lunedì 27 dicembre 2010

voyage dans la lune


Ha costruito tanti modellini, ha disegnato tanta scenografia di carta, dipinto tutte le mani dei trucchi spettacolari alla luce della lanterna magica, ha dato forma ai suoi sogni di bimbo, mosso mani che sembravano morte, acceso occhi che erano ormai vuoti, regge, sostiene ancora il tempo, vola la sua testa sulle linee di quel pentagramma, riavvolge e raggiunge l'equilibrio, sta per cadere di sotto, ma si aggrappa e si salva… avrai successo dice quella faccia, non ridere, non buttare l'umorismo, tienilo stretto, vedrai ti tornerà utile. Ora splende, ora si rabbuia, ora sorride, ora storce la bocca in un ghigno sinistro. Lancia un ultimo avvertimento: abbandona la nave, interrompi le battaglie marine, guarda sù, il mio bagliore ti renderebbe visibile a tutti gli aerei nemici, fermati e sali, sarai il primo uomo sulla luna, non credi che questo renda tutto il denaro del mondo? Attende un attimo, si guarda intorno, vorrebbe contestare la lunghezza del cammino, ma lei ha già soffiato una scia argentea su cui muovere i primi passi e lui… comincia a costruire quella sequenza mirabile e ricama metri di tessuto e monta il buco, taglia incolla sovrappone, riavvolge con pazienza e precisione, vieni, vieni, investi il mio occhio, apri la voragine e duplica il piacere, stappa e beviamo, gratta e raschia via la tristezza, stanotte non voglio ascoltar musica noiosa, non voglio guardare cortei nuziali. È cominciata. Inaspettata eclissi, lei davanti a lui, taglia, incolla, sovrappone, riavvolge con passione e dedizione; gira, ricostruisce il teatro di posa, si avvale di protagonisti inventati, sposta le nuvole, ammicca e invita al nuovo incontro attraverso l'impossibile: pieno, decresce, quarto, cresce, pieno… a risentirti.

ai viaggiatori incalliti…

mercoledì 22 dicembre 2010

a caso


Lasciatemi! Rinchiuso, interdetto, spento. Whichever I choose, it amounts to the same. Lasciatemi… qui. Sbraita, si contorce, poi cede e si adagia. Ricorda. Prospettiva barcollante, ondeggia e stringe le mani alla sorte. Ma che fa? Possibile che sia così indifferente, così freddo, così distaccato. Quale possa essere la ragione, non sa e non la spiega. Forse non c'è. Non serve. O la rifiuta. Io grido, mi agito, percuoto e strizzo le viscere e scalcio, e soffoco, tante son le lacrime, in groppo, sulla gola, giuro vendetta, mi ostino nella ricerca di una soluzione, dell'assoluzione… lui no. Dentro e fuori. È nel mondo. Assurdo già di suo. È il suo mondo, e in quello si identifica. Ho un coltello. No, l'unica scorciatoia ammessa, veloce e indolore, tempestiva e sorprendente: pistolettata che incide e brandisce con lucidità e senza alcun rimorso, a privare quella prigione dell'unico sprazzo, a violare l'emozione, solido fino alla fine, fermo nella tempesta… lasciatemi nell'abiura. Volete assistere? Prego, fate pure. Sono estraneo, pietra o marmo scolpito, costruzione mentale potentissima, l'idea che erige un muro che non si sgretolerà sotto i vostri attacchi, che aprirò in fuga e in difesa a quel che capita, a ciò che non ha senso, la mia vita, la morte… l'ora senza nome, quando i rumori della sera salivano da tutti i piani della prigione in un corteo di silenzio.

a Robydick amante del bel cinema, a Jafar Panahi amante della libertà

lunedì 20 dicembre 2010

ci vorrebbe un'amica

Io penso che questo paese avrà un futuro. E sarà governato dalle donne - Erri De Luca


