skip to main |
skip to sidebar
È su queste note che ti immagino, anzi ti vedo, ora su di me. Glaciale autore di uno dei più efferati omicidi in sequenza di fotogrammi: ricomponi e monti, seppellisci e riesumi, affondi e riemergi. Non è forse questo il senso della trasfigurazione e dell'evocazione? Credo. Questo è il significato reale, il lancio riuscito, il volo immenso e l'atterraggio magnifico della tua predicazione. Perché intanto mi parli, mi inciti, sembri smarrito e invece mi ritrovo, lieve e violento elargisci benedizioni e sfumi le maledizioni, irruente e morbido, accendi una tensione infinita, mi confondi e dilegui il presente nell'assente. Forse ora comprendo cosa intendessi quando ho detto a mezza voce 'sono disperata': smarrimento in una sfuriata di ossessioni, inerzia nella frenesia di provocazioni. Cos'altro potrebbe essere se non conseguenza di spaesamento: il susseguirsi di colpi e di pause, di assalti e di rese, di ricongiungimenti e di sconfitte. Disarmante gioco di noise e dolcezze, delirio distorto, anarchia pura nella quale mi immergo trascinandoti e sorreggendoti. Sì, ho capito che avresti potuto ammazzarmi a tuo piacimento. Nessun uomo mi aveva mai fatto sentire così. Di quelli che riconosci perché hanno lo stesso nervo scoperto, lo estraggono per scudisciare o per blandire. Apparentemente sconclusionata composizione di forme e colori, ammasso disordinato e inquinato di sensazioni e voglie, disegno commosso e mitico tappeto su cui si sperimenta una inaspettata e spaventosa tenerezza e insieme un senso di incompiuto terrore incendiario. Nero ambasciatore della paura s'erge, lasciando sempre un senso d'incompiuto anche quando riempie, bruciando anche quando inonda e scorre.
Lei è una persona introspettiva - mi disse così in una delle tante sedute. Ho speso mesi, dissipato stipendi interi per sentirmi dire simili ovvietà? Desolata. Non torno più in via La Marmora. Alla fine mi son decisa. Ogni giovedì, suono, alla solita voce gracchiante rispondo Caso X, altro pulsante, altro stentare di meccanismi male oliati, ennesimo odioso cigolio di porta del XIX secolo, apro, entro, chiudo, salgo, pulsante, altro chi è?, chi diavolo vorresti che fossi.. maledizione, devo smetterla di illudermi, di guarire, di piacergli, di suscitare il suo interesse. Basta. A quelle sue parole, appuntate e riferite ad alta voce, mi alzo, mi infilo il cappotto e, senza nemmeno rivolgergli lo sguardo: 'Saldo con bonifico, addio'. E a quel mostro insensibile fuori dalla porta neanche un saluto.. o meglio un 'Crepa' a fil di denti, soffiato via con tutta la rabbia che può trattenere una malata immaginaria, o reale - che importa ora? - per mesi, anni, vite. Già mentre mi precipito a perdifiato giù per le scale ripidissime penso e so con certezza che avrei potuto operarla io questa vivisezione settimanale. Non ho forse sempre anticipato di almeno dieci minuti le sue conclusioni scientifiche? Forse sarò vittima di un disturbo insanabile, ma sarò capace di analizzarlo, studiarlo, descriverlo talmente bene che meriterò una laurea in sensatezza, in trasparenza, in indipendenza. Ho imparato già parte della lezione. Poca sottovalutazione, coscienza dei limiti misurata, qualche eccesso di fantasia, speranza circoscritta, attenzione vigile nei confronti della delusione, queste le cose da tenere a mente. Sono causa e fonte dei miei mali, dei miei vizi. Devo diventar capace di tenerli a bada o esser pronta a soffocare sotto il loro peso, consapevole e determinata alla distinzione tra inutile morte e giusto sacrificio volto alla nascita di un fiore fresco, nuovo, giovane. E non è un esemplare di plastica infilzato ad arte su un tronco vecchio e disseccato. E' frutto di lavoro paziente, di pensiero fertile che rivanga e disotterra, instancabile e paziente. Le mani annodano e districano antica pratica di intelligenza e opera di ideale, purezza che non sente necessità di contaminazione, separa, sceglie, sputa e lancia i semi conservati con cura, attende che si depositino e che facciano la loro fine: dolce, vero peso del fiore sulla pianta..
e nel frattempo leggo Morselli.