Dio promette la vita eterna, disse Eldritch… Si fa un salto triplo in avanti, la mia fantasia slitta e va a sbattere violentemente su un muro, via calcinacci e in mezzo, da una larga fessura si crepa, si allarga a diventare una voragine… giù mi lascio trascinare giù, e più precipito, più m'allucino, e in avanti, avanzo o indietreggio, bucando quel muro, sfasciandolo come fosse legno marcio, innalzandomi sulle braccia di baldi diavoli che mi offrono felici un passaggio gratis, mi rassicurano, saprai ripagarci diversamente! La lunga salita mi toglie il fiato, ho un appuntamento in orbita, innestandomi in un rovesciamento di prospettiva, intanto suona, la musica più aliena che io abbia mai ascoltata… straniante assai, sembra riassumere una fuga tra le vie desolate, pericoli ad ogni angolo, lo spacciatore che ti insegue per la dose cattiva non ritirata, la coppia di sbirri che s'affanna dietro lui e te… impreco, mi faccio largo, vengo vomitata fuori dal ciclone, l'ultimo scivolone mi spinge su un pungolo, mi condanna definitivamente alla confessione perpetua, non posso rimanere, grazie, scusate il disturbo, troppo complicato, consultare quella tavola, pedissequamente inutile: l'enumerazione infinita, la carenza di fenomeni a testimonianza, l'indeterminatezza di quei pochi meriti, le grandi omissioni, l'analisi dei pro e dei contro, con supremazia dei secondi, la bellezza delle mancanze e la conseguente poca attrattiva dell'obbedienza, l'assuefazione… no, meglio ritornare alle mie sculture di nuvole, i circoli viziosi, i giochi degli schermi, con quelli sì che riesco a non soffrire di intolleranza, di rimorsi, di colpa. Torno ora da un bel substrato, anzi ho fatto di meglio, ho creato una realtà personale, incauto sogno di anormalità, sinistra dea dei grandi punti interrogativi, profana e indegna proprietaria di molteplici chiavi di lettura, apro e chiudo il mio quando il mondo mi stia troppo stretto. Ci posiziono i personaggi, parti e frammenti di una complessa storia, li accompagno e m'assistono, essi stessi animati dallo stesso bisogno del dubbio e dall'angoscia di trovar risposte. Nella traslazione dev'esser accaduto qualcosa alle mie mani, alle mie ginocchia e al mio fianco. Fitte e rosse, acuto e lacrimevole odore di vernice; apparenti o reali. Oltre le nubi cerulee un tuonante clacson annuncia la venuta: il carico ordinato, a bordo di un meraviglioso, mastodontico truck. Non credo che tu sappia, ma credo ne sia valsa la pena, non ho trovato ciò che m'era stato promesso, ma in compenso credo e nego, vivo per l'affrancamento dal dokos e morirò vigile, cosciente e a tariffa zero, su sottofondo ipnagogico.
Il capitano Gino
5 ore fa
Ciao
RispondiEliminase quando metti un link spunti l'opzione "apri in un'altra finestra" chi sta leggendo può continuare a farlo ascoltando la musica.
acc.. non avevo notato! Lo terrò presente! l'idea in verità era quella di leggere e poi ascoltare la musica, ma opterò per la doppia possibilità. Ti ringrazio.
EliminaOttimo omaggio in(diretto) a Philip K. Dick, per me un grandissimo ... e non solo per me :*
RispondiEliminason d'accordo.. è un post con doppia dedica, in verità, al grande che ci ha lasciati questa settimana: due illustratori (in parola scritta e in segno) di una diversa realtà! *
EliminaNon é certo cosa comune padroneggiare e esternare allucinazioni, sì da fare risuonare, al contempo della vibrazione di corde drammaticamente liriche, umanistici e degni moniti.
RispondiEliminasarà.. ma non mi sento padrona nemmeno in casa mia..
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