Caterina e Maria reggiate le redini del potere. Regniate e tessiate le lodi delle vostre terre su arazzi, ammirando i quali io possa, riscrivere e trasferire il mito di Artemisia. Oh, regina, grande coraggio e ardore infuocarono il tuo petto allorché dovesti scegliere e azzardare una battaglia e vincesti, oh, sì, ingannasti il maschile orgoglio e lo innamorasti, facendone schiavo, amante, marito, amico. Ti invoco ora, torna ad animare le menti e gli occhi di povere e sopite donnette, occupanti seggi importanti e ministeri potenti, collegati alle loro facoltà e consegna loro la radice ancestrale del culto della grande madre. Ella non fatica a carpire il mio messaggio, segue la traccia del mio racconto, non teme l'ambientazione futura. Odo già l'eco di antiche civiltà, mentre sopraggiunge e vedo, attraverso la mia immaginazione, lo scontro ferale, mitologico e visionario: ella riscatterà l'eterno Principio femminile. Spunta dietro una nube scura la luminosa falce, su una punta dolce-venere dondola, scivola e si unisce all'altro estremo forte-marte. Ne risulta un tenace intreccio ripulito e restituito all'antico splendore che ricalca ed esalta il disegno delle origini, tagliate e strappate, ma ricucite e restaurate, per riportare alla luce, oggi, la storia leggendaria e reale dell'amore e della grandezza della regina per il suo Mausolo e proiettare, domani, le figure possibili delle donne ribelli e sollevate dal giogo maschile. Qual è il tuo nome? Chimera. Ho il compito di proteggere il Prodigio perché non venga schiacciato e favorirne la realizzazione ogni qualvolta voi lo vogliate. Metamorfosi si rivelerà. Vi farete libere e crescerete, e vi farete copie, in abbondanza ed inesauribile ricchezza verbale, riproducendo e rimandando il sacro fuoco al mondo nel suo fluire incessante. Corpo di donna e grazia divina. Sintesi perfetta sulla quale pongo l'accento e nella quale si combinano sogno e natura. Qui la traduco in favola. C'eran due ragazze particolari che divennero presidenti nei loro paesi… oggi son più di due, son tante.



Oggi ho ricevuto da milioni di brasiliani e brasiliane la missione più importante della mia vita. Questo avvenimento, al di là della mia persona, è una dimostrazione del progresso democratico del nostro paese: per la prima volta una donna sarà presidente del Brasile. È il momento di sottoscrivere quindi il mio primo impegno post-elettorale: onorare le donne brasiliane affinché questo avvenimento, finora inedito, si trasformi in un evento naturale. Che possa ripetersi e ampliarsi nelle aziende, nelle istituzioni civili, nelle entità che rappresentano tutta la nostra società. L'uguaglianza di opportunità per uomini e donne è un principio essenziale della democrazia. Mi piacerebbe molto che oggi i padri e le madri guardassero le proprie bambine negli occhi e dicessero loro: SÌ, le donne ce la possono fare!

mercoledì 15 dicembre 2010

bugiarda

Gli uccelli attaccano un chiasso atonale
non sincopato
da un albero all'altro,
canti di rugiada
le cui canzoni non hanno parole
da un albero all'altro
quando la notte si mette le sue lenti scure,
una su questa fronda, altre due là dietro.

- Le parole, come tutte le cose, colte nella loro finitudine.
Qui iniziano, qui finiscono
per quanto in alto si sollevino -
io lo so, e questo è il mio castigo,
e non amo mai nulla così tanto
da imprimere in me un marchio
e calarmi di colpo nella beatitudine.

Charles Wright

È una fase delicata. Uno di quei giorni in cui, quello che hai sempre desiderato è calpestato, quello che non avresti mai considerato si sta avverando, ciò che consideravi un cimelio da mettere all'asta non rende un centesimo, ciò che avresti venduto, appena acquistato, ti regala un sorriso a sorpresa. Sì ma mi diverto poco in verità. Ed è per rendere omaggio alla mia secolare indecisione che entro, mi guardo intorno, mi siedo cinque minuti, cerco nel menù qualcosa che mi piaccia, tanto ma troppo costoso, mi alzo, per niente a disagio, scivolo via e fuori alzo gli occhi all'insegna luminosa, smorfia di curiosità, come se non l'avessi mai vista. Questa è la scena mia preferita. Sembra un messaggio cifrato. Ma no, sei tu che credi che esista una comunicazione perfetta scritta. Io devo guardarti in faccia, cancellare ogni traccia di contraddizione, con una manata spostare tutti i fraintesi, evitare che si corrompa ogni utilizzo di inflessione, stabilire un rapporto stabile tra parola ed espressione, una convergenza e concordanza di codici di comportamento… voglio una pacifica ricezione di ogni tuo gesto. Ma se riesci ad essere talmente infida e oscura che nemmeno tu, rivedendoti, saresti in grado di riconoscerti! Oh, però ti diverti!

