giovedì 2 agosto 2012

fumottaggio fine





Son sempre stata una mangialibri. Ne ho divorati a migliaia: alcuni nelle ore di viaggio quando riuscivo a non farmi assalire dal mal di pancia, altri seduta per terra negli intervalli tra una lezione e l'altra quando cercavo di non farmi rapire dalla voglia di girovagare senza meta, ma i più belli in assoluto li ho letti in cima a un albero quand'ero poco che settenne, li rubavo ai miei cugini e, di nascosto, celata agli occhi indiscreti e troppo moralisti degli adulti, sfogliavo e mi nutrivo di parole, e di disegni. Sì, perché quelli mi hanno conquistata subito, anzi ho imparato a decifrar le lettere nelle nuvolette (baloons) prima di varcare la soglia della mia prima classe alle elementari. Ora ci ritorno, anche se non li ho mai abbandonati. Ho pensato seriamente di frequentare una scuola di fumetto, ma poi, chissà se ho sbagliato, ho frequentato il corso di comunicazione, immaginando che fosse più completo, sognando che avrei dato una mano di freschezza al lavoro del mio fratello maggiore, gettando le basi per la costituzione di uno studio serio, professionale, creativo. I sogni si son tramutati, ben presto, in illusioni, quelle in delusioni. Le strisce si son confuse, i riquadri han assunto forme strane, irregolari, posizioni scostanti, e il senso della storia è quanto mai obliquo, non lo si segue più se non rischiando di capitombolare giù, divorati dal buio.. era il passaggio più complicato nelle mie illustrazioni, riempimenti di matita morbida, da affilare di continuo, anche i mozziconi tenuti con l'indice e il pollice umidi e luridi, o secchi e squamosi. Ma il foglio non ha mai corso il rischio di macchiarsi. E' rimasto candido, pronto ad accogliere altri sviluppi, altre opzioni, un'altra via d'uscita. Ragazzi io torno a immergermi in quelli: d'estate mi riprende la spossatezza, il distacco da quello che in nove mesi corrisponde a progetti di vita e lavoro, a desideri inespressi e rapporti congelati. Quando tutto dovrebbe sciogliersi io mi riposo, mi perdo, mi apro e decanto, mi lascio andare come al cospetto della tomba di un caro, ma chi dei due sia morto non si comprende: quel divino abbandono con dentro l'ombra. Sì, lo ricordo ancora, un bel libro, lo riprendo con piacere: il senso dell'inesistenza, dell'immobilità, del ticchettio vuoto delle lancette di nessun orologio. Guardali, sono felici, sbadigliano.


Passi di Dino Buzzati Poema a fumetti





ci si rilegge..