martedì 13 gennaio 2015

At least. For now.

Corpo nudo. Turgido. Scuro. Viso scavato. E non solo. Figura e didascalia celate dietro un bellissimo sorriso, ma troppo magro per poter rappresentare la salute. Voce profonda, ma stentata. Elegante, ma stentata. 
Potenzialmente potrebbe ambire a ricchezze e riconoscimenti, ma troppo insicura, troppo sempre troppo sempre insoddisfatta.
Con sua madre che sprona o regola, esercita o ossessiona, ma non riesce a contenere e quella esuberante, ne fa intuito, estro, ideale perduto, ma visibile in controluce.

Bella Lei. Ha capito tutto. Non ci si lascia sopraffare e dalla malattia e da tutto ciò ch'è estraneo, aggressivo, distante, invadente, irrispettoso, deturpante, egoista, menefreghista, indifferente, qualunquista, stoicamente inoculato.
Non sembrano aggettivi adatti a definire il cancro.
Come no?
Sua mamma conosce l'importanza delle parole, ma anche quella del ritmo, dell'opportunità di dirle o di tralasciarle. Lei anche, e ora le ha per sé - non rivela il male - e le conserva in attesa di vendetta servita come e se si potrà poi servirla.

Ora serve camminare su tappeti spessi, per non far rumore, per attutire il dolore. E quello sbuffa quando non lo si può tenere dentro, tenere a freno i nervi già tesi e le emozioni. Vorrebbe esser contagiata dalla stessa fredda impassibilità. E non sempre riesce. Narrano d'arte d'arrangiarsi, d'ironia che salva. E lei dispone di entrambe, ma sotto la patina dell'impulso si nascondono la coscienza e la consapevolezza d'esser debole. Sensibilissima. 
Sempre la mamma, quando la vedeva sofferente, non sapendo, diceva: 'Oggicosè?' tutt'attaccato, senza apostrofi.


di seguito una diapositiva di 'Come mi faccia attaccare facilmente, ma allo stesso tempo disintegri con altrettanta semplicità. Sniffatevela voi'.

Leggo, ascolto, penso, guardo tutto e piano, con la fatica che ne consegue. 
E rallento ancora. Piano. Più piano. E chiudo. Occhi. E apro. Sensi. 
Almeno per ora.