Sei il termine ultimo di un processo mistico. Metto fine alla serie di presagi e prendo posto insieme all'assoluto. Sostituisco ogni forma aliena, ti rendo fedele, enigma affascinante, unico scopo della vita, ma io avvolta dalla nube dell'incertezza, potrei in una sintesi suprema presentarti una o due, al massimo, ipotesi possibili relative alla natura del nostro amore, io incarnata e finita. No rinvio, ritrovo il mito, la metà di me non esiste all'infuori di me, nello slancio a possedere una verità potrei indebolirmi e perdere, sul serio, l'unica aspirazione, vera… alcune per anni, altre per un giorno.

Soltanto le cose inerti non aggiungono nulla a ciò che sono… la vita è il romanzo della materia.

lunedì 13 dicembre 2010

scomparto mente


Chiudi… ti rubo un bacio. Cos'hai scartato? Asso di cuori. In un laboratorio di nuove emozioni, tra una spiata attraverso la tenda accostata e una sbirciata fuori dal finestrino, scorrendo dal braccio appoggiato al tavolinetto fino al collo abbandonato alle tue labbra, hai avvicinato furtivo l'orecchio e hai rimarcato, lentamente, sillabandolo, l'ultimo invito a correre nel vagone ristorante. Lo sai non si può. Non ci credi nemmeno tu. Stralunata alternando voglie e ritrosia hai favorito invece le mie carezze, e ora nella poesia dell'allungata geografia delle tue gambe, sei addormentata e in pace. Io vado con la memoria ai miei estenuanti viaggi, di là del confine, attraverso i confini, in compagnia di improvvisati cacciatori e affabili prigionieri delle mie storie, nelle quali non ci sono catene, né divise, né marchi, né colpo in canna. Vagonate di bestiame che sprigionano un odore che fa perdere i sensi. Lasciali stare. Non serve riportare a galla tanto marcio. Non è marcio, abbiamo imparato a viaggiare? Siamo in grado di accogliere? È un'ossessione. Ti consiglierei di non pensar troppo… Io divago, mi perdo, arrivo fino alla motrice e mi accorgo ch'è disabitata. Faccio parte di un mondo a parte che ondeggia e sbalza ad ogni scossone, ad ogni cambio non proprio perfetto, fermi e sempre in moto, un corpo solo, un'anima sola, insieme di corpi e anime smembrate, quando varchiamo quegli scalini e sentiamo il pfuf dell'ermetica chiusura, diventiamo isola su parallele disunite, prevedibili, strane, eterogenee, imperscrutabili…

giovedì 9 dicembre 2010

lo-fi


Non amplificarti, li sento. Decido di tuffarmici a capofitto, di piedi non riesco. Voglio sentire l'acqua che separa in due direttrici la desolazione della mente. Sulla scena entrerò in silenzio, e la gente comincerà a intendere, dapprima, un carillon sfibrante, poi di seguito, pian piano, quasi come una parabola ossessiva, la discesa tra i flutti, incessanti, ripetuti, manovrati ad arte, a sommergere e a quietare. Tutto ciò che non sarà mai possibile in realtà, in sogno io posso. Trasognato e straniante il mio abbandono in un eremo da me stesso costruito, in cima a quei rami, al di là delle fronde, solitario e fiero, distante dall'affanno, affondo le mani nell'ideale nuotare, tocco col dorso e con i palmi sui quali mi si è sviluppata una resistente cartilagine, solco i mari, abbatto la soglia temporale, annullo le distanze, maestoso pesce, avvolgo e m'inarco in spire sinuose in un crescendo febbrile, m'abbasso al passaggio di frotte luccicanti e sontuosamente vestite a festa… riprendo vigore, mi sfianco, mi mescolo, mi lascio accarezzare da spugne e coralli, sobrio e alimentato da nuova fiducia, mi lascio trasportare dalla corrente amica. Ma quella tradisce, mi sputa fuori in un vortice sempre più alto. Acqua e aria si incrociano a formare un muro celeste e grigio, tempestoso e pacifico s'erige, disordinando e accompagnando il mio volo, poi a un tratto si spegne e flebile mi depone per terra a ripensare alla forza d'urto e alla quiete successiva. Fiume, rapide, tappeto verde, magnolia in fiore…

