sabato 31 luglio 2010

la nina nel cuore


In piedi, negli autobus, per terra, nelle stazioni. Avranno un biglietto con tariffa ridotta quando saliranno definitivamente al cospetto dei giusti? Mia madre mi ha sempre detto che siamo tutti uguali, e intanto ascoltavamo insieme e insieme canticchiavamo, per quanto ci riuscissimo, io piccolina e lei non capendo una sola parola di inglese, my baby just cares for me e io le dicevo che si sbagliava, che io una voce così ad una bianca non l'avrei mai sentita! Quel colore e quella forma nel ritmo e nelle tonalità, la donna e la cantante non l'ha mai persi, dal fenomenale debutto all'ultimo concerto. È stato un duro prezzo da pagare. Passi faticosi e difficili, a strattoni tra la folla, di difficile comprensione lo stile personalissimo, dal confine incerto e poco gradito, a volte, il suo carattere spigoloso, ispido e provocatorio. Orientata e impegnata nella lotta contro gli abusi sui neri e per il riconoscimento dei diritti civili, orgogliosamente e dannatamente nera. Marcatamente sensuale, dolente ed evocativa, dolce e aspra allo stesso tempo. Non sei tu che devi darmi la libertà, è mia! Attivo lo zoom sulla creatività e la forza espressiva di questa meravigliosa donna e ne nasce un tributo triste e attuale, uno stimolo sempre vivo per riportare in epoca moderna l'efficacia della denuncia e della resistenza contro ogni ingiustizia e catturo l'intensità di un'anima di sacerdotessa della musica e di un corpo da guerriera, avverto quanto sia mancata la promessa di uquaglianza delle razze, parità dei sessi, rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo. Da Bach al jazz, al blues, soul… four women, una unica, sola…

venerdì 30 luglio 2010

in sella


Ciò che per alcuni uomini, in società non illuminate, è il colore, la razza, la religione, il sesso lo è per tutte le donne: un'esclusione radicale da quasi tutte le occupazioni onorevoli. J.S. Mill (1806-1873)
È un nodo che non si riesce a sciogliere. Una differenza che è un fatto, non naturale, ma storico. Una misura che si può calcolare in consistenza, traendone conseguenze politiche e implicazioni sociali. C'è tanta di quella ricchezza di stimoli e di spunti che bisogna per forza di cose e per necessità continuare o riprendere l'analisi e la riflessione sulla questione. Poco s'è fatto e troppo male. Una tavola e una tovaglia, un gioco con regole stabilite a casaccio. Da una parte gli uomini, dall'altra le donne, non collaborazione, non comunicazione, non obiettivi comuni. Una domanda su tutte: come evitare di far la guerra? Intesa come conflitto tra religioni, culture e sessi. Ecco perché ritornare a discorrere di un mondo globale, soggetti differenti, di incontro e convivenza nel rispetto della dignità e della libertà reciproca. Oh, Virginia, Virginia! Tu ti interroghi, tu usi metafore, tu entri nell'uomo, ti fai donna, registri androgine consistenze, semplici dimensioni, differenti implicazioni e trai analogici dati per redigere un bel manifesto che dia indicazioni su diverse tematiche di grande attualità e rilevanza per questioni di genere e non. E noi oggi riflettiamo su te, immaginiamo una scuola che educhi e che formi una cittadinanza piena, priva di esclusioni e con pari opportunità per tutti.



E invitiamo a leggere, ad andare al cinema e a teatro, a coltivare le più belle e stimolanti e feconde occupazioni dell'animo umano. Sono attività insostituibili per la formazione del cittadino in una società moderna e democratica e libera. Come dice Mario Vargas Llosas, in un suo saggio sul romanzo, Letteratura è denominatore comune dell'esperienza umana grazie alla quale tutti gli esseri umani si riconoscono e comunicano tra loro a prescindere dalle loro storie e dai loro orizzonti geografici e intellettuali. Arte è arma unica contro le xenofobie, il razzismo, le ottusità localistiche e del settarismo religioso e politico, quella che fonda la sua efficacia, valida ad ogni latitudine sull'uguaglianza sostanziale di uomini e donne e vuol sconfiggere l'ingiustizia rappresentata dallo stabilire tra loro forme di sfruttamento e discriminazione. Non solo scienza e tecnica quindi, sì, esse portano benefici e progresso, ma, con la specializzazione, determinano anche frammentazione dell'insieme in innumerevoli rivoli e compartimenti stagni. Usiamo la letteratura per riconoscere quelle differenze e dare un differente valore a tali fondamentali modi di vedere il mondo uguale, ma con occhi diversi, un nuovo modo per intendere la cultura e la libertà di pensiero che servirà a noi per prevenire la guerra: non è di ripetere le vostre parole e seguire i vostri metodi, ma di trovare nuove parole e inventare nuovi metodi. Ho tre ghinee, son sicura basteranno… Facciamo un viaggio… in noi. Non si dovrebbe dare mai un noi per scontato quando si tratta di guardare il dolore degli altri. Susan Sontag

giovedì 29 luglio 2010

ossi di sempre (3)



Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sará troppo tardi; ed io me n'andró zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

Cinque terre, quattro intorno, io, al centro, mezzogiorno silente e luminoso, terra arida e rossa e friabile, zolla che sollevi e dai alla luce e condensi un cranio. Hai inglobato e protetto un'esistenza, ora enunci un messaggio metafisico. Nemmeno la più fervida immaginazione avrebbe potuto scoprire un tal segreto, con esclusione di ogni retorica sentimentalista, l'essenziale esprime il senso tragico della vita. Un corpo viene seppellito, un altro viene disseppellito. Lungo un sentiero lungo di cose spente, estinte, come le pietre bianche calcaree levigate dal sole e dal vento e dal mare, emergono altri detriti, simboli di una vita, li cogliamo e li spazzoliamo, li mettiamo in fila, l'uno accanto all'altro, composti e in bell'ordine ci accorgiamo ben presto che è disegno esistenziale, simbolo di una vita seppur umile e antica, non più marginale e meno importante della nostra. Ora di fronte a te teschio, non mi imbarcherò in un trito e ritrito e banale 'essere non essere' ma ti sottoporrò a un monologo, per altri indecifrabile, per me rivelatore di verità e conforto. Non voglio altro che uno spunto di riflessione sulla nostra situazione profondamente tragica che gravita nelle tue orbite vuote, ne fuoriesce e s'imbatte nella condizione dolorosa universale e locale di desolazione assoluta e individuale. È contagiosa e malsana. Il singolo si aggira nel paludoso labirinto del mal di vivere, confuso e perso in una sequenza di avvenimenti di cui non conosce il senso, obbligato alla ricerca instancabile di un anello che non tiene o di una minima verità, è un'occasione questa che suggerisce di sottrarsi al giogo delle necessità, di assaporare l'acido, ma salutare succo dei gialli soli. Saran capaci di sciogliere il gelo del cuore, donandoci la gioia del contenuto delle buone intenzioni e della buona pioggia che cancelli lo squallore e l'attesa.

