Quella volta non avrei mai voluto sfilarle.. Cosa sarà mai? Un intervallo, una pausa. Lo so, chiunque mi abbia chiesto una pausa di riflessione ha continuato a rimuginare per anni, ma da solo. E così è stato anche allora: quattro anni fa mi han chiesto di pensarci sù, di prendere una decisione. Lo vedo il riflesso, il pensiero inespresso. Sulla superficie tirata a lucido, nemmeno un alone, ho disegnato un grande baloon e in centro ho scritto io vado, non mi fermate. Mai un indugio? Grande, imponente, insuperabile, no. Piccolo, da perderci cinque minuti, sì. Le grandi decisioni han bisogno di meno tempo per essere stabilite e saranno decisive. Le piccole, dicono, ti fan perdere le notti. A me no. Ho smesso anche di non dormire, perché, in genere, quando calo le palpebre continuo a far piani, uno sull'altro, e all'indomani ho già il progetto. Gran bel lavoro, mi autocomplimento, brava. Le piccole, dicevo, son le più lunghe, ma il parto non dà i figli sperati: tanto dolore, poca soddisfazione, incisive per nulla. La mia produzione attuale è l'immagine sfocata della mia infanzia. L'oggi dovrebbe essere il periodo di importanti rivolgimenti, di spettacolari conquiste e invece mi appare come la brutta copia di un disegno fatto tanti decenni fa. No, non l'ho conservato, ma sarebbe poco importante. Ricordo bene come l'ho iniziato e in che luogo ero nascosta con carta di giornale e pennelli. Lo stipite è stato compromesso per sempre, ma l'opera d'arte era stata compiuta. Non conoscevo il significato di decoupage, ma quello dello sguardo di mia mamma sì, eccome, e quello me lo sogno ancora. Tutto sembrava possibile, allora, anche che io convincessi i miei che quella era una prova. Facevo dei grandi inchini, giravolte immense, contorsioni impensabili, e il sorriso, sornione, le guance paonazze li facevan divertire... ora che so allungare il passo, toccare il ripiano più alto del mio braccio e del loro stesi, che potrei guardare dall'alto in basso, non vorrei altro che tornare a passi felpati all'angolo tra la cucina e la luminosa veranda e gridare forte, per vederli sobbalzare, per smuovere coscienze, scuotere animi sopiti, ringiovanire sentimenti, tirare rughe, rinfrescare facciate, illuminare passi, risollevare schiene, ritrovare nascondigli, scoprire quel suono in coda che in parte riassume, che tutto contempla, che nulla conclude. Potrebbe essere il fruscio di una carezza o il trillo di una risata: il dimesso tributo di un tempo reale o immaginario e l'istantanea intrufolata tra le pagine in movimento di un libro aperto, ciò che sei per una persona cara, o che ella è per te. Ah, come vorrei vederle sfilare...
Il capitano Gino
5 ore fa
gli stipiti alti crollerebbero a causa di infiniti tocchi di mani sempre crescenti in numero e allungate. o forse crolleranno lo stesso, anche se le schiene curve e i passi felpati continueranno ad alternarsi a caricature e brutte copie di progetti vecchi di decenni. non c'è consolazione, in verità. salvo questa, forse: da qualche parte e in genere sono molto più feroce di così, sull'argomento. buongiorno
RispondiEliminaVorrei vederle sfilare pure io ;)
RispondiEliminaSempre sensuale, politico-poetico-erotica ...un piacere ri-visitarti.
adoro la tua ferocia alpexex
RispondiEliminaAlli caro! *