Se c'è una cosa che non le riesce bene è misurare le percezioni, rendere reali delle astrazioni di per sé meravigliosamente semplici al solo fine di adeguare la propria arte al contesto, all'imbuto della forma-normalità, alla tragedia del comune.
Potrebbe essere il trionfo dell'improvvisazione. Ci si abbandona a una ripetizione creativa, a un loop o milioni di essi che si adagiano piano, prendendosi ognuno il suo tempo, lento, lentissimo: nasce, cresce, matura e muore nell'arco vitale di un ciclo mai uguale a se stesso. Tessuto liquido, percussione gassosa. Lui è perennemente lì, ma non riesce a trovare uno spazio ben definito tra l'epidermide e il contenuto, un flusso di coscienza fascinoso, subdolo, libero.
E invece viene incapsulata, imprigionata in una impressione estetica e non estatica, alla quale manca la profondità, un apparato monodimensionale, un pensiero registrato in studio e non esibito dal vivo. Scarso dinamismo, realismo estetico fine a se stesso. Giocoforza maniacale, cosmesi bieca e cieca imposizione. Lei è lì, perennemente ribelle, violenta nemesi. La goccia cinese contro il machete. Intrico. Intrigo. Passo in avanti. Scivolata indietro. Taglio netto ed espressione viva poco ispirata.
Un momento e un giorno. Un giorno e un anno. Sembra lontano e remoto. Nel futuro. Il presente è già passato. Storia sfocata e tremula. Lo fermo nella memoria e nella mente, ora. E improvviso.
Il capitano Gino
5 ore fa
Un momento e un giorno. Un giorno e un anno. Sembra lontano e remoto. Nel futuro. Il presente è già passato. Storia sfocata e tremula. Lo fermo nella memoria e nella mente, ora. E improvviso.
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