ad ipnotizzare e coinvolgere. Potrebbe sembrare un movimento impercettibile, appena accennato, ed è proprio il distacco, l'idea evanescente, la leggera pennellata, la traccia, la firma che distingue e riconosce, riscopre e valorizza nella sempre più affollata galassia di forme ed espressioni vane, tutte identiche e sfoggiate, nessuna unica, nessuna prezioso scrigno di promesse…


sabato 15 dicembre 2012

equi voci



Vivo a puntate. Ognuna della durata di una decina d'anni. La mia vita è un feilleuton. Ha tutta la forma espressiva della storia proiettata su grande schermo e la ragione d'essere della telenovela in tv e perciò ammalia, divulga, fidelizza, ma allo stesso tempo muta continuamente nel tempo. Sono una volubile seriale. Le vittime: i rapporti, le convenzioni, l'abitudine. C'è un'incredibile proliferazione narrativa, la reiterazione delle soluzioni narrative; coinvolgono e travolgono… fors'anche la narratrice. Cerca di sottrarsi alle logiche del suo lavoro e a tratti vi riesce perché fondamentale caratteristica sua è l'immagine, la fantasia il suo primario elemento comunicativo. Lei in primo piano, lei in secondo e terzo: una serie di quadri in movimento, piani di sequenza mai statici, tante inquadrature differenti fanno l'opera proteiforme che racchiude e si apre ad ogni parola, ad ogni sguardo, in follia, in delirio, su passione, su ardore. Sono innamoramento a prima vista e profondità di campo; è rigore inossidabile e scioglimento costante; sei innocenza e calcolo. Chi sarebbe il regista di tale mirabile azione? Ma io medesima, chi altri potrebbe mai muovere le inquadrature così complesse, chi trasformare di continuo le identità, raccontare le storie dentro altre storie, rivelare e celare, ricostruire e collassare… Le radici erano già chiaramente vitali e si rafforzavano ad ogni deliquio, ad ogni temperatura sopra i 38 gradi. Prendevano vita tra le lenzuola umide, si nutrivano della miracolosa fluidità dei miei pensieri e tali erano i caratteri e i soggetti che si ramificavano anche a mia insaputa, le vicende si intricavano consapevoli o meno. Grandi arti feci delle mie maschere, tutte sognate, tutte ipotetiche, cadevano e cadono, rivelano le ombre e svelano le luci del mio personale teatrino. Vertigine? Può darsi. Batter di ciglia fugace che muove le marionette ignare e complici, scivolano e si dissolvono come lacrime di gioia e commozione.

sabato 8 dicembre 2012

due mondi…


Prima che si verifichi un intralcio, per evitare che si sieda in prima fila la guastatrice di turno, che tutto rende banale e fastidioso, metto a punto, svolgo e dipano l'intreccio della trama. Voglio che tutto sia perfetto… il dramma, il conflitto dovrebbero descrivere senza creare distacco, far pensare senza, però, far annoiare. È un martellare continuo che non dà tregua. Mi ha condizionato per mesi questa storia. Inesorabile. Il parto è stato liberatorio così come il partire di uno dei protagonisti raccontati.
Dunque sei morto
poi mi sei apparso
assorto nella luce della finestra
e adesso già ti allontani provando
la seconda morte e poi la terza.
Verrà forse una vita nuova
ed io sono ancora vivo.
Ma per quanto? (Ragazzi a vita, Renzo Paris)
Dal mio punto di vista, ch'è complesso come la vita interiore spontaneamente s'impone e prende posto dentro ogni essere umano, c'è molto odio, paura, rancore… così tanto che comincio a pensare che dappertutto non vi sia che veleno, menzogna e incomprensione. È il mio rifugio, la mia tana in essa mi stempero e riprendo forza, trovo solitudine e riscossa; da essa attraverso un dettagliato e reale spiraglio oso e scorro via libero.


Gli uomini sono un vero mistero per loro stessi (Akira Kurosawa).
Soprattutto nei momenti di disorientamento, quando a fronte dei frammenti sparsi di un'epoca in caduta libera andrebbero contrapposti pilastri per l'avvenire, quando è forte l'esigenza di porre fine al putrescente oggi e slanciarsi verso un domani luminoso, che si avverte potente la necessità di riascoltare la storia, di risentirne voce e monito, non tanto quella maiuscola, quanto tutti i mille rivoli particolari, le voci singole che declinano lo scorrere del tempo condiviso nei travagli emotivi individuali, vitali e carichi, quelli che ci raggiungono alla schiena e incidono violentemente sulla nostra sensibilità sfocata e attutita.
Mi contraddico, forse? Ebbene mi contraddico. Sono vasto, contengo moltitudini (Walt Whitman)
Le narrazioni sono due, in successione da flashback di vite, avvinghiate e separate, accomunate dal pericolo, dalla follia, dall'instabilità, dalla solitudine e dal vagabondaggio. Due esistenze in cui regna il disordine di una sensibilità fragile, dall'inadeguatezza di esseri unici. La narrazione doppia in prima persona salva episodi del passato dall'oblio e si trasforma in chicchi di sale da gettare sulle ferite anestetizzate dell'oggi. Sono voci intercettate dalla storia che spazzano la nebbia fitta della bulimia mediatica, dell'antipolitica imperanti e cercano di intessere un dialogo forte, attivo, partecipato. I toni modulati e modellati da due stili diversi esplicitano il chiaro attrito tra due pensieri opposti, due mondi distanti, ma aprono una sola finestra sulle singole storie come su interi anni, permettendo alla memoria di fare da trait d'union… necessità e cura perché il tempo d'allora venga a mordere il presente, a scuoterlo dalla sua fissità, a salvarci.

Se solo tu fossi qui, e non in un luogo sconosciuto della mia mente, che un tempo era e adesso non è più, potrei voltarmi indietro ad osservare lo stupore dei tuoi occhi, che guardano attraverso questa polvere di pioggia che ora m'allontana dal tuo cercarmi a vuoto nel silenzio di certe mattinate, che lì da te sono girate verso il mare e qui si perdono di vista in un istante… (Stefano Tassinari)