Le mie radici affondano in anni di buio mescolati a sprazzi di luce da un amore smisurato per il gioco. Lo spirito è sempre stato quello di piantar semi a caso in tracce poco profonde e raccogliere non era l'obiettivo primario. E io emergo ogni volta inconsapevole della magia, mi levo su un paesaggio desolato e scarno, emergo da uno spazio immenso che mi strugge e m'atterra, intrisa nell'umore gelido che spira tra le scarne trame e posso solo aver voglia, di unirmi all'ondeggiante ballata, perché son ancora avvolta e confusa da inquietanti nebulose e sospinta e cullata dalla risacca. Il tempo, breve, di far capolino tra la spuma, uno, due salti in su, in giù, e tutto va via così com'era comparso, più rarefatto ancora, implode. Buco nero.
sì, è un disegno…?
Certo che so cos'è. È un continuo viaggiare attraverso sé stessi, il che può essere un'esperienza affascinante, ma anche molto dolorosa: un sacrificio enorme, privarsi di tutti gli inganni del quotidiano, di tutte le menzogne costruite ad arte per annegare la verità. Essere 'eterea', non essere una 'cosa'. Il tempo fornisce lo sfondo sul quale distendersi ed è la porta, a volte minuscola, a volte enorme, attraverso cui vado avanti e indietro, fuori e dentro. Esperienza oscura di straordinario intimismo, capace di proiettarmi in una dimensione quasi autistica, dove il mondo circostante diventa come eclissato da un sole nero, un male che non smette mai d'accadere e assiste a tutti, 'insetti in un blocco d’ambra'.
passo da Mattatoio n. 5, Kurt Vonnegut
In sottofondo tutto Dark night of the Soul, Sparklehorse