Di star meglio per andare.
Di vivere meglio per non tornare.
Di capire ancor più per lasciarsi andare.
Le simmetrie le ho sempre odiate.
Le rime, le unioni forzose, le combacianti, le indissolubili.
Agli inizi, no. Tutto sembra talmente naturale e spontaneo che apri fiduciosa, ma poi più leggi, più assorbi, più tutto diventa inafferrabile, impalpabile, intraducibile. 'E tu non afferrare. Non stringere. Non appropriartene'. Comincio a deconcentrarmi, ma è evidente, dove prima si intuiva un'ombra appena accennata, c'è una montagna di polvere che s'agita e m'agita. La sostanza di quel che sono stata o che avrei potuto essere e non son stata, quella che allude ed elude. Annulla e s'annulla. Nega e si nega. Non dice nulla. Afferma tutto. E s'estende sul tutto, me compresa, m'avvolge, con me si fonde, ci supera, umiliandoci, sublime ed evanescente e sospende. Per sempre. Qui sì, quella continuità acquista un senso: essenza, assenza, emergo e scompaio, vertigine e profondo equilibrio. La voce svanisce e l'opera si compie. Chiudo.
Di trattare tutto col giusto tocco.
Di assottigliare il sottile confine tra due diffidenze.
Di fondere i due.
Voglia poca.
nulla che sarà e il nulla che è stato
Mark Strand
Il capitano Gino
25 minuti fa