Non voglio morire
non voglio imputridire nel verso
che il cadavere delle mie sere
non infastidisca il tuo mattino felice
…
Una voce lontana, rauca e distorta, come filtrata dal marciapiede che percorro, riverbera e s'insinua, si piazza accanto a me e con me continua a camminare. È un già visto. Intuisco, ma continuo indifferente, come se ignorandola possa sentir meno pungolo e dolore.
…
e il lume che la tua bocca accende forse con parole
-anche se nato dalla morte-
si sommi agli altri fuochi del giorno
ai frastuoni della casa e del viale
nel presente veloce
…
Credevo fosse semplice, bastava far finta di niente, e invece no, ora si affianca a quella un'altra, più stridula e fastidiosa, diventa percussione fino a forgiarsi in suono acido. È inutile cercare di esorcizzarla, non è essere immondo.
…
Nulla che rassomigli
a uccello impagliato mummia
di fiore
dentro il libro
…
È intelligenza. Ha bisogno di esser ascoltata e ravvivata, nutrita di gesti spontanei, animata da esperimenti e sacrificio, alimentata da libertà e scienza, prende fuoco subito e riscalda e rasserena.
…
e quel che dalla notte torni
torni in fiamme
o in piaghe
vertiginosamente come nel gelsomino
che in un lampo solo
illumina la città intera
…
Vive, è musica e rivoluzione, costruita su accordi e tempo, ritmiche e melodie impalpabili, si muovono e ascendono in trame sempre più rilassanti. Poi tornano a minacciar tempesta, portando desolazione. Non averne paura. Che duri tre minuti o un'ora, un giorno o settant'anni, che sviluppi fracasso o si moltiplichi in tanti scampoli d'improvviso silenzio, pur precipitando e squartando, sarà una chiusura unica, suggestiva, straniante. Polvere… cenere… aria.
i versi sono del poeta brasiliano Ferreira Gullar