Si dice che il poeta debba andare
a caccia dei suoi contenuti.
E si afferma altresì che le sue prede
debbono corrispondere a ciò che avviene nel mondo,
anzi a quel che sarebbe un mondo che fosse migliore.
Ma nel mondo peggiore si può impallinare
qualche altro cacciatore oppure un pollo
di batteria fuggito dalla gabbia.
Quanto al migliore non ci sarà bisogno
di poeti. Ruspanti saremo tutti.

È come una vertigine, perdersi nel terso più limpido e secco e prendersi tutto il calore dal carattere irreale delle esperienze straordinarie. Questa sarà la mia avventura, la mia storia, scritta e letta. Ho attinto dal nulla, dal vuoto e dall'assurdo. Il futuro, ipotetico, potrebbe presentarmi un bel miracolo che infrange le leggi della convenienza e dell'indifferenza, abbatte le consuetudini dell'inganno e acquisisce verità e bellezza. Traccio punti, punti di riferimento, li terrò bene a mente, perché possano tornare a profilarsi alberi case colli, voltatevi a guardare e salutare il passato, andreste via zitti con in serbo il gran segreto se tutti fossero indifferenti a dubbi e problemi. Ma così non è. Nessuno di certo è depositario di verità assolute e definitive. Nessuno può considerarsi possessore di fittizia verità. Tutti possono svolgere il proprio compito nel migliore dei modi ed essere ciò che sarebbe giusto essere e non quello che gli altri si aspettano che si possa essere! Verità di vita e senso dell'esistere. La vedo quella muraglia alta con cocci aguzzi di bottiglia, prendo coscienza di quest'effimera fiducia, di quest'universo di illusioni, di questa divina indifferenza, effetto di una stoica demotivazione… cosa spero? Che si rompa col passato. Cosa mi auguro? Che qualche eletto si salvi e ci salvi. Cosa farò? Camminerò. Amo le strade e i sentieri antichi, quelli percorrendo i quali sbuchi in erbosi fossi che immettono negli orti, tra gli alberi dei limoni e pendici di basse vigne, seguo un filo da dipanare su rive che si sfaldano vicino al mare, meccanica e poetica energia positiva del quotidiano, maestro di purezza e di rettitudine.

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah, l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

… la luce si fa avara - avara l'anima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo del cuore si sfa, e in petto si scrosciano le loro canzoni le trombe d'oro della solarità. EUGENIO MONTALE

o Paula

mercoledì 28 luglio 2010

no-invictus


Son sincera… ho tifato sì e no, una partita, e… mezza! Le altre le ho viste su blob, godendo delle azioni prive di commento e sommerse dalle vuvuzelas. E poi ho seguito la cerimonia di chiusura e dopo ch'è finito, dopo balletti, cantanti, l'ancheggiante e snodata Shakira, il collegamento ri-richiesto per mostrare le immagini del presidente (per me l'unico) del Sudafrica, sorridente ma evidentemente a disagio su una macchinetta elettrica che percorreva in lungo e… basta lo stadio! Immagini proposte, riproposte e ri-riproposte! Ha ceduto, lo ha accontentato il rompi-platter! Ha rotto il periodo di lutto silenzioso e distaccato ed è apparso. Emozionante sì, ma non perché lì a sollevare la mano alternativamente, sotto le indicazioni della donna al suo fianco, ma perché non era dove aveva scelto di essere, a casa sua, a riposo meritato dopo una vita spesa per la libertà altrui e poco per la sua materiale, avendo trascorso 26 anni dietro le sbarre! Lì sicuro, è diventato un simbolo ed è cominciata la storia della sua invincibilità. Sì, l'avvocato che forniva assistenza legale gratuita o a basso costo a molti neri, l'uomo che aveva compreso l'importanza dello sport come sollevatore di coscienze schiacciate dalla povertà e dalle differenze razziali, il vecchio oppositore dell'apartheid, non gode oggi forse dei normali benefici riservati ai vecchi come lui? Il nonno può ora dedicare gli anni della sua pensione a prender per mano nipoti, pronipoti e tutti i bimbi d'Africa per permettere loro di far bene quanto lui? Guardando Mandela, mi sia permesso chiamarlo anch'io Madiba, mi son commossa, ed è stato anche pianto di comprensione fastidioso il mio, mi chiedevo, ma è possibile che gli obblighi di rappresentanza non finiscano mai? È permesso a un uomo, che tanto ha lottato, starsene a casa sua e non sentir premere perché senza lui non si può e non si deve andar avanti? Ho timore nel rispondere… semplicemente, naturalmente, c'è colui o colei che possa succedergli? Esiste la volontà di continuare a combattere strenuamente contro ogni forma di razzismo in qualunque modo si manifesti e a qualunque costo? Eroe o non eroe, viene il momento di andarsene, e bisogna pensarci. Si è più tranquilli se nel proprio testamento si è lasciato un pezzettino di sé e si sa a chi sia giusto trasmetterlo! Anche la 46664 che qualcun altro indosserà, o sia pronto a farlo…

martedì 27 luglio 2010

anche un bambino riuscirebbe a ricordarlo


In fondo a destra, tiri diritto per duecento metri, poi ancora a destra, percorra tutto il viale alberato, di fronte vedrà un semaforo, non le interessa, giri a destra sempre sui passaggi pedonali sulla rotonda. Ma cazzo sono ancora qui! Era una signora, avrà potuto avere, che so, cinquanta anni, testa a forma di freccia, bella presenza e voce suadente. Che fa mi prende in giro? Certo che era a destra la freccia. Non occorrono grandi novità, nessuna sorpresa, o effetto esplosivo. L'idea forte sta dietro a un fatto, a un avvenimento e la marca, il logo renderà unico e riconoscibile qualsiasi prodotto. Qua tutto cambia, niente rimane uguale e bisogna aver stile, il proprio, se è ideale, va bene, se non c'è, semplicità, rigore, essenziale, elegante. Razionale. Manuale. Creativa, non per forza, a prima traccia. Non bisogna dar sfogo al proprio impeto. L'idea ti viene in mente. Ma poi in completa solitudine, tu la tua matita e quel foglio bianco dovete trovare la soluzione, la sintesi assoluta. Solitaria, lenta, decantata e sorseggiata piano. Vedi una semplice e lineare forma e sai già cosa rappresenti. La forza? La longevità, la durata, l'identità, il volto e il corpo di un'azienda. Il segreto? Il buon gusto. Volo Barcellona-Linate… il confronto? Non pervenuto. Condensato, istantaneo, diretto, il marchio è scrittura, è segnaletica, è guida, è accoglienza. È un obbligo, o un consiglio, è un divieto o un prego, avanti, interfaccia in una civiltà di segni, dove produzione e servizi parlano ai cittadini con linguaggio di sintesi, fuori da strategie pervasive. Non complicati, non riflettenti, non difficili da leggere, non sfuggenti. Cos'ho nella mano? Vene e nervi, li ho disegnati io, diramazione privilegiata e immagine coordinata che fa concorrenza e s'imprime col lavoro duro e il metodo. Non basta attaccare insegne e cartelli, i segnali e i messaggi si leggono se son stampati a chiare lettere così chiare che potrebbero ridare la vista a un cieco… cos'hai contro le talpe? Meglio degli aironi. Non credi ragazzo? Sì, grazie, veramente chiaro. Lei è illuminante glielo ha mai detto nessuno? Sempre la solita tiritera: non abusare del computer… autorizza eccessi gratuiti che non fanno bene al progetto… lo complicano anziché semplificarlo… ma cos'è, è finita la lezione, lei è un gran rompi, signor… mi chiamo Bob, Bob NoordaIo comincio sempre con la matita in mano. Anch'io, fumetto Minnie che odia i mouse.