lunedì 6 dicembre 2010

sconsacrata

Ci risiamo, eh? Sì come uno più uno fa uno. Solo uno. Non è una legge imposta. È la mia. E maledetti il giorno e l'istante in cui mi ritrovassi a pensare il contrario. Ed è già capitato. Il fatto è che non dovrei mai dimenticarmi, non dovrei mai… illudermi che con il solo desiderio di ridisegnarmi tutto un nuovo abito addosso possa esser un'altra. Sono una illustratrice, è questo il danno maggiore. E cos'è questo nuovo ritratto? Chi è? Fuori dai contorni c'è tutto un paradiso, potrebbe esserci una diversa realtà, e invece no, non c'è nulla di più autentico di quell'espressione famelica appuntata sulla fronte di quella donna divorata dal bisogno di uscirne, di separarsene per sempre. Un fantoccio, ecco cosa sei. Vivi nel terrore della denuncia, del sospetto e della menzogna. Non sarai mai una ribelle, vivi storie di abisso, eresie e frustrazioni, paranoie e scosse private con frequenza disumana. Sporchi, vìoli e forzi con inaudita violenza quel bel cassettone passato di madre in figlia… tutto il corredo, lenzuola finemente ricamate che non vedranno altro che ombre sfuggenti, o semplici comparse. Quando ti deciderai a mettere la testa a posto? Rimane inascoltato l'appello. Incarognita e imbruttita ti impaludi in un soliloquio da ore, giorni, anni; stai girando in tondo, senza pausa, caviglie, sottili, ormai inesistenti chiuse in anelli di metallo che mordono, divorano, spendono, sperperano. È il mio regno, cosa vuoi? Faccio un'ultima pazzia, poi basta. Calo giù e nel fiume infestato delle mie stesse frustrazioni, mi sobbarco di altra scostante e depravata solitudine, conio una nuova moneta, figura poco sacra come effigie: ennesima caduta di stile, ma è il mio, luce intermittente e cortocircuito di eleganza e bon-ton! Questa non è democrazia. Son tiranna del mio deserto.
… il disegno era il mezzo per trasfigurare il mondo… Come se la vita, quale che sia, ricreata dalla punta della mia matita, assumesse all'improvviso la sua autentica importanza e il suo vero significato: quello della realtà.


In ogni specie sono i solitari a tentare esperienze nuove. Dietro di loro la traccia aperta si richiude.

