martedì 30 novembre 2010

ombre


Non credo più sia un gioco. È sempre stato avviluppato dall'immensità della notte il mio paese. Basta farci l'abitudine. Pulire accuratamente, stare in silenzio e aspettare per vedere dove andremo a parare. Intanto preparo l'ambiente e studio l'atmosfera. Tutto dev'essere perfetto. Ogni cosa al suo posto, non per semplice scenografia, è teatro, che metta a proprio agio, rilassi, distenda. Faccio scendere il livello dello stordimento da modernità, mi dedico all'eliminazione del tabù dell'impurità di moda. Lascio annerire i piatti nel mobiletto da esposizione. Quella patina del tempo che alla luce fioca della tradizione vedo posarsi graduale e crudele sui simboli della mia giovinezza quando tutto era sconveniente, troppi gesti da oscurare, tutti i giorni da censurare… A volte mi chiedo cosa ci sia di male, non si è liberi di far quello che si vuole?



Ci soffocavano i lamponi che, bisbigliando,

spiccavi, e il nostro bisbiglio tacque nell’aroma

solo quando con le labbra colsi dal tuo palmo

i frutti che il profumo del tuo corpo intrideva.

Divennero i lamponi strumento di carezze

le prime, le più stupite, che nel cielo intero

altre ebbrezze non sanno, che non siano esse stesse,

e nella propria stranezza vogliono ripetersi.

Poi non so, com’è stato, né in che palpebrare,

hai sfiorato col labbro la mia fronte sudata,

io ti ho preso le mani - me le hai date, raccolta,

in quel persistere intorno, denso, dei lamponi.

Bolesław Leśmian


Possibile che si trovi così imbarazzante assaporare fino in fondo, soffermarsi sui sommi piaceri? Tu lucidi, io distribuisco zone d'antichità. Dietro quel paravento scorgo la tua sagoma che striscia, si avvolge, si allunga in maniera bizzarra, ma raffinatissima, verso i cuscini posizionati per terra sul nostro giaciglio e attende, mi chiama.
Per cominciare, spegniamo le luci. Poi si vedrà.

mercoledì 17 novembre 2010

Are you dead?



Ma è nuvolo? Non c'è più luce… cos'è successo? C'è da tagliare il grano, raccoglierlo e stiparlo. Non hai fatto il tuo dovere. I fiori che avresti dovuto estirpare sono ancora lì. Non credere che io non mi accorga della tua inerzia. Non fai altro che provocare, opporti, e intanto sprofondi, sempre più disperato, sempre più solo. Giri in tondo, e scavi la tua buca. Quando sarai stremato, una bastonata ti precipiterà nel centro. Continua a girare. A forza di strattonare ti rimarrà un lungo e largo taglio sulla gola, tira. Continua a tirare. Ti ho succhiato tutto il midollo, randagio, abbandonato, ma pieno di energia divina. Ogni volta cade, ansimante, e ogni volta si rialza, in una forma di schizofrenica lotta tra auto-distruzione e spirito di sopravvivenza. Disadattato ti ho raccolto per strada, ti ho ripulito, ti ho nutrito. Ma tu sei refrattario ad ogni tipo di guinzaglio, non pieghi mai quella testa pulciosa, quelle orecchie orgogliose, sei un visionario, non sei capace di esercitare un controllo sulle tue creazioni. Ti fai e ti mescoli con le tue stesse stupefacenti escrezioni. Non sopporto più il tanfo… Lo fai apposta. Sei strafottente e algidamente pretenzioso… Ti prenderei a pedate, ma so che mi farebbe male. È come toccare ghiaccio. Ti bruci e non capisci perché, butti fuori anelli di vapore e intanto continui a sentire un caldo infernale. Sordido e selvatico l'ego tuo se ne va dopo aver rotto il giogo. Avrei dovuto metter in conto quest'ultimo strappo. Bentornato. Che fai Ian? Mi chiedi con in bocca un tozzo di pane e tra le unghie un osso. Tu rimani, vado via io.

