martedì 29 marzo 2011

quale cielo…

… quale tenebra dovrò ancora attraversare?
Non ho ancora deciso nell'immenso parolaio che mi sommerge.
Quale sole potrò ancora contemplare?
Nella muta attesa, mentre quell'uomo continua a parlare di sé, decido?
Davanti a me, sopra me, sotto me, intorno a me una manciata di stelle,
uno spruzzo di sabbia, un po' di azzurro e d'avorio…
dentro me, tanto nero. Sono elusiva, sorrido e mi ripropongo
come un riflusso libero e involontario.
Confusione, resa, ribellione, a sorpresa mi faccio guidare da un sogno
qualsiasi. Ho la vaga sensazione di esser parte di finzione. Incredibile.
Che inutile affanno… credere. Già all'orizzonte un sottile, sinuoso,
improvviso animale verde ingoia tutto e fa prigionieri, anche me, essenza stessa del sogno.



Il marciapiede si srotola come sonno profondo.
Sopra di me le stelle, stelle austere,
scoprono il volto.
Nessun cuore batte alle mie spalle,
nessun passo.
Charles Wright

giovedì 24 marzo 2011

dimmi cosa bevi…



Ha sentito parlare di Jaime Saenz? No? Che peccato! Avrebbe potuto avvicinarsi a uno scrittore straordinarioNon chiederle in cosa creda. E non sorprenderti se venisse fuori il nulla. Chi ha detto o solo pensato di poter andare d'accordo con tutti è un conformista e un abitudinario. Lei? No. Che meraviglia!
S'è capovolta all'ultimo momento e hanno dovuto tirarla via con un arnese spaventoso, orribile, se sia sana è un miracolo… quale miracolo? L'ha fatto bene, è stato delicato e tenero. Era o non era un dottore? E allora? Quanto freddo è? Vuol tornare dentro. Cos'è questa luce accecante? Giù le mani porco. Lascia, faccio da me, sono una personcina pulita, che credi?
E da allora… ha capito quella non era che finzione, una messa in scena e anche buona, una serie di sipari, si va in onda, si gira, è una bella esperienza, non c'è che dire. Ma ora basta, che qui la stanchezza si fa sentire e appesantisce forte il drappo. C'è uno strappo profondo. Guarda, lì in cima, tutto sbrindellato il velluto liso in più punti tira e si annoda fino a creare una ragnatela difficile da sciogliere e nella quale sarebbe un suicidio potersi districare. Meglio un goccio. Che ambizione è?
È orribile. Inaccessibile. Non parlare di ciò che non conosci. Stappa. Puoi intendere solo trascorrendovi del tempo futuro. Lei s'è già incamminata. Le guardo le spalle, è un incedere tranquillo, il suo, per nulla scomposto, gira l'angolo e ha già annotato a chiare lettere l'alternarsi dell'inquietudine del giorno alla calma della notte. Credevo fosse pericoloso e senza ritorno. Sono il suo portavoce e mi faccio mendicante come lei, più di lei. È una intensa lacerazione e io non riesco più a colmare i paradossi né a recuperare l'abisso e forse… non vorrei. Sto bene con la notte. Non chiede nulla in cambio e nulla restituisce. Nessuna ombra a tormentarmi, nessun mosaico da completare.
In immersione blatera ed emette bolle sempre più grandi. Il più bel regalo mai ricevuto: l'idea della conoscenza, l'invenzione dell'illuminazione. Che si rivelino false che importa? Basta l'intuizione del vincolo, la visione dell'emblema, l'ultimo scoppio della rivelazione. Com'è bello strapparsi il corpo.



