La parola è una finestra aperta verso la realtà.
L'ultima volta che l'ho abbracciata è stato un Natale. Si precipitò giù per le scale, e sul primo pianerottolo forte, commovente, strettissimo: ah, sei qui, e, come se la conversazione non fosse mai stata interrotta, giù nel giardino, eravamo due fiumi in piena, aggiornamenti arginati solo da lacrime e sorrisi e nella corrispondenza costante dei racconti, saltavamo tra episodi, storie, disordinate, stagioni, pensieri. Tutto grigio, qualche macchia verde e noi all'ombra, ancor più scure, sotto un albero maestoso di frutti sgocciolanti succo dolcissimo. Un'infinità di colore, noi due e quella massa carica di profumo, una macchia rosseggiante che mi sorprende ancor oggi nel ricordo di quel giorno. Un quadro che si agita nella finestra aperta ora all'interno della immaginazione e mi piego per raccogliere a piene mani lo squillo e il contrasto e il tesoro inestimabile. A malincuore affermo oggi: quell'albero è stato tagliato. Estirpato con i nostri affetti. Son stata forse troppo fredda, capace poco di aderire alle tue idee e confermare i nostri ci piace. Le nostre convinzioni si sono sbriciolate, le parole già precarie, al primo ostacolo, sono inciampate e son rovinate come quelle facciate vecchie e scalcinate. Mi ci son affacciata un giorno e da un angolo mi son fatta beffe delle promesse e dei giuramenti di bimbe. Non son fatta per i legami stretti. Cazzo significa? Non lo so. Ma mi sento nuda dopo un po' e me ne vergogno. L'imbarazzo non era un'invenzione che avessi in mente. Tu non sai amare! Ahia, quell'esserino ha parlato e decretato la fine dell'io, di quell'io che si faceva un sacco di domande, e che avrebbe atteso una vita prima di trovare le risposte. Ho ancora un punto interrogativo, la domanda… e il silenzio sbuca fuori e rode le convinzioni radicate, in tanta coscienza non assoluta, su vaste superfici, tra conflittualità e libertà di pensiero, al di fuori della logica comune, senza indirizzo, poca polvere sugli scaffali e tanti alberi di cachi.
… finché non ho compreso che non esiste parola che faccia male come te.
Pavle Stanišić
i versi iniziali sono di Herbert Zbignjew
dei cachi feci indigestione da piccolo, per 40anni non li ho mangiati, poi ci ho riprovato e ora sono uno dei miei frutti preferiti, quelli morbidi e dolci. memore però sto attento a non abusarne, ho capito la lezione...
RispondiEliminaParole che esplodono, parole che bruciano, parole fiammeggianti accese dal petrolio ;)
RispondiEliminaNon credo ci sia un perchè... succede e basta. Poi che fanno forte un ponte sono entrambi i suoi lati o confini, come li chiami tu. Da soli non basta. E' un po' colpa di entrambe... e un po' merito di entrambe.
RispondiEliminasagge parole quelle di Herbert Zbignjew, ma la parola può essere un brusco risveglio, uno schiaffo che ti riporta alla realtà.
RispondiEliminaDa una che è patentata a tagliare, sradicare e diserbare i sentimenti, ti dico solo .. anzi c'è nulla che ti possa dire.
Leggo :))
felice WE.
I confini, a te piace superarli?
RispondiElimina@RobyDick: indigestione di cachi? maròòòò
RispondiElimina@Alli: le sento più che altro sonnacchiose, si girano nel sonno e con i gomiti pungono forte
RispondiElimina@MagneTico: sì, ma rimane doloroso uguale. La consapevolezza non è medicina
RispondiElimina@Chaillrun: infatti non c'è nulla! ;) leggo anch'io e riporto e chissà
RispondiElimina@InneresAuge: sì, li vedi quei paretoni alti? Li valico da quand'ero piccolina! :)
RispondiEliminaAllora ti sei fatta i muscoli
RispondiEliminadirei sì ;)
RispondiEliminai confini ci servono per andare oltre...
RispondiEliminaHo come l'impressione di un confine che è pesato più degli altri.
RispondiEliminaMa si trova sempre il tempo di superarli.
mi fa paura pensare che ci sia un momento in cui si possa davvero avvertire la precarietà anche delle parole.
RispondiEliminatolte pure quelle, cosa resta?
quanto ai limiti,
"cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!"
:)
@Ernest: sì, anche i pareti a secco effettivamente sembravano un invito troppo pressante… :)
RispondiElimina@MrJamesFord: sì, digerito, a dir il vero, ma sai com'è la conduzione difficile dell'età porta sempre a riflussi
RispondiElimina@Daniela.: c'è, ma la cosa importante e fondamentale è trovar quella maglia rotta e far quel balzo. Sempre lui…
RispondiEliminae io che credevo fosse il primo passo verso la guarigione...
RispondiEliminaok! allora provo con una canzone:
come le foglie d'autunno
un colpo di vento ci spazza via
come chicchi di grano
buttati per caso in un campo cresciamo
magari forse ci amiamo
ma poi ci perdiamo e non ci si incontra più..
uhmmm mi sa che ho peggiorato.
3)
...carissima è un pezzo bellissimo, intenso pieno, commevonete...io credo che non esistano persone che non sanno amare, semmai persone che amano troppo se stesse...il che a volte è un bene. baci ady
RispondiEliminai confini, i muri, i paletti, i limiti vanno tutti a finire ne La parete di Marlen Hashofer, nel cassetto delle situazioni momentanee che assommate rendono l'idea della condizione che da significato al termine e ai suoi sinonimi e da cui scaturisce un irrefrenabile desiderio di togliergli quel senso aggiunto di frustrazione e impotenza che non ha nulla a che vedere con gli oggetti che lo rappresentano.
RispondiEliminaohhh sì! sì, sì! sì.
@MagneTico: come Peter Murphy qui accanto... 666)
RispondiElimina@AdyHappyBorn: sono soggetta a stanche frequenti!
RispondiElimina@Teti900: quella parete serve, mi è indispensabile sempre, è in quella solitudine che ritrovo me stessa e riparto con maggior slancio.
RispondiEliminaMagnifica campagna. Comincio a pensare che possa suscitarmi ricordi di famiglia dei tempi di guerra. Ma tornando a te, te l'ho mai detto che scrivi divinamente?
RispondiEliminaAdriano mi piace che possa riportarti alla memoria vecchi ricordi. Stranamente ho fatto leggere l'intero racconto a una persona che si è riconosciuta.. strane coincidenze o aperture sui vissuti altrui
RispondiElimina... poi c'è chi le sa maneggiare, come te, e chi (la maggioranza, in costante aumento) si fa usare da loro, dalle più brutte, le più stupide, le più banali... forse davvero dio è il Verbo, in senso letterale, e non c'è peggior bestemmia del balbettar cazzate di seconda o terza mano!
RispondiElimina667 ;-)
e chissà cosa ci avranno fatto prima di ripronunciarle! porco...
RispondiEliminaai, stasera questa malinconia m'uccide.
RispondiEliminami dispiace, e io? sarò portatrice sana?
RispondiEliminaVieni. Lascia che le parole
RispondiEliminasi cullino indolenti
nel prato della fantasia,
che il tuo corpo nel mio
spiumi selvaggiamente a uno a uno
i petali di questa notte”.
Charis Vlavianòs
delizia per le mie orecchie!
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