martedì 28 ottobre 2014

fo disfo soddisfo insoddisfo

Mi sedetti dalla parte del torto perché quelli seduti dall'altra parte parlavano con la bocca piena di ragione.

Piccola storia, come di tante è fatta la vita, divisa in tante comode mono-porzioni da portare con sé nel borsello frigo ch'è la vita stessa. Ci vuole un solo giorno per dimenticarsene. Fingi un'amnesia o la smarrisci sul serio o compi il gesto inconsulto, meglio ancora, e le spazzi via tutte insieme. Trasferisci armi e bagagli, mini-bazar zeppo poco di cianfrusaglie di ogni epoca e valore, di solito amicizie e momenti di gloria vacua. Sono uno spirito geneticamente retrò, fatta di nostalgia di un punto imprecisato del passato e perciò potrei collocarlo a piacimento in giro e appuntarlo in boh al .° paragrafo di un racconto brevissimo. Poca roba, ma l'avevo ampiamente già detto. E la location? L'hai scelta, ed è una città fatta di contrasti e fascino, per niente calorosa e romantica, vintage e laidamente languida, macedonia di simbolismi, assurdo accrocco di mura privo di porte. Niente chiavi di lettura quindi. Perdita di coscienza collettiva solida e unitaria. Finalmente l'ho trovata. È questo il teatro dell'ultimo e definitivo colpo di pennello: tiro fuori la bottiglietta dal contenuto trasparente, me la vuoto addosso e mi do fuoco. L'alcol fa miracoli. Sempre.




Volli fortissimamente rolli.

martedì 14 ottobre 2014

il mio posto

Mi sono piegata al volere del mondo in cui vivo, un mondo che si sforza di far dimenticare i ricordi di quello che sta più in basso come se fosse qualcosa di cattivo gusto.

Ero seduta in mezzo a tanta gente divertita. E io non sapevo nemmeno come ci fossi arrivata lì. Cercavo qualcuno e non lo vedevo. M'ero anche piuttosto affaticata. Stanca, e lo sono da un pezzo ormai. Del possibile. Vuoi qualcuno che ti prenda in consegna la mente e gli occhi, vuoi affidarglieli il tempo necessario a dedicarti ad altre strade trascurate per troppo tempo. E dev'essere una ricerca non molto impegnativa perché anche i piedi che le percorreranno son doloranti. Dall'impossibile. Ma quelli vanno, mentre le dita scorrono su righe fitte, e lo sguardo s'è già posato su un libercolo o almeno tale pare ché già in pochi minuti t'ha compresa tutta non appena l'hai preso tra le mani. Probabile. E questo è l'inizio della storia. E io sto così, folgorata, come si può esserlo di fronte a uno spettacolo inaspettato, un film che non conosci, il pittore di cui non hai mai sentito parlare. È lo svolgimento, il compimento della iniziale impressione. Ottima. Ancora meglio. Chi entra nella mia vita e lascia una sottolineatura nero grafite, dal 4b al 9b. Morbida. Sì, ma densa, spessa, avvolgente. Le informazioni sono essenziali, lineari, secche, concise. Parole, gesti, gusti, profumi, rilievo e incavi, segni ed esistenze. Stile piatto, ma naturalmente incisivo. Credibile. Sto seduta e so perché quel posto è occupato da me. Lo capisco nel momento in cui mi giro all'improvviso e uno mi stampa un bacio sulla bocca. Uno. Verosimile.


Flunk Change my ways


giovedì 2 ottobre 2014

Punto.

I miei compleanni iniziano sempre con un incubo, perché contrariamente a tutti quelli che festeggiano il loro arrivo nel mondo come un giorno fausto, io mi sento in lutto.



Se c'è uno spazio ristretto e poco capiente quello è il mio petto. Mi stupisco di quanta rotondità abbia potuto ospitare. Poco sentimento. Scarsa attitudine all'impegno. Tanti stratagemmi. Altrettante bugie o verità nascoste. Rendo elastico questo mio torace, lo apro, ci scovo anfratti infiniti e multiformi. C'è un lungo corridoio e ripostigli scavati nelle pareti. È tanto scuro, ma a me il buio piace, anche dovesse comportare insidie e trappole. E ci sono. Scopro. E io le provoco tutte, voglio vedere fino a che punto riesca a spingermi. Oltre. Senza sforzo ché quando sono in vena tutto mi penetra, tutto mi riempie. Anche dovesse bruciare, far male, bloccarmi, legarmi, stendermi. Io che non voglio seccature né complicazioni ho avuto modo di veder crescere il male e vacillare la mia seppur precaria sicurezza. Mi son fatta squarciare, mi son tirata e ricucita, e ogni volta son tornata su, in un continuo assedio ai nervi, come una molla che si carica e scarica un nuovo assalto. Vuoi che ti racconti? Ti sequestro le mani, le dita e le guido sulle cicatrici. Quelle visibili e quelle interne. Mi presti la bocca, la lingua e la attiro sulle mie. Assaggia. Arpeggio. Armeggi. E gli indugi son spazzati via da una marcia epica, da una cavalcata folle, da una superba narrazione. Mozza il fiato. Come quel lampo improvviso che spalanca un varco nelle nuvole cupe e spesse e illumina il già spaventoso campo di battaglia, spot sui caduti, e flash su quelli ancora vivi che attendono nel Valhalla lo scontro finale. Sono figura in disparte che prende il volo, percorre al contrario la via, ammantata dall'elettricità depositata dal fulmine e infine si poggia, scarto e scelta, pausa e finale. E ora sta giù, s'inarca, si piega, si adagia. Piano. Punto.

Blood fire death - Bathory.

2/10/2008