come è difficile che riesca facile dire il difficile
Felipe Delgado - Saenz Jaime

regalo secco a MrJamesFord

lunedì 21 marzo 2011

tsunami


Lo stesso effetto di devastazione che produssero le immagini nel buio. Arrivò come un'ondata sottile e sconvolse, vorace, tutto il paesaggio interiore, spazzando un'intera generazione di sensazioni, convinzioni e idee. Visionario e generoso donatore di seme d'originalità ed esplosione di clamore, m'ha resa madre di mille storie diverse, poliedrica ed eclettica. Devo rendere grazie all'umettatore, al fluido vivificatore e ai suoi personaggi, occhi a mandorla e veleno dolcissimo nei dialoghi e nei racconti. Lo riutilizzo ogni qualvolta mi sento più povera e arida. Che zuppa inodore, ma prova ad assaggiarla, vedrai quanto picchi. Ne butto giù una sorsata potente ed eccomi, più infedele e instabile di prima, un abbraccio soffocante, sù la maglia, pruriginoso attacco di sadomasochismo che smussa e incide, scolpisce in maniera decisa la mia scrittura. Ho sentito un pugno e la carezza, pantomima della comunicazione, dammi il bacio inesistente che arresti il sanguinamento della vita, che arresti quell'interminabile emorragia, sangue, sangue in dissolvenza. Ne è intriso il frammento di vetro ai miei piedi, piedi che si sfiorano timidi, è di un blu senza contorni, quasi trasparente. Io che di fronte a te, mi scosto e mi ritraggo, non voglio che mi rifletta, io orizzonte confuso col mare in tempesta, non voglio mostrarmi. Un'estremità del cielo si è rischiarata, e il frammento di vetro si è subito offuscato.
Blu quasi trasparente - Murakami Ryū



… siamo tutti case vuote
e aspettiamo qualcuno
che apra la porta e ci renda liberi

un giorno il mio desiderio si avvera
un uomo arriva come un fantasma
e mi libera dalla mia prigionia
e io lo seguo, senza dubbi, senza riserve…
finché incontro il mio nuovo destino
Ferro 3 - La casa vuota - Kim Ki-Duk

a F.

venerdì 18 marzo 2011

benvenuto e addio in un solo sguardo


Quando un libro socchiude gli occhi e disinnesca l'inganno, quando i contorni risaltano e non appaiono, quando la poesia grava ma non è greve, quando ci si svela la verità celata sulla falsa promessa d'eternità e si sperimenta il nostro comune destino, quando si accoglie l'ineludibile coscienza del tempo finito, quando si coglie l'inutile affanno al potere e allo sforzo della ricchezza ché tutto è mio, niente mi appartiene, quando si fluisce con l'acqua e nell'acqua: Così è nato, anche lui. Nato come tutti. Come me, che morirò. Figlio d'una donna reale. Uno giunto dalle profondità del corpo. In viaggio verso l'omega. Esposto alla propria assenza da ogni dove, in ogni istante. E la sua testa è una testa contro un muro cedevole per ora. E le sue mosse sono tentativi di eludere il verdetto universale. Ho capito che è già a metà del cammino. Ma questo non me lo ha detto, no…


Quando pronuncio la parola Futuro, la prima sillaba va già nel passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio, io dustruggo.
Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualche cosa che non entra in alcun nulla
Wisława Szymborska

domenica 13 marzo 2011

black blood


Ha due volti, ricoperti di nero liquido vischioso odio, ugualmente pesanti, entrambi malefìci spietati che pretendono di costruirla e di muoverla. Al contrario rimane piantata in quel foro e continua a bruciare, a bruciare e ad emanare puzzo denso e cupo fumo… tutto fumo, nessuna sostanza. Chi ti trivellò per primo? È una macchina infernale, nel buio spicca subito all'occhio dell'e.t. in volo, scava e succhia, senza sosta, piattaforma sempre in fiamme, palco ideale per dar vita e rappresentare una oscura vicenda, dai contorni confusi, dalle tracce perdute nella sabbia che soffia e include tutto ciò che la vuole vincere, alleata invincibile dell'infinita forza che muove e demolisce. Rimane impressa e la si ricorda con spaventevole ammirazione, succubi della misantropia, della crudeltà e dell'ambizione per nulla occultate ma rappresentate in maniera eccelsa. Si è fatta da sola. Abituata alla fatica, alle rinunce, alle delusioni, ai dinieghi ed è lei medesima, arrogante e muta. Emerge raramente dal suo silenzio potente e condensato ad elaborare un suo personale pensiero, soffermandosi mai su particolari e dettagli che possano far intendere di cosa stia realmente parlando… passo ampio, tacco, punta, ipnotico, assordante, basso, più basso, profondo, sordo, violenza tribale, in estasi; bloccata sulle statuarie gambe si volta stizzita a fulminare ed incenerire chi, stupito e interrogativo, abbia l'ardire di chieder ragione o spiegazioni! È formale. È norma. Se lo mangia in un sol boccone, aprendo in maniera mostruosa le enormi fauci. Instancabile e in continuo movimento, annoiata dalla sua noia, frenetica, maniacale e lenta nel respirare, con meno enfasi ama e si lascia riamare, pronta ad esplodere solo se toccata e fuga. Son sicuro, dalle sue vene scorrerebbe petrolio…