giovedì 2 dicembre 2010

con dedica


Lo apro, e la consulto, come fosse bussola, come fosse vento. Ed è direzione, nella quale m'inoltro, e raccolgo e li percorro, tutti questi codici. Ne estraggo tanti. Eppure tale percorso dovrebbe essere inquadrato. E invece non incontro ostacoli, non m'imbatto in fil spinato. Il mio sentiero è lungo e si fa sconfinato. La mia poesia può essere considerata femmina, è naturale, sono una donna. Eppure il mio percorso di crescita comporta il raggiungimento di una fase più matura dell'impegno poetico, e compagno di viaggio è la mia metà-maschia, cammina insieme, e io accanto, di pari passo con il disimpegno di genere. E continuo a leggere. Transito lento lungo spazi illimitati, manifesti agi negati a me e ai miei talloni. In tutti i luoghi in cui andrò ci saranno un letto e una sedia e un tavolo. Leggere e amare e scrivere. Amare e leggere e scrivere. Prendi il primo, avvolgilo intorno al secondo, gira il terzo sul secondo. Non è forse un bell'intreccio? Ossessione e giustificazione. Il mio punto fermo. La mia fortezza inespugnabile. Un diario fedele. Apro le virgolette e riassumo in poche parole la mia vita prolissa, note che si fanno vicende, periodi che sono quotidianità; chiudi, ruota il paravento dei miei sentimenti, sintesi dei viaggi attraverso la passione e i suoi interpreti, personaggi e i miti della mia storia, immagine riflessa e modello che aumenta, allarga, arricchisce la nostra vita verso tutte le altezze e tutte le profondità… son distaccata, sola, in polemica e con una parte e con l'opposta, critica e aspra, sfogo la mia irritazione contro coloro che non riescono e non vogliono superare le barriere di classe, saltare le posizioni ideologiche, le confusioni e le matrici integraliste e intellettuali. Scavalco e mi fermo lassù a contemplare l'unità. L'amalgama delle differenze e non son più tali. E tutti di qua son nani. Quanti storpi, quanti decimati delle proprie facoltà. Guarda e io le vado incontro, si apre da sé. Io mi siedo là: guardo, canto, grido, piango. Mi confondo con l'immagine degli alberi e sono consapevole che qualcuno mi ascolta, qualcuno che esisterà tra duecento anni o che esisteva già trecento anni fa. Parla a me. Solo a me. Non l'ho cercata. L'ho trovata. È così che posso, quasi per caso, trovarvi quanto vi è di nuovo in me. Tonfo secco. Morirò in inverno. Son nata in inverno.

Crediamo pure
crediamo pure all'inizio della stagione fredda
crediamo pure alla rovina dei giardini del sogno
alle falci riverse ed intonse,
e ai grani imprigionati.
E guarda adesso, come nevica

a M. e G.

martedì 30 novembre 2010

ombre


Non credo più sia un gioco. È sempre stato avviluppato dall'immensità della notte il mio paese. Basta farci l'abitudine. Pulire accuratamente, stare in silenzio e aspettare per vedere dove andremo a parare. Intanto preparo l'ambiente e studio l'atmosfera. Tutto dev'essere perfetto. Ogni cosa al suo posto, non per semplice scenografia, è teatro, che metta a proprio agio, rilassi, distenda. Faccio scendere il livello dello stordimento da modernità, mi dedico all'eliminazione del tabù dell'impurità di moda. Lascio annerire i piatti nel mobiletto da esposizione. Quella patina del tempo che alla luce fioca della tradizione vedo posarsi graduale e crudele sui simboli della mia giovinezza quando tutto era sconveniente, troppi gesti da oscurare, tutti i giorni da censurare… A volte mi chiedo cosa ci sia di male, non si è liberi di far quello che si vuole?



Ci soffocavano i lamponi che, bisbigliando,

spiccavi, e il nostro bisbiglio tacque nell’aroma

solo quando con le labbra colsi dal tuo palmo

i frutti che il profumo del tuo corpo intrideva.

Divennero i lamponi strumento di carezze

le prime, le più stupite, che nel cielo intero

altre ebbrezze non sanno, che non siano esse stesse,

e nella propria stranezza vogliono ripetersi.

Poi non so, com’è stato, né in che palpebrare,

hai sfiorato col labbro la mia fronte sudata,

io ti ho preso le mani - me le hai date, raccolta,

in quel persistere intorno, denso, dei lamponi.

Bolesław Leśmian


Possibile che si trovi così imbarazzante assaporare fino in fondo, soffermarsi sui sommi piaceri? Tu lucidi, io distribuisco zone d'antichità. Dietro quel paravento scorgo la tua sagoma che striscia, si avvolge, si allunga in maniera bizzarra, ma raffinatissima, verso i cuscini posizionati per terra sul nostro giaciglio e attende, mi chiama.
Per cominciare, spegniamo le luci. Poi si vedrà.

mercoledì 17 novembre 2010

Are you dead?



