giovedì 18 settembre 2014

En attendant

Si potrebbe tradurre in aspetta e spera. Ma il verde non è tra i colori preferiti il mio preferito in assoluto, né le citazioni ben accette.
E così vado senza muovermi. Sposto solo oggetti, ma i piedi rimangono ben piantati, senza radici in effetti ad avvolgere nulla, a scavare profondamente.

La lingua morta si dissecca e il cuore marcisce, cieche bocche scavano gallerie nelle carni, ma la terra resterà per sempre; la peluria cresce come a primavera sul petto sepolto, ma i fiori della morte sorti tra le cavità del cervello non appassiranno.

Sembravano veri e invece erano solo imitazioni di se stessi e io ricerco gli originali per troppo tempo ormai. Quando ci impieghi tanto sei fuori strada o sei andata troppo dentro e la verità è solo una: non c'è nulla. Nemmeno una parola, un verbo, una frase di senso compiuto utili a riportarmi in superficie.

Non ci sarà più alcuna lingua, non una lingua per il silenzio e per la terra: le labbra radicate non pronunceranno più parole, il freddo occhio del serpente sbircerà tra i vuoti del cervello, e non un grido dal cuore su cui sorgono i vitigni.

Poi finalmente un pugno, sferrato con forza ed esploso in piena faccia, mi rimbalza su, in una potente, continua progressione verso l'alto e nel mentre vi vedo tutti e tempo, guerra, buio, luce. Accumulo e vuoto. Salita e ancora e ancora. Rossa d'eccitazione e di rabbia. È stato orribile, denso e lieve.




passi Thomas Wolfe
in sottofondo Fleet Foxes He doesn't know why

2 commenti:

  1. È così incredibilmente angusta la falsa immensità della blogosfera che si finisce per trovarsi negli stessi posti e, se si è fortunati, addirittura negli stessi momenti.

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