lunedì 26 luglio 2010

inconcepibile


Perché ti ostini a crogiolarti nella critica improduttiva io ancora non comprendo. È vero invece che se invece tu avessi il coraggio di dar sfogo alla schizofrenia compositiva che ti caratterizza potresti venir fuori finalmente dalla precarietà nella quale ti dibatti. Meglio il carcere o l'esilio che il falso privilegio fatto di compromessi e aspirazioni inespresse. Più onorevole dar corpo alla tua potenza illuminante, è un'epoca così buia e morta. E invece continui a sedere comodo e intanto a logorarti nel penetrante senso di colpa. Senti la responsabilità del tuo tempo? E allora diventa preconizzatore della verità. Non chinarti a cercare l'ordine imperioso, non porgere la spalla alla mano nemica. Rialzati invece, spalanca la porta e avviati. Ma non senti il profumo della gloria, della libertà e delle avventure che potresti vivere se solo decidessi di riaprirti al mondo e frugare deciso nei progetti lasciati nel cassetto? Sì che lo hai il tuo naso. È proprio dove dovrebbe essere! … come se niente fosse si trovò di nuovo al suo posto, ossia precisamente fra le due guance…

domenica 25 luglio 2010

Candid


BLACK is the colour. Non allineato, bizzarro e surreale. Il cartone animato gangster trasforma la sua pupa senza talento in una raffinata singer di successo: charme e fascino da vendere, grazia e formidabile vitalità ritmica. È la sigla, la trama e i titoli di coda che rappresentano tutto per lui. Non ricorda più nulla, ma se gli fai ascoltare una rullata solista, lui strabuzza gli occhi e ti guarda come per dire lanciami le mie amiche e ti faccio sentire la musica, ti fermo il tempo, ti faccio cantare quei tamburi come mai più ti capiterà di sentire. Che fai? Son qui e ti aspetto, scandisci e spingi, cosa saranno le percussioni senza te? Capitavano cose strane sulla 52ª strada quando si sentiva la batteria stravolgere e coinvolgere con leggerezza e discontinuità per uscire dall'accompagnamento e diventare voce solista. Musica beffarda, fratello, inventiamola e facciamo il verso, diciamo quanto siamo indignati e feriti. La nostra arte al servizio della nostra coscienza politica, trasfigurazione mirabile di un'istanza di libertà e giustizia, imperitura messaggera di un riscatto civile e sociale, strumento di protesta e rivendicazione dei diritti del popolo afroamericano. Non puoi tapparmi la bocca all'infinito, vuoi farlo? Devi. Ma la mia sferza sarà efficace oltre, lacererà la nebbia in cui vorresti disperdere i nostri inni di riscossa e li diffonderà come eco delle disperazioni di tutte le minoranze del mondo. È un processo inevitabile, un modo simbiotico, empatico con cui interagiamo e disperdiamo il seme sofferto e tormentato della condivisione e della convivenza e che darà vita ad una pianta feconda, emozionale e potente.
dal 2007 (Loco - Agosto)

sabato 24 luglio 2010

luna bagnata

Ho scelto. Per due. Fa sempre notizia l'uscita in edicola di un nuovo numero del fumetto più famoso. Usciamo dalla nebbia, inauguriamo il ritorno dell'artista, è schivo ma sa il fatto suo, personaggio e creatore insieme, si era ritirato in isolamento quasi assoluto e ora fa il suo ingresso con archi e piano magico. Intorno e sulle sedie non riescono a star fermi, si agitano e acclamano l'atmosfera spettrale, l'enfasi della sintesi, le ancestrali percussioni. Quel tizio mi farà sempre accapponare la pelle. Tenebra, trasfigurazione, timbro di solenne cerimonia, nella quale ci sposa il reverendo, sotto fiati, archi e organo. La liturgia inizia e la luce è immensa, boe a farci da testimoni e lassù il sole notturno ci guarda benigno e sorridente. Perdura il sempre caro balbettio, onde che accompagnano e accentuano il movimento, medusa mi guardo allo specchio e m'intreccio, trasfigurami e cadenza l'incongruo baluginare di un fascio intermittente. Ora capisco è il faro, non rimane ad aspettare, si sposta con me e mi prende per mano fino a giungere alla meta. Non m'hai scalfita per nulla, ho gradito l'intensità e la modalità, coerente e intensa anche se disagevole è stato lo sforzo, morbida e fluida combinazione che lascia impronte e dona pace… affondo le mani e riporto alla libertà una valva madreperlacea, ecco, pegno e umile ricordo. Ritorna tra le pagine e stringila nel pugno, sfumalo e retinalo per me.



dentro canta un mare di carta

venerdì 23 luglio 2010

whisper


È così chiaro, ho restituito alla realtà ciò che i miei occhi han visto ieri… nella notte che diventa giorno. L'ascoltatore distratto, lettore diverso, il parlatore instancabile, se interessati, colgono solo ciò che desideravano che fosse detto e scritto. Credi che non ti sfugga nulla? Speri di trarre insegnamento? Sogni di esser trasportato fuori? Cerchi consolazione al tuo dolore? Vuoi una compagna alla tua solitudine? Nulla di tutto ciò potresti trovare qui. Sono anche più distratta, più povera, più disillusa, sconfitta e sola di te. Timida, creo un approccio smarrito e sfioro le frasi come se potessero voltarsi di scatto e colpirmi. A volte temeraria, sfido le teorie già sperimentate della gravità terrestre e lancio giù aggettivi e neologismi. Neofita, scopro e dimentico ciò che scrivo. Sarà grave? Stanca, sfoglio la mia storia sapendo già come andrà nel finale, sapendo già dall'inizio che non riuscirei mai a inventarmi un eroe che mi salvi… Lascia che scriva però, permettimi di entrare in punta di piedi o sfondando la tua porta, sono una lettrice che legge, di quelli che si innamorano del mattone relegato in uno scaffale buio, senza le luci a risaltarne colori e copertina patinata, si avvicinano e lo afferrano, e godono già nel maneggiarlo, nell'incontrarlo e nel conoscerlo… qualunque sia la sua ultima pagina, comunque sia l'ultimo capitolo, la loro vita, la mia sarà cambiata per sempre!

giovedì 22 luglio 2010

all'inferno

Si schiude un pensiero? sì… e io posso ascoltarlo, posso parlargli, posso vederlo mentre si esibisce in tutta la sua articolazione e la sua agilità. Posso io ammaliarlo, come lui esaspera me, alienato dal resto del mondo e malato e addolorato per non esser sempre capace di amare follemente, bastantemente sensibile per corrispondere in maniera perfetta alla sua intelligenza universale? Dannato io, vorrei vivere quel male, compenetrare il dolore e farmi ancor più in fin di vita per vedere finalmente ciò che gli altri non vedono. Organizzerò una grande festa aperta a tutti e tutti ci lasceremo andare alle sensazioni più violente, ci spingeremo sulle emozioni fino al limite massimo per continuare a comprendere, per riuscire a ragionare sul senso dell'umana speranza perché essa svanisca, perché la gioia sia strangolata, perché l'uomo flagelli il suo simile… a chi chiedere se non al diavolo? Egli saprà darmi una risposta, giacché ritenuto da sempre il responsabile di turpi gesta e l'artefice di vigliacchi contratti, a torto o a ragione.