venerdì 12 novembre 2010

L'avrei saputo…


Perché non cominci la distruzione - rispondono. E richiesti se temono che appena tolte le impalcature la città cominci a sgretolarsi e a andare in pezzi, soggiungono in fretta, sottovoce: Non soltanto la città. Se, insoddisfatto delle risposte, qualcuno applica l'occhio alla fessura d'una staccionata, vede gru che tirano su altre gru, incastellature che rivestono altre incastellature, travi che puntellano altre travi. Che senso ha il vostro costruire? - domanda. Qual è il fine d'una città in costruzione se non una città? Dov'è il piano che seguite, il progetto? Te lo mostreremo appena terminata la giornata; ora non possiamo interrompere - rispondono. Il lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantiere. È una notte stellata. Ecco il progetto - dicono. Sto esplorando, ho tracciato la rotta su un foglio a quadri, ora i segni si confondono, ma è lì, non vedi? Io sbircio qua e là, a volte mi basta uno scorcio ed è mia, quella visione. Era una vecchia cartolina sulla quale, bimba, avevo scarabocchiato, me, papà, mamma e Giando. Su quattro piani differenti. Ai confini del mio impero. Affiora e la rintraccio. Ed è così chiara e triste, ché quasi piango. Ci ho giocato così tanti giorni, minacciando tutti in incubi e maledizioni: non la toccate, ch'è così bella, tonda e stretta. Ci torno spesso, ormai. Sembrava non interessarmi, è in fondo, come l'ultimo appiglio, una spirale che mi risucchia nella corrente infernale, un vento che sfoglia e spinge in direzione non più propizia. Avrei voluto far spazio a qualcun altro… qualcuno da riconoscere in tanto chiasso, qualcuno da cercare e trovare in così grande rischio. È diventato raro e innocuo l'inferno. Cosa dovrebbe essere questo? Paradiso? Deve proprio assomigliargli tanto. E io nascondo bene la sorpresa dietro il neo alla mia sinistra e le lacrime dentro la seconda ruga a destra, archiviato proprio sotto il discorso segreto, l'ultimo, non ultimo, povero mio lobo in fuga verso altre possibilità esistenti. Mi appoggio esausta al muro. Mani sulla fortezza pensata e occhi su quella vera. Avrei dovuto imparare a far la sfinge molto tempo fa. Insegnare ad altre le regole, gli inganni, gestire desideri e sogni, costruire domande e risposte, demolire coincidenze e sospetti. Io non so, se basteranno queste mura a contenere tutti gli scontri, a cacciare o ad accogliere, a sostenere o ad abbattere, a proteggere o a intimare la resa. Avrei potuto individuare i punti deboli, affrontare le nuove resistenze, fuggire le vecchie congetture, seguire il principio e assistere alla fine, entrare, perdermi, girare, ecco l'uscita, la vedo, ne vengo fuori, la guardo dall'esterno, non la riconosco all'inizio, poi apro bene gli occhi, l'abbraccio tutta, la stringo a me, che non vada via, che non mi allontani troppo, sovverto, caccio un urlo, mi poso, distesa su un lato a contemplarla e ad accarezzarla… anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura, d'una città non godi le sette mura o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. O la domanda che ti pone obbligandoti a risponderele città non sono altro che la forma del tempo. Non lo sai?

sento nuovo profumo paesello mio

mercoledì 10 novembre 2010

umorale




Hai un segreto, dì la verità… pacifico ossimoro che potrebbe impressionare chiunque, ma non me. Nasconde un progetto, a dire il vero… ma di fronte a cotanto bendidio tu ti faresti distrarre da una volontà omertosa così evidente? Lascia correre. Le attese sono state talmente alte che ora, leggendo, attenzionando, sono arrivato alla conclusione che la tua è lucido disegno, anche se non so quale sia il personale tornaconto. Sembri così poco algida che non ti si attribuirebbe la razionalità eccezionale che questa serie di racconti sta tirando fuori da un po' di tempo a questa parte. È una continua beffa. Ci si scalda, ci si ricorda, ci si commuove, ci si arrabbia e tu? Vorrei guardarti mentre scrivi, anzi, mentre le pensi. Mi sforzo, m'impegno, ma non riesco proprio ad immaginare la tua espressione. Diciamo che a pensar male si pecchi ma spesso si indovini, ok? Io ti vedrei esattamente con quella espressione lì in alto. Non credo che ti si torcerà un capello se avessi la grazia di confessarlo. Essere malizioso che alberga in te rispondi. Hai un sacco di munizioni o tanto coraggio? Non credi che metterti così a nudo, possa esser pericoloso? Val la pena raccogliere i sassolini che lasci cadere, li rintraccerò tutti e comporrò un bel quadro surreale… A licenziarmi in quattro e quattrotto sono i suoi occhi: nuovi e lucenti lampi che seppelliscono i vecchi, disturbi e concezioni, inferni e cure, in fretta aggiunge all'elenco, con lentezza spinge via gli stati d'animo, tutti al muro, in attesa dell'esecuzione.

