Arriva alle spalle, gelata e potente. Mi travolge, sollevandosi proprio in prossimità della nuca abbronzata e mi supera con uno spruzzo alto e beffardo. E io rido, tanto. Sembra che non abbia la forza per rimanere a galla, ma le gambe si muovono, unicamente per quello. Inerzia? Il mulinello sviluppatosi mi spinge sù e mi solleva al di sopra di tutti. Rido. Canto, forte. Ritornello, solo. Le parole si ridisegnano intorno alle mie spalle, si nascondono nei riccioli bagnati e ricompaiono sulla fronte per scivolare sulla punta arrossata del mio naso e tuffarsi rumorosamente. Dall'acqua richiusa emerge un impulso nuovo che il sole cocente non potrà piegare. È reazione chimica, rimozione del vecchio e inutile; è battaglia continua contro l'ansia e la resa. Lo spirito indomito è vivo! Porzione e intero. È stato un pezzo incidentale. Un moto di rabbia. Un urlo insopprimibile. Un pensiero disarticolato. Una porzione sbrindellata e informe che non può definirsi scrittura. Abbozzate, che sia o meno stile, son postume prima che io parta. Chi sei tu per ridere, piangere su queste pagine? Le recupero tra le carte sparse. Da una frase-incipit scivolata fuori dalla tasca, dimenticata e sgualcita, mi ricongiungo all'ossessione d'allora; riesce a riemergere - il periodo confuso - aggrappandosi alla puntuale punteggiatura, si fa articolata riflessione, trascinata dal flusso e collegata, anche se illusoria e frammentaria, alla mia arte complessa, quella che s'unisce a me, caustica, e s'insinua, disonesta, a consumare carne, organi e speranza. Non lascio nulla al futuro se non la familiare sensazione che la banalità degli stati d'animo possa essere condivisa, che lo si ritenga una ripetizione o un riscatto, troppo arduo mi appare oggi, potrebbe affrettare l'ora fatale e perciò sciolgo legàmi e possesso e mi accomiato. Starò meglio. Sto già aiutandomi a star meglio.
Il capitano Gino
57 minuti fa