It's so cold in this house
open mouth swallowing us.
Cocci. Livori. Turbamento più percepito che vissuto. Dubbi ch'assalgono mentre si svolta, si percorre una viuzza, si scende per una scala ripida e stretta, si sente un odore. L'intero mi riporta indietro e quella parte che mi sbalza in avanti è così poco, è solo una esigua differenza col tempo che fu e viene a risiedere qui. Non è un dettaglio. È tutto. Un allarme non più silenzioso, è cominciato con una pulsazione, poi s'è fatta schitarrata potente. Il presente: un aggiornamento eccessivo, un suono oscuro, inopportuno e importuno. La nostalgia è più calda, più rassicurante, più indulgente. Si propaga in ogni angolo di questa casa, punto d'equilibrio tra capolavoro e schifezza. Si rischia di rimaner piantati, o impantanati (a seconda dei punti di vista). Manca sempre qualcosa: ad una onnivora, capirete bene, non basta mai nulla. Ora, prima, per il dopo si vedrà. Le voci s'attenuano come il ricordo della sua pelle. S'evitano domande esplicite, s'eludono risposte ovvie. Si finisce tritati, schiacciati contro le pareti bianche, qui dove tutto è nuovo. Troppo. Ritornello definitivo, intimo significato. Ci sono. E gli altri?
So here they are.
Maybe.
martedì 29 marzo 2016
martedì 1 marzo 2016
Once I was the Dreamer
Once I was the Dreamer
Now my dreams are past and gone
like the Waves along the Shoreline
to the Isle that is no one
Ho deragliato. In un crescendo d'esplosioni, ebbra di gioia e cupa di disperazione, sgorga l'urlo liberatorio e frano. Sempre più in basso. So, son certa, ci sarà un appiglio, ma lo evito accuratamente. A volte è bello ignorare la salvezza. Ci si sente liberi di rovinare. Free from their disillusioned minds. Fra eterne contraddizioni all'ombra di qualche rassicurante sostegno esterno. S'assottiglia l'enfasi in un dolce, tragico finale, quasi ricamato finemente, su stratificazioni e stratificazioni di dolore reale o immaginario. È un arabesco onirico, preludio alla drammatica impennata, una elastica, cadenzata ultima fuga. Dopo l'eccitazione la rasserenante caduta.
Solo recitando la propria infelicità si può superarla.
Elias Canetti.
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