lunedì 31 maggio 2010

campagna infelix


Secoli e secoli di architettura rurale e di armonia urbana buttati all'aria… Mi viene in mente (di un po' di tempo fa) un'iniziativa di Legambiente Puglia in collaborazione con La Repubblica di Bari: in seguito a una raccolta di segnalazioni di abusi edilizi e brutture varie che deturpavano il territorio della nostra regione, si avviava una sorta di censimento degli ecomostri pugliesi sui quali poter esercitare l'attività di demolizione. Mi chiedo in quale misura questa lodevole pensata abbia avuto successo, se ne abbia avuto e se questi scempi si potessero evitare penso anche che tutto questo sarebbe inutile e utilmente gratis…
Ma sono pessimista al riguardo e i dati mi danno ragione. Dal 2001 al 2008 il consumo di territorio è aumentato: 12-15% in Puglia, diventata capitale del mattone insieme a Lazio e Veneto. Dietro questa cementificazione selvaggia c'è un'ingiustizia fiscale bella e buona: i comuni sono costretti a finanziarsi svendendo il territorio; gli oneri di urbanizzazione, da contributi necessari a dotare le nuove costruzioni di verde e servizi, si sono trasformati in entrate tributarie, per cui le giunte più ricche e magari più votate sono quelle che favoriscono le speculazioni. Nei paesi europei più avanzati succede il contrario: ci sono tasse di scopo che puniscono chi consuma territorio. In Italia? Si fa a gara a chi ampli, aggiunga, abbatta il vecchio per issare neo-fabbricati. Un vero e proprio assalto al territorio. E tra migliaia di enti inutili non esiste nemmeno un ufficio pubblico che misuri l'avanzata del cemento. Mancano le misurazioni di quanti boschi, prati e campi vengano ricoperti ogni giorno dalla crosta inquinante di cemento e asfalto.
È dagli anni novanta che si assiste a una crescente mole di autorizzazioni da parte dei comuni a costruire e aumentano a ritmo vertiginoso i milioni di metri cubi di lottizzazioni residenziali. L'escalation edilizia non ha alcuna giustificazione demografica, si nasce poco ma si edifica tanto. Prime, seconde e terze case, se non quarte, quinte e così via… Più cemento per tutti. Il caro premier (chi se non lui così esperto in materia) ha promesso di battere la crisi rilanciando il business del mattone. E chi è che le compra tutte queste case? La crisi e i debiti compromettono le capacità di investimento delle famiglie. Chi ci guadagnerà? I soliti pochi grandi speculatori. E chi ne farà le spese? Noi tutti che assistiamo alla morte lenta (mica poi tanto) del territorio italiano, pugliese e locorotondese. Un vero colpo di grazia. Un'ipoteca pesante sul futuro del turismo, dell'agricoltura di qualità e della nuova economia verde. E a me vien da piangere, mi guardo intorno e mi dispero.
Guardo a destra e vedo così vicini balconi di un primo piano livello strada (potrò parlare all'inquilina comodamente e chiederle di passarmi il sale senza bussare alla sua porta), mi giro a sinistra e vedo un trullo che avevano deciso di abbattere senza porsi tanti problemi, faccio un centinaio di metri in direzione contrada S. Elia e nel tanto decantato quartiere giovane (perché abitato da ignare coppie di ragazzi da poco uniti in matrimonio) vedo una strada pericolosamente in bilico, strettissima, che si inerpica fino ad arrivare a ridosso dei palazzoni (progettati per occupare meno spazio sia in larghezza che in altezza) che artigliano e soffocano una dei più bei "jazzìle" locorotondesi… Malzo.
Non vi dico cosa io veda continuando nel mio percorso salutare e sportivo: mi aggiro come un fantasma inveendo e augurando anche un semplice blocco del motore di auto velocissime e poco gentili a Marangi (zona sportiva), mi rivesto di pazienza e mi saturo di verdeggiante pianura a Tagaro e Grofoleo, sopporto le ripide salite pur di immergermi nei boschi di Trito, Serralta, Zuzù e Serafino, mi esulo sulle alture buie e incantate di Talinajo, Cupa, Santa Croce, mi avventuro inerme e indifesa per le campagne violentate di San Marco, S. Elia e Calascione, scopro le vie asfaltate di fresco che hanno preso il posto di scomodi e polverosi (ma bellissimi) "trattùr" tra Sei Caselle e Mancini, gioisco alla vista dei coraggiosi, contorti e monumentali ulivi di Casalini, mi inebrio dei profumi di marmellata dei fichi cotti al sole ancora sui rami di Pozzo Masiello, inspiro i benefici dell'erba medica e dei fiori di Volza, mi rinfresco all'ombra di pochi lecci secolari di Ritunno per poi arrivare su quello che avrebbe dovuto continuare ad essere la terrazza panoramica più suggestiva della Valle d'Itria, Serra, e diventerà invece la finestra sullo scempio più spaventoso degli ultimi cinquant'anni: di lì si godrà della vista di tre rotonde di collegamento della strada panoramica, alias circonvallazione. E mi ricordo ancora quando, piccolina, pensavo a quello che già allora, per me, fosse uno sgorbio: il palazzo su via Nardelli che deturpava il candido e perfetto disegno delle mie, delle nostre cummerse

2 commenti:

  1. si procede di scempio in scempio, in nome della viabilità e a volte anche dell'energia alternativa (vedi pale eoliche messe a cazzo un po' dappertutto)...

    una politica del presente senza idee...

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  2. quando non si hanno idee che non si distrugga il ricordo! :(((

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