«Tu resterai iena, ecc.», ribatte il demonio che mi ha incoronato di così amabili papaveri. «Giungi alla morte con tutti i tuoi appetiti, e il tuo egoismo e tutti i peccati capitali.»

Trovo la parola. Ossessione. Cosa posso io? Nulla, sono condannato a deludermi, a dubitare, a ricercare un significato che non è sempre consegnato facilmente, ad operare delle scelte che non sono la fine del nostro eterno fluire, e sia, che io continui in esperimenti e prove, in sbagli e sofferenze, in gioie e in ipotesi. Oppio e assenzio dell'inesprimibile avvolgetemi nel torpore irreale e richiamatemi allorquando si sia discesi infine verso l'insopportabile resa al tempo della consapevolezza che ispessisce, placa e rivela…

Ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, in cui egli diventa fra tutti il grande malato, il grande criminale, il grande maledetto – e il sommo Sapiente! – Poiché arriva all’ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di chiunque altro! Egli arriva all’ignoto e quand’anche, fuori di sé, finisse per perdere la coscienza delle proprie visioni, tuttavia le avrebbe viste!



Ho semplicemente capito che c'è un solo modo di eguagliare gli dei: basta essere crudeli quanto loro

mercoledì 21 luglio 2010

stacco

Sobbalzo. È troppo brutale, una scarica di rosso sul grigio opaco, e sotto ancora emerge con maggior forza il conflitto tra la tragedia della solitudine e l'indifferenza generale. Che fai? Non cancellare. Mi piace così. Devo solo farci l'abitudine, o no, stringo gli occhi, c'è troppa luce sotto la quale sono svelate le crepe consolidate e le obsolete formalità delle opere classiche, rispondenti alle pratiche merceologiche dell'arte e invece qui scopro un atteggiamento iconoclastico che soffoca per sempre, spero, il tradizionale microcosmo chiuso, buio, bugiardo. Io? no che non soffro di claustrofobia, no non ho paura dei labirinti, ma non amo essere rinchiusa, ho bisogno di relazionarmi con l'esterno. Sta cominciando il lungo, lunghissimo via-vai nella casa abitata da morte e i fantasmi già delirano e si impadroniscono dell'immaginifico e della realtà. No, scusa io rimango sulla soglia, non avrebbe senso che io ti porgessi la mano, ti dicessi che mi dispiace, ma nemmeno lo conoscevo, mai l'ho incontrato, nulla gli ho mai detto di importante, non lo raggiungeremmo, ha già passato la linea al di là della normalità. Io invece son qui a prender coscienza, a toccarla, quella linea, una variante delle possibili; è psicosi, interpretazione e svelamento di verità profonde non razionali. È una prospettiva nuova ma crudele, sovversiva e rivelatrice. Ho ora una nuova visione del mondo, lucida palingenesi: assisto alla follia che dialoga con la bestialità, supera tutte le censure, alterna la stabilità all'instabilità, sempre in continuo disequilibrio, ferina inettitudine, solitudine immensa nella quale ci si dibatte, ecco arriva, la porta si liquida al suo passaggio, non mi nota nemmeno, si sporge, sferra un calcio alla pietra miliare disturbante, occhi strabuzzati e pugni in tasca

martedì 20 luglio 2010

NOI a


Non ho abbastanza colore per il mio quadro. Quasi trasparente, lo guardo con distacco, per niente ammaliato. Pensieri confusi, precipitati su una tela perduta, priva di luce e percezione. Osservo e distruggo l'espressione, i contorni e lo sfondo. Non è composto. Non mi appartiene. È solo un insieme di decorazioni silenziose ed estranee. Solo, innervato dentro un corpo. Il tuo ora sorride al mio. Irrompe come un ciclone, rompendo equilibri e staticità. Porta il caos il tuo oceano trasparente e burrascoso, nel quale io sguazzavo, senza coinvolgermi, ora passo interminabili giornate ad aspettare che arrivi la mareggiata, morbosa ed egoista. E il quadro? Strategico e sottile il tuo gioco, nascondi tutte le tempere e distruggi in mille pezzi la mia tavolozza… “Niente merita di essere dipinto in questo mondo. La tela vuota che tu vedi dice tutto quello che c’è da dire ed è la sola che possa firmare onestamente”.

lunedì 19 luglio 2010

scorretta


/ma forse… dai/ no, ma per carità/ sicuramente, hai capito male/
S'insinua nelle pieghe dei ragionamenti, nelle vecchie bugie, nelle soluzioni dimenticate. Pensavamo di aver chiuso a chiave un discorso e invece la chiarezza non è mai troppa. Ci sono ancora cavi scoperti, prese malmesse, sfrigolano e pungono, alla luce dei nuovi avvenimenti li ritroviamo lì, dove li avevamo lasciati. A suon di botte avresti dovuto raddrizzarlo, ora che vuoi? È cresciuto storto, era debole ed ora lo è ancor più e tale rimarrà per sempre.
Fallirai, è inutile. Nemmeno il tuo corso di decoupage ti verrà in soccorso, non riprenderà mai la forma originaria, corre veloce la frattura, s'evidenziano le crepe all'interno, una lesione tragica e inevitabile. Picchia inesorabile, cade copiosa, scioglie e ricopre, immagini sovrapposte che si mescolano e si compongono a definitiva forma di oracolo, a monito e a simbolo di quello che avresti potuto diventare… una possibilità che non potrai mai più verificare, in mezzo come un ponte sospeso fra il fato ineluttabile e la scelta personale…
Ti giri e rigiri come su uno spiedo, vaghi tra emozioni e fragilità ostentando sicurezza e fermezza, non sai quanto io veda, sappia, comprenda le tue grandi falcate a sferzare l'aria, il tuo innalzarti e abbassarti, in un moto perpetuo che non sposta un solo granello di polvere, non andrai da nessuna parte, rimarrai lì a rinfrescarmi, sotto le tue fronde, la tua chioma rinvigorita dalla energia insufflata dalle mie labbra, si apre e sprigiona un pensiero, lieve scende fino alla radice e da quella si gonfia e mi sazia, sapienza da condividere, da trasmettere.
Inutile contraddirti, anche se volessi, non potrei, seguirò la direzione che mi indichi con l'arto più spoglio, quello giusto e saggio a cui far capo, a cui appoggiarmi in equilibrio, far mille giravolte e poi ritornare stanco a scoprire un nuovo orizzonte, galleggiavo, traevo nutrimento e assaporavo il frutto. Sì è la mia salvezza, quel margine d'ironia che mi permette di non dar molto peso al futuro, da esso traggo nutrimento, gesti lievi e incompiuti, come quelle cattedrali gotiche che a me piacciono tanto, davanti alle quali rimango a bocca aperta come a farle entrare tutt'intere, guglie, archi ogivali, le navate oscure, le accese vetrate… ci stanno? sì le ho già deglutite e io cresco, al tuo tocco ardito, folle chiave di volta del tutto, confusione e orgia di pietra, bianco abbacinante fuori, buio purgatoriale dentro, un difetto amabilissimo che non correggerò e senza il quale non può esistere perfezione…

