mercoledì 27 febbraio 2013

io come lui..



Letto tanti anni fa, riletto tanti anni fa. Son pigra quando si tratta di andar a riprendere un libro. Sinceramente, come per un film, non affronterei volentieri la visione due volte, se l'ho gradito perché ancora vivo è il ricordo, se l'ho ignorato perché mai ritentare? Lo ammetto, sono schizzinosa. Non lascio che mi impongano nulla. Potrei far finta di cambiare idea, ma pochi minuti prima d'aprire la portiera dell'auto confesso: 'Non ho voglia'. La studio l'espressione, pretendo che sia perfettamente convincente. Come il protagonista spesso cado vittima di attacchi di panico. Un attimo prima glaciale, l'attimo dopo sciolta dalla disperazione più vuota. Come lui inavvicinabile, in preda alle allucinazioni, apatica, esagitata, sola. I miei tratti sono l'espressione vivente del dubbio, delle domande continuamente poste, raramente risposte. Non è un vezzo il mio desiderio innato di sapere, di conoscere, di ricalcare le incrinature e di riempirle, sempre che ci riesca, con calce nuova, fresca, e lasciarle lì, accantonarle, in pace, riporle con cura sul ripiano più alto, quello che non si spolvera e si dimentica. Qualcun altro si accorgerà della sua esistenza, si arrampicherà fino a raggiungerle e le sfoglierà le mie cose, le mie note, frammentate, dolci, folli. Avranno un senso le storie degli altri, daranno la vita ad altri sogni, fioriranno come fanno quei colori sgargianti in un campo deserto, si risveglieranno come i bimbi orfani di mamme squassate da un'esplosione, rinasceranno le speranze dalla nebbia fitta dell'incertezza e della violenza cieca degli uomini bestia... intanto lo rivedo: era spuntato un albero in mezzo a tanto falso cambiamento, su tanta epocale inutile illusione.

 

mercoledì 20 febbraio 2013

come respirare, mangiare, respirare

Non ha mai avuto confini precisi, né uno svolgimento e nemmeno una collocazione inconfondibile. Inutile sarebbe datarla o attribuirgli un luogo di nascita. Lei è un'opera frammentaria, separata in tanti spezzoni sparsi così in uno spazio nero, a volte talmente sbiadito che potrebbe assumere forma di nebbia. Ma la nebbia non ha forma. Oh, sì che ce l'ha ed è l'unico esempio di materia che le si incolla sulla faccia, appesantisce i capelli, schiaccia le spalle e allo stesso tempo solleva una decina di centimetri dal terreno, ne avverte la sostanziale, grigia, umida carezza e vaga con lei, dentro lei, su di lei, in lande desolate, ma in mezzo a tanta umanità e molta più massa animale. Anche gli inanimati acquistano una propria esistenza in mezzo alla nebbia, tutti confusi, tutti sfumati.. steli d'erba che si ammassano sotto i suoi piedi, ghiaia fine che s'ispessisce e si compatta: una lunga traiettoria di passi che sarà bene dividere in tappe cosicché si possa evitare di urtare un barattolo di colore e di sentirlo rotolare a imbrattare e violentare quel paesaggio delicatamente tratteggiato. Lei sa distinguere. Lei è in grado di riconoscere la superficie dell'anello di congiunzione tra volere e potere. Lascia al caso il più delle occasioni: è incredibilmente piacevole abbandonare enfasi e artificio e far sì che, unica guida sia la figura a lei più familiare, la sua natura. Sarà questa a dar rifinitura al suo manoscritto? Molto improbabile. Aderirà totalmente al suo ambiente, vi si mescolerà in maniera gioiosa, in esso si stranierà e da esso sarà vinta. Così facile ammalarsi, guarire, riammalarsi. Salire, precipitare, risalire. 




Tutto è sensazione di ostacolo che bisogna vincere: io e il monte siamo; altro no. E non devo esser che io, in vetta.
Scipio Slataper

mercoledì 13 febbraio 2013

deCAPTCHAti



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martedì 5 febbraio 2013

i mostri?



Quanta amnesia ha ammalato il mondo? Quanti ricordi schiacciati e piantati sotto una spessa coltre di indifferenza, innaffiati dalla disperazione? Dall'altra parte della terra sotto la frenetica spinta spunta il frutto del peccato subito, nasce la coscienza del male assoluto, comincia la ricerca delle ragioni, la fuga alla condanna dei colpevoli. E tanta ossessione s'impossessa del nipote del perseguitato. Tanto rinnovato vigore matura sulla fronte del figlio. Vendetta, rivalsa, maledizione. Tante voci, una moltitudine di voci, un'armonia insana di suoni, la massa informe di bocche aperte in un urlo che non senti chiaro e potente, ma che immagini lancinante, quanto più sordo possa rappresentare un'umanità impotente, violenta, inconsistente, bestiale, inutile, sprecona, speculare, infestata dallo stesso difetto. In superficie non diresti, cominci a scavare ed eviti di ammetterlo, ne ritrovi caratteristiche comuni e segnali incontrovertibili, ma neghi, dubiti, rifletti, capisci. Grigio intorno, fosco dentro.

Ad accogliermi fu il silenzio, il silenzio di una città non ancora morta ma agonizzante, una città che, dopo la dipartita dei soldati, era precipitata in una miseria spaventosa. I pochi turisti che c'erano gironzolavano intorno al Monumento e lungo i due o tre sentieri didattici sul genocidio che il Monumento aveva istituito.
Jachym Topol