lunedì 8 novembre 2010

hypnotist

Hei… sto qua sull'ultimo ripiano, scorri con le dita, no, verso l'alto… ecco, sì, ti sento… uhhhh! eccolo! Ma da quand'è che lo cerco? Mi peschi dopo averli fatti roteare tutti, forse un centinaio, per te è quasi capogiro. Ti volti di scatto e al diciottenne, che da dietro il banco ti guarda tra lo sfottò e il comprensivo, dici: tutta la musica psychedelica di questi ultimi anni non esisterebbe senza loro! Ma chi? Loro, no? Bardo Pond. E chi sono? Se vaffa ti sembrasse poco ci aggiungerei una serie di scarni e fumosi, ma efficaci cazzo ci fai in questo music's shop, che ne dici? Sei di umore nero? No, anzi, più viola non potresti essere, e dal viola livido via via fino al giallo, tutti i colori del prisma, quelli risultanti della rifrazione della luce… su due canali distinti, tanta felicità e tanta rabbia impotente. Ma oggi è giorno di festeggiare. Paghi, anche se per la lezione avresti diritto ad un omaggio e voli fino a casa. So dove lanciare l'amo. Ti ho riconosciuta appena ti ho vista entrare. Hai stampata in faccia l'assenza e l'allucinata espressione del navigatore vocato a cercare e non trovare. Il mio canto di sirena t'è rimbombato dentro maestoso e con esso ti sei persa. Una voce liquida che t'ha sciolto i confini e le difese, ora ti espandi ad ogni istante come la pelle di due rane nell'atto sessuale. Abbandonàti al flusso, l'unione e l'incontro tra le nostre energie esplodono in un'armonia dolce e sferzante che interferisce e distorce, ci scorpora e ci allontana dalla materia densa per ricomparire semplici essenze immateriali… siam pulviscolo nello spazio nero, particelle luminose, scie vaganti che trascinano via tutto nell'occhio del ciclone, inesorabili, sovvertono l'ordine predeterminato senza alcuna riserva, senza alcuna possibilità di resistere. Ti allarghi, ti estendi, non riesco più a contenerti, ti attorcigli attorno a una linea indefinita, abbozzi una eco libera che si protrae all'infinito, spicchi un salto al di là dello stagno… eccolo, il compimento, allucinata e inebetita spirale, spogliata di ogni costrizione, bellissima e senza tempo, larga e incontenibile, sei alla deriva, ormai, totale consacrazione, mi sfuggi, ormai un riflessoamen.

dedica per associazione di idee a Il Rospo dalla Bocca Larga… :)

venerdì 5 novembre 2010

sotto e sopra


Rifugio Care Alto. Trentino.
Foto stupenda cedutami gentilmente dall'amico Ruz, cultore di stenopeica!

È stato un attimo. Una frazione di s e c o n d o ! si dice così no? Notte-giorno. Buio-luce. Basso-alto. Uomo-animale. In quel poco, insomma, ho capito, svegliandomi di soprassalto, era stato tutto un sogno. Al diavolo. Il fatto è che ero lì lì per toccarlo. Ero angosciata, madida, ma ne valeva la pena. Ora mi rimane un peso, un tormento, e sono anche peggio. Mi sono ammalata di sogni. Anche quando incombenti e tormentosi li preferisco al risveglio e al mattino con le sue regole e la luce. Ordine e pulito. Rivoglio il caos e il buio. Bramo dal desiderio di ritornare a sprofondare in quel selvaggio profumo, divincolarmi tra le lenzuola fino ad annodarmici dentro, lottare con le assi del letto, farlo cigolare forte in un convulso moto ondulatorio e sussultorio che percuote e solca e sopraffà ogni volontà crollandola e franandola in segreta remissione. Sarà che ho ricominciato a fumare… può darsi. Sbaglio sempre direzione. Il fumo in spirali mi avvolge e mi fa inconsistente ed evanescente fino a perdermi nell'aria che mi circonda, mi adatto e mi ci mescolo. Ecco lo rivedo, io docile, lui, impetuoso, mi raggiunge e mi bastona fino a gambizzarmi, ma il mio spirito indomito non rimane inerme, ragiona, si conserva e non cede. In quel tempo sospeso, non è più lui, non sono più io, seguo con le dita i contorni indefiniti e grazie ad essi, confini non delineati, linee non confinate, mi libero in fragranze avvolgenti, ammiro, indistinta e inattesa, una bellezza che non mi sbaraglia e non mi governa. La affronto tranquilla, mi prostro e mi rialzo, sfumo appagata, destandomi nel grande dormitorio del mondo, come se tutti, le piante, le bestie e anche gli esseri umani, esalassero i loro segreti e i loro sospiri.