Ma è nuvolo? Non c'è più luce… cos'è successo? C'è da tagliare il grano, raccoglierlo e stiparlo. Non hai fatto il tuo dovere. I fiori che avresti dovuto estirpare sono ancora lì. Non credere che io non mi accorga della tua inerzia. Non fai altro che provocare, opporti, e intanto sprofondi, sempre più disperato, sempre più solo. Giri in tondo, e scavi la tua buca. Quando sarai stremato, una bastonata ti precipiterà nel centro. Continua a girare. A forza di strattonare ti rimarrà un lungo e largo taglio sulla gola, tira. Continua a tirare. Ti ho succhiato tutto il midollo, randagio, abbandonato, ma pieno di energia divina. Ogni volta cade, ansimante, e ogni volta si rialza, in una forma di schizofrenica lotta tra auto-distruzione e spirito di sopravvivenza. Disadattato ti ho raccolto per strada, ti ho ripulito, ti ho nutrito. Ma tu sei refrattario ad ogni tipo di guinzaglio, non pieghi mai quella testa pulciosa, quelle orecchie orgogliose, sei un visionario, non sei capace di esercitare un controllo sulle tue creazioni. Ti fai e ti mescoli con le tue stesse stupefacenti escrezioni. Non sopporto più il tanfo… Lo fai apposta. Sei strafottente e algidamente pretenzioso… Ti prenderei a pedate, ma so che mi farebbe male. È come toccare ghiaccio. Ti bruci e non capisci perché, butti fuori anelli di vapore e intanto continui a sentire un caldo infernale. Sordido e selvatico l'ego tuo se ne va dopo aver rotto il giogo. Avrei dovuto metter in conto quest'ultimo strappo. Bentornato. Che fai Ian? Mi chiedi con in bocca un tozzo di pane e tra le unghie un osso. Tu rimani, vado via io.

venerdì 12 novembre 2010

L'avrei saputo…


Perché non cominci la distruzione - rispondono. E richiesti se temono che appena tolte le impalcature la città cominci a sgretolarsi e a andare in pezzi, soggiungono in fretta, sottovoce: Non soltanto la città. Se, insoddisfatto delle risposte, qualcuno applica l'occhio alla fessura d'una staccionata, vede gru che tirano su altre gru, incastellature che rivestono altre incastellature, travi che puntellano altre travi. Che senso ha il vostro costruire? - domanda. Qual è il fine d'una città in costruzione se non una città? Dov'è il piano che seguite, il progetto? Te lo mostreremo appena terminata la giornata; ora non possiamo interrompere - rispondono. Il lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantiere. È una notte stellata. Ecco il progetto - dicono. Sto esplorando, ho tracciato la rotta su un foglio a quadri, ora i segni si confondono, ma è lì, non vedi? Io sbircio qua e là, a volte mi basta uno scorcio ed è mia, quella visione. Era una vecchia cartolina sulla quale, bimba, avevo scarabocchiato, me, papà, mamma e Giando. Su quattro piani differenti. Ai confini del mio impero. Affiora e la rintraccio. Ed è così chiara e triste, ché quasi piango. Ci ho giocato così tanti giorni, minacciando tutti in incubi e maledizioni: non la toccate, ch'è così bella, tonda e stretta. Ci torno spesso, ormai. Sembrava non interessarmi, è in fondo, come l'ultimo appiglio, una spirale che mi risucchia nella corrente infernale, un vento che sfoglia e spinge in direzione non più propizia. Avrei voluto far spazio a qualcun altro… qualcuno da riconoscere in tanto chiasso, qualcuno da cercare e trovare in così grande rischio. È diventato raro e innocuo l'inferno. Cosa dovrebbe essere questo? Paradiso? Deve proprio assomigliargli tanto. E io nascondo bene la sorpresa dietro il neo alla mia sinistra e le lacrime dentro la seconda ruga a destra, archiviato proprio sotto il discorso segreto, l'ultimo, non ultimo, povero mio lobo in fuga verso altre possibilità esistenti. Mi appoggio esausta al muro. Mani sulla fortezza pensata e occhi su quella vera. Avrei dovuto imparare a far la sfinge molto tempo fa. Insegnare ad altre le regole, gli inganni, gestire desideri e sogni, costruire domande e risposte, demolire coincidenze e sospetti. Io non so, se basteranno queste mura a contenere tutti gli scontri, a cacciare o ad accogliere, a sostenere o ad abbattere, a proteggere o a intimare la resa. Avrei potuto individuare i punti deboli, affrontare le nuove resistenze, fuggire le vecchie congetture, seguire il principio e assistere alla fine, entrare, perdermi, girare, ecco l'uscita, la vedo, ne vengo fuori, la guardo dall'esterno, non la riconosco all'inizio, poi apro bene gli occhi, l'abbraccio tutta, la stringo a me, che non vada via, che non mi allontani troppo, sovverto, caccio un urlo, mi poso, distesa su un lato a contemplarla e ad accarezzarla… anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura, d'una città non godi le sette mura o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. O la domanda che ti pone obbligandoti a risponderele città non sono altro che la forma del tempo. Non lo sai?