Ciò che rendeva possibile la correzione era anche ciò che la condannava all’insuccesso.

domenica 18 luglio 2010

son qui, mi senti?


He's new here! Catarsi e fulgore, sigaretta sempre accesa che brucia sempre…
L'inferno sono gli altri e anche un poco me… Se hai voglia di accendere, toh, prendi, non devi far altro che far scattare lì, non vedi, più forte, bene, così! Araba? No, mondiale, riemersa e maledetta, la sotterri, spingi giù, appiattisci e non ti aspetteresti mai che venga fuori ancora. E invece è tornato, non te ne libererai così facilmente. Non ha mai smesso. È un vizio non lo sai? E come tutti i vizi sprofonda in uno spazio senza tempo mente e corpo, ti fustiga fino a farti uscire acqua, non sangue, quello ha smesso di darti la vita da tempo e svuotato e bello, leggero, tu riesci a salire fin dove non ti saresti mai sognato. Vedo solo una flebile fiammella, ma ci sei ancora? Sì, dai, ci vuole lo schiocco, aspira tutto e non lasciare che nemmeno una punta sfugga, dentro lo sai hanno un altro effetto, risultano più profonde, più vere e aperte. Chi vuoi che abbia il coraggio di giudicarti? Se dessero fuoco a tutte le travi che hanno nei loro occhi faremmo un bel falò e chissà quanta carne arrostiremmo. Pelle bruciata, cervello incenerito, lingua bollente, occhio acceso… meraviglia, ti aspettavo e tu sei tornato. Ma com'è, non ti finisce mai, non riesci proprio, Prometeo, ti prego, non smettere…

sabato 17 luglio 2010

eran quattro?


Lascia… o raddoppia! Ma le vedi quelle nuvole? Ma non vedi che disegnano un profilo perfetto? Sù guarda lì. Siamo stesi da un'ora all'ombra di questa enorme acacia e tu ti perdi in discorsi futili e noiosi. Io ascolto e dirotto le tue parole a tracciare delle linee immaginarie, quelle attraversano tutte le dimensioni e si fermano, improvvise, precipitando si abbattono su un orecchio, all'inizio distratto, poi invece accogliente e questo sì le applica, le dona al cielo azzurrissimo, spruzzandolo qua e là di bianco.
Quanto meno te lo aspetti. E io non mi chiedo nemmeno il perché sia accaduto, e perché poi? Io rimango lì fermo, no, non in attesa, proprio sospeso, non ho bisogno di ora, e nemmeno di poi, muto, sordo e cieco, perché è quando non si spera più in nulla che si riesce a sfiorare l'eterno. Cosa ne so io? Di questa immensità che si staglia davanti ai miei occhi? Reale o sogno? Tutto si confonde nel sorriso che s'intreccia al suo, nell'attesa di un tempo migliore, degli eventi che vorresti arginare e invece ti trascinano via, rompendo tutti gli argini e sfociando in mare, dove continui a volteggiare, ora sotto a sfiorar coralli, ora sù ad inzupparti di sole…
Mi lascio trasportare, corrente amica, rollio morbido di onde, s'infrangono ai nostri piedi, brezza che fascia delicata e rinfresca anche i suoi turbamenti, navigatore esperto dimentico delle mappe stellari che si perde in mezzo al cielo, rispondi cos'è speranza? Non è forse paradossale assenza di speranza? Non è quell'impotente camminare lento, abbagliati da cocente sole che ti fa incespicare e ti toglie il fiato, ma fa più dolce il rientro, ritrovo in cui racchiudermi, accovacciarmi sicuro tra le braccia sue, mia simile, reca in mano la chiave dello scrigno che custodisce i moti dell'anima mia, il prezioso ricamo del lenzuolo verginale, cucito pezzo dopo pezzo.
Costatami tanto, ora è lì, visibile eppur segreta, forte e fragile come un bellissimo pezzo di ceramica, mia e sua non v'è differenza. Perché pur distinte le storie delle vite si somigliano e le speranze nascono proprio lì dove le catene della casualità s'inanellano, evento supremo, incontro inaspettato, arrivo nell'occhio del ciclone, sorriso del vortice, quando non senti più il bisogno di un appiglio, senti il vuoto, ma godi del profumo sprigionatosi all'imbrunire.
È lei la mia speranza. Mi è scappata fuori senza accorgermene. Ti interrompi un attimo e mi guardi stupito. Sì lo so non si deve mai riporre una così importante ricchezza nelle mani di un solo individuo, ma io posso e devo, lei è la speranza in me, il riflesso che mi specchia, densa di significato, esaltante e ammaliante, mi turba e mi dà piacere, sentirla viva e rigogliosa, mi stimola a rovistare dentro me, alla ricerca di qualcosa che riesca ancora a sorprendermi, per ricordarmi che sono qui, vivo, per lei, ad ogni giorno che finisce, lei si consegna a me, speranza delicata e indispensabile di ricominciare domani insieme a lei.
Sono folle? Si può, improvvisamente è tutto diventato intensamente limpido, un verde che illumina, riempie, aggiunge certezza al forse che aleggiava finora, idea e concretezza, lei si materializza e diventa corpo, anima, passione. Cosa è impossibile? È diventata sinfonia, trama fitta di tessuto pregiato, tutto era privo di senso prima che entrasse, ora è forma intera che distinguo benissimo, una forma che contiene me e spiazza te, osservatore cauto che non ricostruisce ordinatamente una classica figura. Sì sono folle.
Non la toccare! Non capiresti. Occasione fortuita. Erba o fiore. Tre o più petali. Non la si afferra, non la si stringe, non la si demolisce, la si tiene in palmo di mano e la si ama, lei, amore e felicità senza fondamenta, proprio come quegli attimi rubati al tempo.

