È cominciata con un paio di palleggi, sulla spiaggia, alla fine d'una giornata intera trascorsa al mare. Dopo la gara di tuffi, il panino e la birra, la passeggiata sul bagnasciuga, la partita a scopa, la noia si fa sentire, stai decidendo se fare armi e bagagli e andare, quando intravedi in controluce il su e giù di una palla al di là delle dune. In piedi li scorgi più chiaramente: tre tizi in cerchio.
Ti avvicini e li senti: ad ogni tocco corrisponde una battuta, ad ogni ricezione un pezzetto di racconto e tra uno scambio e l'altro costruiscono un dialogo, scrivono una storia. T'insinui tra loro. Il più piccoletto ti nota. Primo passaggio.
'Tocca a te!'. Nemmeno il tempo di rifletterci su. È come penetrare in una stanza buia, ma riconoscendo comunque i contorni delle cose, come slanciarsi nel vuoto, pur sapendo che troverai braccia pronte ad afferrarti. Secondo passaggio.
Ora sei parte dell'opera, un frammento della scrittura, tratteggiato a colpi di grafite, ricalcato a carboncino, estratto col taglierino, sagomato col bisturi, riempito con carta pesta, intarsiato con le sgorbie, ridefinito a pennellate. Terzo passaggio.
È maschera che indossi e incarna un personaggio, è persona trasformata e nuova, è insieme di identità distinte e complementari, è gruppo di espressioni e di tipi caratterizzati e via via sempre più definiti.
È cominciata con un gioco, continua come una gioiosa partita. E via. Eterno passaggio.
Il capitano Gino
1 ora fa