sabato 5 giugno 2010

quando il troppo storpia

Zibaldone, mi venne un colpo! Nè capitoli, nè titoli, sfugge a qualsiasi schema, un flusso da Joyce, un pensiero liquido, in continuo movimento, contradditorio, inafferrabile, devo per forza definirlo? No, dai è poesia e questo mi vince. Che devo fare per razionalizzare tanto quanto basta per non impazzire, come devo organizzarmi? Inutile e perditempo, falliresti inesorabilmente! Qual è la chiave di volta? Potrebbe essere… ecco cos'è POSSIBILITÀ, grande intuizione leopardiana. Il nulla si apre e volge verso il mondo e la vita. Ma non era lui il pessimista? Il nichilismo in lui si identifica con la possibilità, con l'infinito; il nulla è costitutivo, è l'apertura sulla quale si pone il divenire. Nulla ed essere, angoscia e pace. Più tardi ho letto qualcosa di Heidegger che della questione del nulla ha colto la problematica metafisica e il rapporto con il destino dell'occidente. Comincia un'indagine sul nulla e in questa ricerca viene coinvolto tutto l'essere e l'esistente che pone la domanda. Si capisce che è qualcosa che ci riguarda da vicino, anzi dall'interno, è così che proviamo inquietudine… In quanto esiste l'uomo, accade il filosofare. Ora mi spiego la grande foga a fare, operare, spendere, esagerare… ed ecco che capisco me: lento, godereccio, svogliato, pretestuoso. Ho quattro libri sul comodino e li sorseggio piano, li digerisco con calma, senza fretta ma con ingordigia controllata.

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