La notte era notte e solo notte. Ed era una notte che regolarmente durava, compresi i crepuscoli, una dozzina di ore. L’oscurità era profonda. Takaità non aveva luna, o se per caso ce l’aveva, quella era una notte senza luna.
Pier Paolo Pasolini

giovedì 10 marzo 2011

baciamaro


Ine-lut-ta-bi-le,
hai sillabato lentamente.
Labile, ho corso io.
Scusabile, troncasti tu.

La voce è impostata. Ti esibisci in abnormi e assurde evoluzioni fatte di inganni e miserevoli equivoci. Ma questo non ti sconcerta affatto, anzi… te ne nutri, con gusto, ti compiaci, cialtrone, carogna. Hai imbandito la tavola e intanto hai intrigato una ragnatela in cui ti prepari ad avvoltolare la sventurata, ti raffini nell'arte della convinzione, lodandoti e incensandoti. Sarà un trionfo. Ti si consegnerà senza resistere, lo splendido esemplare, corpo perfetto, giovane e spigoloso come una gemma modellata di fresco, mi si permetta un unico appunto: risata acuta e petulante, fastidiosa, buffissima. Questo particolare ti bea e ti ammalia. L'esasperazione sommata al disagio altrui ti rende invincibile, diventa un vantaggio materiale che esalta e esacerba il tuo ego. S'innalzerà al di sopra di tutti i presenti, adombrandoli, e intonerà un vertiginoso inno, al quale saranno obbligati a stonare, a risarcire le vittime, a compiacere il pavone.

Implacabile e detestabile
e rinnovabile… il dolore,
ogni anno, da quando
hai scelto, gela tutto il sangue
che m'ardeva dentro.

La finestra che ho aperto sul tuo abisso l'hai richiusa più volte. Son stanca delle tue menzogne, ti dico. Mi sfidi, tronfio e ancora una volta sotto mentite spoglie, ma già sento stridere il vinile, è tracciato ormai, fragile, ossessionato dalle tue stesse ombre, ti adagi e immagini, come a me piace, la nostra terra venata di rosso e le cimette olivastre sfumate in punta a intingersi nel grigio della nube proprio sui nostri nasi. Beato.

Ho sceso, dandoti il braccio
almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto
ad ogni gradino.
Eugenio Montale - Xenia

dal 2003 (Agosto - Assisi)

lunedì 7 marzo 2011

le voci bugiarde



Basta. Falla tacere. Non la sopporto più. Sempre la stessa, puntuale, incessante, complicatissimo slegarsene. Comincia il racconto e via, si spalanca la porta a un'orda di ricordi. Un concentrato di dolore, solitudine, patetico lirismo, piccole e grandi indecisioni al quale la mia scrittura non potrà più reggere. Almeno è sincera. Non conosce bugie. Io invece? In maniera costante e approfondita nel tragitto arrugginito della ricerca personale dell'ideale chi ho incrociato finora? Speranza e inutile sogno da collezionare e custodire. Ha lo sguardo pulito, una grande onestà intellettuale, un'imponente umanità, l'immortalità, nel gesto minimo del tuo respiro e dietro di te quasi le stelle e il dubbio dell'uomo se intervenire, non intervenire alla radice sulla natura. Parole venute a galla, come le piccole cose che cerchi di affogare, segni casuali che ritrovi impressi con maggior violenza sulla lavagna magnetica in cucina: ti ripeti ossessivamente non ne verrò fuori, devo rimuovere, spostare, trasformare, non è questione di bugie innocenti, è una lotta con il tentativo di restituzione del bagaglio dimenticato volontariamente in deposito. Vestiti vecchi, intimo superato, scarpe scomode… La voce ha deciso coraggiosamente di affrontarli quei fantasmi, esorcizzandoli e fissandoli su foglio. Son racconti terapeutici, elaborati delineando una traccia e aggiungendo via via una serie di punti di snodo nuovi, cosicché la stessa figura di partenza viene ad assumere una forma più evoluta, originale, inconscia… lezione accolta, grazie, i ricordi miei ora riposano su bianca e soffice carta, dall'amaro odor di neve, gratta gratta, arrivo all'erba sotto, estirpa estirpa ecco la pioggia, cade cade, voglia di dormire, ma non questo sdraiarsi sfinito senza riposo.