E poi il cervello mi è scoppiato in una pioggia di fuochi d’artificio. Come esperienza, la pazzia è formidabile, te l’assicuro, e da non guardare con disprezzo; e nella sua lava vi trovo ancora la maggior parte delle cose di cui scrivo. Ti fa proiettare ogni cosa in una sua forma precisa e definitiva, non in pezzettini, come avviene con la mente sana. Virginia Woolf, Un riflesso dell'altro

venerdì 16 luglio 2010

amnesia

Ne soffro. Briciole sparse qua e là sulla tovaglia e ai miei piedi. Succede quando si divora alla propria tavola un buon pane appena sfornato di quello che presenta su un lato l'evidente traccia di cenere scura, una crosta croccante e soda, una mollica bianca, compatta… si taglia una fetta e quello divide in tante piccole particelle bianche e si replicano e si moltiplicano mentre formichine pronte s'inerpicano e portano via il bagaglio succulento. Sotto la superficiale sottile crosta una sostanza che puoi succhiare e ridurre in bolo in pochi istanti… un ammasso per accumulazione disossato che butti giù, ma quello si ferma a metà, e ti lascia senza fiato, imprevedibile, totalmente assente dalle tue aspettative. Esperienza nuova. Una bomba inghiottita che rimane implosa e che apre foce spontanea lacrimale e suscettibili venuzze viola sulla fronte e sulla gola, a sospingere in sù o a spinger giù. Mi sto allenando ad andare. Mi dici di non scherzare. Non si fa. Io, sì. Due anni fa ho cominciato, non l'ho sentita arrivare, ma avevo lasciato la porta aperta, niente tappeto rosso, ma uno zerbino malconcio che non è servito, ha lasciato impronte dappertutto, ha fatto un giro dentro me ed è andata via. Inquietante e inedita, aveva deciso di farmi visita, che c'è di male? È stato il mio primo spartiacque. Da una parte chiasso assordante, dall'altra silenzio di tomba e in mezzo io, distorsione in bella evidenza, innesto geniale e apocalittico, o distonia disarmonica e apnea indotta, dipende dai punti di vista… Ho girato per mesi con in testa una boccia d'acquario con risata optional che sfumava in frenetica e sprezzante manina che faceva ciao-ciao a tutti, altro che burla venuta male. Nessuno con me su quella barchetta a remi che mi facesse coraggio, perché niente di cui aver paura, nemmeno un dubbio… tutti notavano l'andatura zoppicante e tutti credevano fosse dolore per abbandono. Può un cane randagio ubriacarsi di libertà e di vita, dopo aver conosciuto il nodo stretto e il giro corto e ossessivo, prima di conoscere la ruota pesante di un pilota malato di onnipotenza? Sì, io sì. E lo racconto pure, lo strano errore. Entra in controtempo, mollemente, polemizza in misura adeguata, sfoga la sua malvagità sul mio organo a canne, spicca il volo e finisce planando, insinuandosi sottile e commuovendosi ella stessa… ma guarda cosa sei riuscita a fare, l'hai demolita, le hai spezzato la lama, cannibale della tua stessa fine! Niente che non possa esser spazzato via con una bella scopa, un panno attira polvere o una scopa elettrica… Le briciole invece rimangono lì a nutrire la colonia di formichine. Colpo di scena mica tanto sensazionale; sediamoci piuttosto, e parliamo un poco, non di lei però, ché poi con lei sola potrò. Tu pensa ai bei tempi e prendi la chiave per il passaggio tra passato e futuro, non ricordo mai, ma son già stata a New Orleans?

giovedì 15 luglio 2010

con l'arca o senza (2)

No, Sergio Endrigo, non c'entra nulla, anche se… effettivamente, pensandoci bene, l'affermazione che fatica essere uomini ci sta tutta. E anche polvere bianca, una città si è perduta nel deserto. Partirà, la nave partirà, con o senza noi, dove arriverà questo non si sa. Noè ha redatto la lista, chi c'è c'è, è inutile che vi accalchiate, che strattoniate a destra e sinistra, è evidente che farà passare chi abbia reali possibilità di procreare, e tanto anche, e disponga di concrete disponibilità in tempo, energia e risorse. La fantasia forse potrebbe essere annoverata nei campi deficitari, ma niente paura col tempo, a bordo si potrebbe pensare di organizzare un cineforum con proiezione di documentari, film a tema, non è poi così difficile supplire alla mancanza di idee e originalità. Sono o non sono santi? E allora? Intanto si fan salire quelli che promettono di più… e poi si vedrà. Procuratevi almeno le pastiglie per il mal di mare, si capisce, cavolo, devo pensare a tutto io? Giusto. Già dovrà sorbirsi per tutto il viaggio urletti, mugolii, lamentele, la mia cabina ha una vista pessima, la sua è migliore! e mica durerà 40 giorni e 40 notti come l'altro, eh, no, magari. Sì il rischio della instabilità, della mancanza di tempo per prendere provvedimenti utili ed efficaci, lo studio, la libertà d'azione, la noia. Ma vuoi mettere? 5 anni, tempo utile a disposizione, di là mentre si è in crociera, si decide di tutti noi, vogliamo dar loro una bella sommetta anche? Qualcuno sulla riva già si lamenta: almeno che agiscano per il meglio di tutti! Sarei contenta di pagarli ma che facciano il loro dovere e quella cavolo di colomba che arrivi a destinazione o giuro, la faccio fuori, e pallini belli grossi ce l'ho, mio marito buonanima era cacciatore e m'ha insegnato a prendere la mira. Quindi, occhio, cari 11/12/13, se tutto va bene, perché c'è anche il rischio che si inserisca a navigazione iniziata, paracadutandosi dall'elicottero, il ritardatario che è rimasto in lista d'attesa, col minor punteggio, sì, ma promettente almeno quanto gli altri, se non di più, scalpitante animaletto in urgenza di realizzazione personale e ignaro destinatario di tutte le nostre, le vostre e le altrui maledizioni! Intanto la festa cominci, si preparino i confetti, le bomboniere, gli inviti, le partecipazioni (che nessuno esca scontento), gli striscioni e gli scherzetti, anche quelli sono necessari a rendere l'atmosfera ancor più platealmente faceta, così come la serenata alla bella [¿] di turno. Ecco Noè qui potrebbe avere qualche defezione… in effetti, c'è qualche dubbio su chi possa essere la first-lady/lady-captain/mayor-lady e già Sara pensa a dar una bella ridimensionata alla sua chioma, the big sister si scatenerà sul tiro ai capelli, si sa, l'una, la prima, è più allenata dell'altra, ma non è detta l'ultima parola… si preparano grandi scontri, a bordooooooo!

