domenica 28 dicembre 2014

presente, già, storia

Se c'è una cosa che non le riesce bene è misurare le percezioni, rendere reali delle astrazioni di per sé meravigliosamente semplici al solo fine di adeguare la propria arte al contesto, all'imbuto della forma-normalità, alla tragedia del comune.

Potrebbe essere il trionfo dell'improvvisazione. Ci si abbandona a una ripetizione creativa, a un loop o milioni di essi che si adagiano piano, prendendosi ognuno il suo tempo, lento, lentissimo: nasce, cresce, matura e muore nell'arco vitale di un ciclo mai uguale a se stesso. Tessuto liquido, percussione gassosa. Lui è perennemente lì, ma non riesce a trovare uno spazio ben definito tra l'epidermide e il contenuto, un flusso di coscienza fascinoso, subdolo, libero.

E invece viene incapsulata, imprigionata in una impressione estetica e non estatica, alla quale manca la profondità, un apparato monodimensionale, un pensiero registrato in studio e non esibito dal vivo. Scarso dinamismo, realismo estetico fine a se stesso. Giocoforza maniacale, cosmesi bieca e cieca imposizione. Lei è lì, perennemente ribelle, violenta nemesi. La goccia cinese contro il machete. Intrico. Intrigo. Passo in avanti. Scivolata indietro. Taglio netto ed espressione viva poco ispirata.

Un momento e un giorno. Un giorno e un anno. Sembra lontano e remoto. Nel futuro. Il presente è già passato. Storia sfocata e tremula. Lo fermo nella memoria e nella mente, ora. E improvviso.



venerdì 12 dicembre 2014

demòni

E lo vedete realmente? Vedete realmente una figura ben definita?

Come in una situazione di grande disagio e di estrema fretta. È tutto stabilito. E poi, in prossimità della data disdici, annulli, ti neghi. È un periodo tormentato, ti sembrano gli anni peggiori, ritmi intollerabili, umilianti difficoltà, cappio incombente dall'alto e pungolo continuo dal basso. 
Sensazione di resa e stimolo ad andare avanti. 

Quando parli di diverso ordine di esistenza, di sospetto, di realtà altra e non ti si comprende, e ti si deride ché i modi son veementi e febbrili, enorme è la malattia, troppo invadente, assai melliflua e insidiosa, t'ha resa cinica e lasciata inerme. Ti sembra di reagire, ma rimani lì, ferma e delusa.

Poche frasi stavolta, ma sufficienti ad appiccare, ardere e consumare le poche certezze. Ambigue come posson essere due lingue biforcute, ma lunghe e contorte, congiungono opposte rive, il tempo breve di un'illusione passeggera, di un tentativo di redenzione fallito, ed è impossibile stabilire un segno armonico e un disegno preciso. Stento.


Sì lo vedo, lo vedo così, come vedo ora voi... e talvolta lo vedo e non sono persuaso di vederlo, benché lo veda... talvolta non so chi dei due realmente esista: io o lui…


F. M. Dostoevski, I Demòni