Spenta, Oppressa, Solare… Sospesa, Offerta, Sopita… Sospiro, O, Svanisco. Delicata, garbata, elegante, ma non m'accuccio. Ma non era l'esordio che mancava? Non riesco a gridare al miracolo, non stupisco e continuo a salire per quelle scale, giù il tentativo di far festa, di volare al di sopra delle prove, dell'obbligo, dei divieti. Incelofano tutto in maniera approssimativa e mediocre, faccio dei fori omogenei perché continuate a soffiar fuori l'eccesso di moralismo becero e soffocante e prendo il volo. Plano un po' sulle vostre vite, mi arrampico sugli entusiasmi, mi siedo a vegliare i sogni, registro e suono come un vinile diavolo, e brucio, asfissiando, i sempliciotti che siete. Io, tu, noi, ci siam divertiti, ignorandoli o facendo finta che non esistano, negli eccessi e nella forzatura, nei privativi e nell'oppressione, ci siam convinti, esistono e stanno sopra, svettano e ci schiacciano, firmano per nostro conto l'ipoteca e il fallimento. Quale sagrada familia? Indovino la soluzione e la consegno in cartolina, mittente sconosciuto, indirizzo da convalidare. Gli interstizi hanno assorbito tutto, le chiavi non conoscono più la serratura, la colla degli adesivi trasborda e insudicia il colore della mia presunta purezza. Scosta quelle tende, oh, no, richiudi, non rivivrò, serra quelle porte, non lasciare uno spiraglio, manda giù, tira sù, recidi, respira vita… svelti, vi aspetto.
La morte di un uomo è come la caduta d’uno stato potente,
che possedeva eserciti prodi, capi e profeti,
e ricchi porti, e bastimenti su tutti i mari,
e ora a nessuno correrà in aiuto, con nessuno stringerà alleanza,
perché le sue città sono vuote, la popolazione dispersa,
il cardo ha ricoperto la sua terra un tempo doviziosa di messi,
la sua missione dimenticata, perduta la lingua,
dialetto di un paesello lontano su inaccessibili monti
Milosz Czeslaw