o l'artedinasconderelaspazzaturasottoiltappeto

mercoledì 14 luglio 2010

ammazzateci tutti

Non è la semplice fuga dei cervelli giovani che nelle proprie terre di origine non trovano lavoro. NO. È la ritirata delle coscienze civili. È la partenza degli imprenditori che non vogliono sottomettersi alla forza delle associazioni mafiose. È il cedimento degli onesti di fronte a una scelta durissima, al pagamento di un riscatto troppo alto: muori, paghi, chini la testa o vai via. È il trasloco continuo del coraggio dei giusti di fronte alla scelleratezza dei delinquenti!
E non crediate, a torto, che il morbo attacchi solo il sud. Le organizzazioni criminali del sud Italia ('ndrangheta, mafia e camorra) sono infiltrate solidamente nella realtà sociale ed economica della cosiddetta Padania. Nessuna differenza tra nord e sud: stesse dinamiche, stessi interessi e stessa modalità di influenza, strategie e sviluppo delle losche attività su scala ampia - come afferma Fabio Abati giornalista e autore di Polo Nord, La terra dei padrini del sud. Dietro i piccoli personaggi incrostati nella propria ignoranza e povertà intellettuale ci sono i grandi che sanno fare affari e hanno le conoscenze giuste ai livelli più alti per ottenere appalti importanti nell'ambito dell'edilizia e poter prosperare nel riciclaggio del danaro sporco attraverso attività apparentemente lecite. E così muoiono le imprese edili pure, le attività legate al turismo non decollano mai, la Calabria si spopola di gente limpida e rimane la patria del malaffare.
In mezzo, in strada, ancora lì, ci sono loro di e adesso Ammazzateci tutti, nata all'indomani dell'uccisione di Francesco Fortugno, consigliere regionale per il PD e altri movimenti che hanno come obiettivo primario quello di mostrare cos'è la mafia, far scattare l'indignazione e contagiare tutti con il senso di giustizia.
La loro è una finestra sempre aperta sulle problematiche comuni a chi combatte l'illegalità e la sopraffazione con la democrazia. È uno spazio di riflessione, di confronto, di indagine, un forum, un sito, una voce solidale e che chiede la solidarietà e il contributo di quanti più coetanei e tutti i giovani contro tutte le mafie. Loro hanno paura, ed è questo il primo passo, riconoscere di averne, ma non mollano, escono dal clima asfittico e rassegnato e seppure prima in silenzio, poi con più forza, lanciano un urlo ed una sfida, un monito che serva a risvegliare, a scuotere, a riscattare tutti i calabresi di buona volontà che hanno finalmente la possibilità di schierarsi contro la 'ndrangheta che attacca come un morbo quelle meravigliose terre.
Dobbiamo far muovere qualcosa, questa è un'occasione quasi storica per questo territorio e noi non possiamo farcela scappare. Vogliamo puntare sui giovani perché funzionino come una leva che sollevi dalla schiacciante paura che li sovrasta gli operai delle imprese edili, i commercianti e gli imprenditori che non hanno parlato. Scritto, piegato e lasciato a futura memoria, i miei complimenti e i miei più sinceri auguri, ragazzi, bel pizzino il vostro!

martedì 13 luglio 2010

lumie

Sentite, sentite l'odore del nostro paese... ‑ E se mi mettessi a tirarle a una a una su le teste di quei galantuomini là? Commedia in un atto… dramma in tre: infatuazione, illusione, delusione.
1. Io ragazzo non deferente, anzi emancipato a tutti gli effetti, liberato del 'servaggio', ma rassegnato a far carriera lentamente, avrò modo e tempo di salire sul palco a vederti cantare, applaudirti e lanciarti fiori, oh mia adorata. Non darmi fretta, ero un morto di fame e ora, grazie alla scuola serale, ho studiato, ho preso un diploma, mi farò assumere e ti chiederò la mano, vivremo felici… lo sento.
2. Quanto amare sono le tue promesse, oggi, quanto triste è la mia generosità, e tanto esagerata l'ingenuità. Ho pianto, talmente che avverto spilli, come se avessi gli occhi nella terra, come se le mani fossero sporche, come le notizie che mi giunsero dal paese… Azzarderei una previsione ma son negato. I vecchi son lì come volponi a succhiar l'uva rimasta, e quella rinsecchisce più delle loro stanche membra. Ma cos'è che vogliono ancora? Quanto è rimasto ancora che possano rubare? E la zia continua a mandarmi cattive nuove. Basta. Voglio uscire da questa miseria, voglio agguantare la fortuna e insieme a te stringerla per non farla andar via.
3. E invece cosa ho io? Nulla. Sacrifici, risparmi, gentilezze, favori, tutto perso, fissato nel ghiaccio e nel vetro di quel maledetto quadro. Una cornice e fondo bianco, ingiallito e lacero. Dentro avrebbe dovuto esserci il nostro futuro. C'è il tuo successo, i tuoi vestiti eleganti, le tue scarpe griffate, il tuo disprezzo e il tuo sarcasmo, la fortuna dei tuoi colleghi e il tradimento dei nostri ideali. Avrei voglia di prendere a pugni te e il tuo sorriso beffardo. Troppo poco dignitoso. Rimango un sognatore, ad occhi aperti. Basta compromessi, basta incoerenze e cinismi. Non cedo alla tentazione di sfuriare e non meriterò la tua compassione sdegnata. Ma questi non li lascio, han peso e sapore che non meriti, me li succhio io.

lunedì 12 luglio 2010

memorandum



Non faticavo e non mi dispiaceva, anzi… mandare a memoria una poesia, aveva un effetto potente su di me. La leggevo, mi immedesimavo e la imparavo. E oggi quando faccio un giro nella memoria, anche un suono o un profumo scatenano una ridda di ricordi ammassati nei più remoti angoli. È come una colossale rimpatriata, da nessuno organizzata, da nessuno sperata, tutto si muove secondo uno schema apparentemente incomprensibile e casuale, un disegno circolare che si comprime e si espande e ci raccoglie, tutti. Sto correndo da circa un'ora, passo lento, per niente esasperato, ancor meno cronometrato, mi sospinge una lieve brezza, sembra quasi che io navighi sull'asfalto, la forza che mi solleva non è il tempo da rispettare, ma un odore agrodolce, prima leggero e lontano, poi sempre più prossimo e preciso che traccia dei contorni definiti e un'immagine ben strutturata, dipinta di musica, parole e mani che si calano nel pentolone fumante e rubano e s'imbrattano di appiccicoso miscuglio dolce e granuloso. Srotolo piano il rullino dell'esistenza con tocco delicato e rivivo furore ed estasi di fette dorate dal vergine succo, ginocchia sbucciate su candidi sentieri, spalle e braccia fuse dal sole, dita prensili su rami troppo alti, piedi acerbi in orticanti rovi… Il cielo si abbassa per incontrare il mio complice sonno, si fa elettrico, clamorosamente disponibile ad accogliere i miei ricordi. Il tempo sembra accelerare e una strana meraviglia mi pervade, e come sempre, mi sorprende. Stampato sulle labbra, un sorriso avvolge quel che rimane del giorno, ripone l'eco di tutte le parole pronunciate, mette in ordine i sussurri ancora aleggianti, e scende piano, ondeggiando e sgonfiandosi, come paracadute di seta sulle mie gambe stanche e nervose… non sono finite le incursioni nei territori che m'appartengono, in un continuo percorrere gli universi incantati agitano e ossessionano il promemoria delle mie attese, si accendono e si spengono, intermittenti e dispettosi punti luce e bui pesti su spighe alte e ondeggianti. Dal 1997 (Loco - Luglio)

domenica 11 luglio 2010

sound track -8


Inutile girarci intorno, vi verrà mal di mare! L.f.d.N.