sento nuovo profumo paesello mio

mercoledì 10 novembre 2010

umorale




Hai un segreto, dì la verità… pacifico ossimoro che potrebbe impressionare chiunque, ma non me. Nasconde un progetto, a dire il vero… ma di fronte a cotanto bendidio tu ti faresti distrarre da una volontà omertosa così evidente? Lascia correre. Le attese sono state talmente alte che ora, leggendo, attenzionando, sono arrivato alla conclusione che la tua è lucido disegno, anche se non so quale sia il personale tornaconto. Sembri così poco algida che non ti si attribuirebbe la razionalità eccezionale che questa serie di racconti sta tirando fuori da un po' di tempo a questa parte. È una continua beffa. Ci si scalda, ci si ricorda, ci si commuove, ci si arrabbia e tu? Vorrei guardarti mentre scrivi, anzi, mentre le pensi. Mi sforzo, m'impegno, ma non riesco proprio ad immaginare la tua espressione. Diciamo che a pensar male si pecchi ma spesso si indovini, ok? Io ti vedrei esattamente con quella espressione lì in alto. Non credo che ti si torcerà un capello se avessi la grazia di confessarlo. Essere malizioso che alberga in te rispondi. Hai un sacco di munizioni o tanto coraggio? Non credi che metterti così a nudo, possa esser pericoloso? Val la pena raccogliere i sassolini che lasci cadere, li rintraccerò tutti e comporrò un bel quadro surreale… A licenziarmi in quattro e quattrotto sono i suoi occhi: nuovi e lucenti lampi che seppelliscono i vecchi, disturbi e concezioni, inferni e cure, in fretta aggiunge all'elenco, con lentezza spinge via gli stati d'animo, tutti al muro, in attesa dell'esecuzione.

lunedì 8 novembre 2010

hypnotist

Hei… sto qua sull'ultimo ripiano, scorri con le dita, no, verso l'alto… ecco, sì, ti sento… uhhhh! eccolo! Ma da quand'è che lo cerco? Mi peschi dopo averli fatti roteare tutti, forse un centinaio, per te è quasi capogiro. Ti volti di scatto e al diciottenne, che da dietro il banco ti guarda tra lo sfottò e il comprensivo, dici: tutta la musica psychedelica di questi ultimi anni non esisterebbe senza loro! Ma chi? Loro, no? Bardo Pond. E chi sono? Se vaffa ti sembrasse poco ci aggiungerei una serie di scarni e fumosi, ma efficaci cazzo ci fai in questo music's shop, che ne dici? Sei di umore nero? No, anzi, più viola non potresti essere, e dal viola livido via via fino al giallo, tutti i colori del prisma, quelli risultanti della rifrazione della luce… su due canali distinti, tanta felicità e tanta rabbia impotente. Ma oggi è giorno di festeggiare. Paghi, anche se per la lezione avresti diritto ad un omaggio e voli fino a casa. So dove lanciare l'amo. Ti ho riconosciuta appena ti ho vista entrare. Hai stampata in faccia l'assenza e l'allucinata espressione del navigatore vocato a cercare e non trovare. Il mio canto di sirena t'è rimbombato dentro maestoso e con esso ti sei persa. Una voce liquida che t'ha sciolto i confini e le difese, ora ti espandi ad ogni istante come la pelle di due rane nell'atto sessuale. Abbandonàti al flusso, l'unione e l'incontro tra le nostre energie esplodono in un'armonia dolce e sferzante che interferisce e distorce, ci scorpora e ci allontana dalla materia densa per ricomparire semplici essenze immateriali… siam pulviscolo nello spazio nero, particelle luminose, scie vaganti che trascinano via tutto nell'occhio del ciclone, inesorabili, sovvertono l'ordine predeterminato senza alcuna riserva, senza alcuna possibilità di resistere. Ti allarghi, ti estendi, non riesco più a contenerti, ti attorcigli attorno a una linea indefinita, abbozzi una eco libera che si protrae all'infinito, spicchi un salto al di là dello stagno… eccolo, il compimento, allucinata e inebetita spirale, spogliata di ogni costrizione, bellissima e senza tempo, larga e incontenibile, sei alla deriva, ormai, totale consacrazione, mi sfuggi, ormai un riflessoamen.