passi tratti da Cocci di bottiglia - Fiorenza Aste

sabato 5 marzo 2011

in breve




Ritorna a galla, si ripresenta, decennale, critica, rinnovata, vecchia e sempre nuova, certezza e dubbio, caratteristica e unico inafferrabile concetto in continua evoluzione, Uno, Molteplice, Caos e Ordine, Storia e Futuro, illimitato privo di punto di partenza, eterno lancio in vista di un lontanissimo atterraggio. Potenziale e attuale, divisibile per tanto, per molti, estensione comprensibile in una totalità, oh! mia musa tu sì che sai cosa possa significare, ti sviluppi in misura e armonia, ti intrecci con il mio pensiero, batti e misuri, ti fai strumento privilegiato per afferrare il tumulto; cosa sei se non filosofia e matematica, geometria senza sforzo, illusione sisifica, affollata coralità, ambiziosa idea: quella che ti affianca al mio desiderio più represso, ma ora sempre meno, sempre meno… dimostriamo che i nostri destini sono coinvolti e coinvolgenti. Voglio che sia vaga, non codificabile, in tensione emblematica, che fluisca armoniosamente verso il nulla, né rotture, e differenze di peso specifico, magari una sola frase a fondamento che collimi con congetture mai digerite, semplice intuizione, buco o fessura che sia, prim'ordine e formula che non sia guida e fedele compagna, conosciuta e contesa siepe, che sia a caso modellata a mio piacimento di là da quella, il mio sconosciuto e irrazionale Apeiron.

mercoledì 2 marzo 2011

PRIMA VERA


Quali e quante sono le ragioni per cui oggi sarebbe necessario rileggere e riscrivere la nostra bella storia? Massì. Ma guardatelo da lontano, mentre sopraggiungete da nord, svoltate a destra, curva insidiosa, tirate un lungo respiro, ricomponete la smorfia sul volto e poi fatevi acuti interpreti d'arte e molto finemente, senza cadere in facili tentazioni di turpiloquio, dite con dovizia di particolari quale sia stata la vostra impressione: visione d'insieme e dettagli del quadro in questione. Evidenti e ben distinguibili son le piante, i fiori e i frutti, specie rarissima e mal distribuita, la cui diffusione è ancor meno curata e sistematicamente ignorata. Al loro posto crescono in altezza ed estensione simboli della ricchezza e dell'opulenza splendente, multicolore, riflettente. Degradano e abbruttiscono, son nubi e nebbie che il dio Mercurio vorrebbe disperdere e invece ombreggiano l'alta collina… che fare? I suoi occhi, il suo indice, il suo caldo mantello nulla possono contro la distruzione dell'universo culturale nostro? Inizierà o è già iniziata la grande disputa. Armati di flores procediamo a raccontare, con voluttà e con castità la bellezza di questa femmina dipinta, astraiamo dalle dimensioni spazio-temporali e presentiamo i personaggi come i protagonisti emblematici di un'idea platonica. Cupido già scocca la freccia, ma ella è già presa, promessa sposa del dio, adorna e magica. Non imprigioniamo filologia e poesia e retorica, grazie con ispirazione faranno di quelle mele, oro puro, dono di nozze e buon augurio. Guardate i fiori ai miei piedi. Non son calpestati, non son piegati, non ho peso; astratta e allegoria sogno di un passato che potrebbe trapassare in futuro.

Non mandatemi a quel paese, potrei non volerci più tornare.