sabato 10 luglio 2010

paranoiac

A paranoiac, like a poet, is born, not made. Grazie Luis. Domande moleste a parte, perché, come, dove e cosa, dovrei far leva su questo e forse sarei sulla buona strada per essere felice. Innocente, coraggiosa, misteriosa porta da aprire al destino. Anzi, no meglio una finestra, con un bel balconcino su cui saltare a godersi una notte piena di stelle e di vento. L'ho sempre detto io, avete una marcia in più, voi. Tu e gli altri. Una maggior possibilità di vedere, l'oltre e il di là, quel leggero margine che noi non riusciamo a calcolare, a prevedere, smarriti e sempre ritrovati. Un film, quella scena in cui viene sezionato un occhio e un universo che mi si apre davanti. Riesco a immaginarlo ora, mentre fumo e celebro il momento importante, quello in cui penso d'aver capito, due dita di whiskey per brindare a me, a quanto sia brava a nascondermi. Tu mi invoglieresti a parlare, mi diresti che non c'è occasione migliore per riconoscere di aver sbagliato tutto sempre. Non ho voglia di ammetterlo, tutto qui. Ho solo voglia di farmene un'altra. Che non l'ho goduta appieno. Son una che parla poco, non s'era capito? Con tutte 'ste domande m'avete privato del piacere di assaporarla, sensazione immensa e breve, il coperchietto s'alza, l'argento si scosta a mostrarmela, le dita la sollevano, lo stacco della scintilla, la punta si lacera e la bocca la stringe, la lingua la titilla, lasciate stare, non praticanti, non capirete mai. Alcool e tabacco marito e moglie, inseparabili. È una seduzione di cui non ho prove, è quello spazio dell'informe e nel non conforme di cui parli tu, Luis. Quella spalla nuda su cui consumare l'uovo fritto come faceva il tuo amico, dopo aver mangiato, arrivederci e grazie, quella è la porta! È paranoia fittissima, un potere nuovo e vecchissimo, esercitato da quando, piccola, ho inventato la prima storiella, una responsabilità grandissima, un limite o un confine vastissimo, entro il quale avrei potuto cambiare il mondo o incelofanarlo così com'era. Via i grandi della terra, abbasso i soliti noti, i saggi al governo. Non superate quel filo, è la mia parete salva-tutti. Piccola differenza. Sarete tutti d'accordo con me quando penso, quella differenza sia importantissima.

If someone were to tell me I had twenty years left, and ask me how I'd like to spend them, I'd reply 'Give me two hours a day of activity, and I'll take the other twenty-two in dreams'.




F.F. il sublime dell'Horror sarebbe d'accordo…

If the devil were to offer me a resurgence of what is commonly called virility, I'd decline. So I can go on drinking and smoking!

venerdì 9 luglio 2010

7Celesti||


Simbolo di precarietà, di rovina, in attesa dello schianto finale, e con speranza dell'ingresso in paradiso… Son pronta, all'interno di uno scuro hangar tutto nero dipinto e sigillato da argentea corazza, che impedirà agli indecisi dell'ultimo secondo di fuggire, sono soggiogata e irretita, fedele adepta, mi chino in religioso silenzio nel mio santuario della catastrofe e della risurrezione. In fondo, colpito da un raggio, penetrato ad arte, miraggio lontano e sublime, percorso da lampi terrificanti ci sei tu e la nostra storia tragica, un'alchimia e una combinazione fallite, un numero marchiato a fuoco sul braccio, un monumento all'amante ignoto. Ti saluto levando la mano, per quanto mi sia possibile, ancora mi duole e fatico a stenderla. Il morso non guarisce. Non è un equilibrio facile il mio, stento a ritrarre e a realizzare, ancor meno a programmare la mia attività e quindi mi limito a impacchettare propositi e a spedirli senza specificare il mittente. Tu invece sei una architettura tangibile, pur inagibile, vasta ed imponente ammalata di gigantismo, al tuo cospetto ho sempre sofferto di complessi di inferiorità; zona a rischio, mi aggiro angosciata, incipiente la minaccia continua di catastrofe, non sembri esorcizzarla, anzi la annunci glaciale… Ruoto gli occhi, li poso su due grandi sculture in cemento armato, mi appaiono collegate come da un circuito di tunnel sotterranei ed è quello che voglio, una via di fuga, un passaggio da indicare a chi, come me, voglia sfuggire il criminale disegno. Calpesto foglie secche, sparse qua e là sembra che vogliano evocare e memorizzare i residui di un'umanità senza più corpo, senza più identità. Non voglio evitare domande, non voglio eludere messaggi; i dubbi e le incertezze appartengono ad un lutto e ad un'ansia di urgente attualità, c'è una via, è un passaggio obbligato per chi desideri comunicare, attraversare l'abiezione, scongiurare il rischio del crollo dei sette palazzi, trasparenti e reggenti da una sorta di empirico, incerto miracolo

giovedì 8 luglio 2010

ubi sunt



Siamo tutti ossessionati dall'idea della morte. Il tempo passa, la vecchiaia, un nodo che stringe forte alla gola, pesa e incombe. Siamo stati graziati, la nostra condanna al capestro è stata commutata in esilio. Ma prima lascia che ricorra al mio ultimo espediente, spezza queste catene e guardami, prima che io parta, prima che la stanchezza mi abbatta. Il silenzio tuo è peggio della morte, le tue labbra sono sigillate rigidamente, dove la vera vita, dove la sua residenza? Intanto galleggio nell'attesa in questo spazio in cui regni, indifferente e straniera, uno spazio buio e silente. La ricerca della verità mi ha condotto per strade senza fine sulle quali tante son le persone che ho incontrato, le parole che ho ascoltato, e io reietta tra i reietti, devo tacere, perché svelare certi mondi non si può, necessario è che gli altri ci arrivino da soli e tu, nemica temibile, perché invisibile, sei in agguato sempre. Giro ad ogni angolo e provo sgomento, dimentico che quelle siano case, che quelli siano portoni, che quelli siano fiori, perso nei cunicoli non riesco più ad uscirne… sempre più buio è il vicolo, sempre più stretto, mi dileggi e mi colpisci, giaccio ora per terra, in un freddo mortale, il geranio sopra di me lancia i suoi strali, nemmeno il vento riesce a scoprire il mio sguardo spento.

Questo silenzio fermo nelle strade,
questo vento indolente che ora scivola
basso tra le foglie morte o risale
ai colori delle insegne straniere…
forse l’ansia di dirti una parola
prima che si richiuda ancora il cielo
sopra un altro giorno, forse l’inerzia,
il nostro male più vile… La vita
non è in questo tremendo, cupo, battere
del cuore, non è pietà, non è più
che un gioco del sangue, dove la morte
è in fiore. O mia dolce gazzella,
io ti ricordo quel geranio acceso
su un muro crivellato di mitraglia.
O neppure la morte ora consola
più i vivi, la morte per amore?