martedì 2 novembre 2010

no satisfaction


Sono uno spasso, non c'è ombra di dubbio. M'invento occasioni di risus abundat anche nelle situazioni più anguste e sinistre. Il più delle volte son risate sardoniche, raffiche spiazzanti e spazzanti, tempeste che non hanno bisogno di avvisaglie, si scatenano e sorprendono. Portate sempre un ombrello richiudibile, vi conviene. Quanto sei stupida! Oh, grazie, tu invece che srotoli metrate di muso e tiri fuori dal cilindro quintalanze di fesserie per farti bella e buona e brava, che sei? La butti giù pesante, ti aggrappi sulla schiena di quel poveretto tuo fidanzato che tu ti ostini a chiamare 'il mio amico' perché fa più fine… sei intelligentissima, ma smettila, e taci, anzi, fa di più e accontenta file e file di persone impazienti, scaotizzati, fai un po' di raccolta differenziata di rumori e puzze e capelli in posa, fighetta della peggior specie, la miss della schierata accozzaglia che Alekermitt volentieri prenderebbe come protagonista del suo prossimo episodio de 'La notte dei truzzi', quella che naturalmente fa la più brutta fine che io abbia mai potuto vedere al cinema, in tv… e in radiodramma. Grazie Socio mi faresti un piacere, ti pago è ovvio, se proprio non dovesse essere efficace la mia pubblicità, il mio mestiere tra l'altro. Dicevo… son tanto tanto divertissement, presa di fondoschiena e scivolo spesso, sui miei stessi apprezzamenti, sui miei stessi commenti, volo via e atterro pesantemente sulle mie stesse uscite di sicurezza… no, li vedo i cartelli, l'ho visto il disegnino uomo/donna, ma non sono mica scema, preferisco l'uomo, no? Eppoi che due… non casca mica il mondo, per una figurina ogni tanto, è avanguardia, regole che saltano, vento di cambiamento, controsenso tipicamente mio. Cosa credete, io scientificamente imperverso, sperimento e studio i risultati. Così già so, durante, poco prima, e subito dopo, chi sia così resistente da sottoporsi al prossimo… turno, si ripeteeee. Montagne russe, ce le avete ben in mente? Ecco, sottosopra, giro della morte, senza via di scampo una volta che si sia imbracati, voci fuori campo, urla disumane e la mia voce megafonata divertita e coinvolgente che nel cielo grigio e triste colora e stria un arcobaleno disarmonico… centrifugato di cori e acuti, sono attrice che recita vari generi, tendo costantemente a sottovalutarmi, liquida e frivola, ma in assoluto schizzo ed evolvo, mediamente libera e per nulla soggetta a razionalismi e generalissimi ordini dall'alto, mood che dalla superficie erudisce nel profondo della mente, beffarda e demenziale filastrocca, spigliata e vorace, come timida e risparmiatrice. Sei una contraddizione vivente! Ultimo scoppio isterico: cada la spada sulle tue polverose e mediocri osservazioni, non vi puoi proprio rinunciare, eh? Lo so, barbie, lo so, è difficile per la tua coerente rappresentazione dell'irrealtà, accettare, o solamente immaginare, quanto io sia indaffarata a cambiare questa stigmatizzazione sociologica, è un macigno che il tuo big-gym non riuscirà mai a spostare, massa informe e destino arido, tanta grassa ignoranza sui vostri bei muscoli tirati a lucidi con calorico olio… invece che passar le ventiquattrore a tirar sù pesi, avrebbe potuto soddisfare te, in articolati venti minuti di sano sesso! Tutto sudore e fatica sprecata. Sì, hai ragione, non vibrare più ora, sei più irritante della Pausini e Hilton insieme, critica genuina e spontanea, un consiglio materno: va a giocare da un'altra parte! Io mi diverto così, e non sono mai soddisfatta finché non constati e calcoli quanto si possa ancor essere strafottenti e dannatamente imprevedibili! Free-drink… e consumazione slow!