dedica per associazione di idee a Il Rospo dalla Bocca Larga… :)

venerdì 5 novembre 2010

sotto e sopra


Rifugio Care Alto. Trentino.
Foto stupenda cedutami gentilmente dall'amico Ruz, cultore di stenopeica!

È stato un attimo. Una frazione di s e c o n d o ! si dice così no? Notte-giorno. Buio-luce. Basso-alto. Uomo-animale. In quel poco, insomma, ho capito, svegliandomi di soprassalto, era stato tutto un sogno. Al diavolo. Il fatto è che ero lì lì per toccarlo. Ero angosciata, madida, ma ne valeva la pena. Ora mi rimane un peso, un tormento, e sono anche peggio. Mi sono ammalata di sogni. Anche quando incombenti e tormentosi li preferisco al risveglio e al mattino con le sue regole e la luce. Ordine e pulito. Rivoglio il caos e il buio. Bramo dal desiderio di ritornare a sprofondare in quel selvaggio profumo, divincolarmi tra le lenzuola fino ad annodarmici dentro, lottare con le assi del letto, farlo cigolare forte in un convulso moto ondulatorio e sussultorio che percuote e solca e sopraffà ogni volontà crollandola e franandola in segreta remissione. Sarà che ho ricominciato a fumare… può darsi. Sbaglio sempre direzione. Il fumo in spirali mi avvolge e mi fa inconsistente ed evanescente fino a perdermi nell'aria che mi circonda, mi adatto e mi ci mescolo. Ecco lo rivedo, io docile, lui, impetuoso, mi raggiunge e mi bastona fino a gambizzarmi, ma il mio spirito indomito non rimane inerme, ragiona, si conserva e non cede. In quel tempo sospeso, non è più lui, non sono più io, seguo con le dita i contorni indefiniti e grazie ad essi, confini non delineati, linee non confinate, mi libero in fragranze avvolgenti, ammiro, indistinta e inattesa, una bellezza che non mi sbaraglia e non mi governa. La affronto tranquilla, mi prostro e mi rialzo, sfumo appagata, destandomi nel grande dormitorio del mondo, come se tutti, le piante, le bestie e anche gli esseri umani, esalassero i loro segreti e i loro sospiri.

martedì 2 novembre 2010

no satisfaction


Sono uno spasso, non c'è ombra di dubbio. M'invento occasioni di risus abundat anche nelle situazioni più anguste e sinistre. Il più delle volte son risate sardoniche, raffiche spiazzanti e spazzanti, tempeste che non hanno bisogno di avvisaglie, si scatenano e sorprendono. Portate sempre un ombrello richiudibile, vi conviene. Quanto sei stupida! Oh, grazie, tu invece che srotoli metrate di muso e tiri fuori dal cilindro quintalanze di fesserie per farti bella e buona e brava, che sei? La butti giù pesante, ti aggrappi sulla schiena di quel poveretto tuo fidanzato che tu ti ostini a chiamare 'il mio amico' perché fa più fine… sei intelligentissima, ma smettila, e taci, anzi, fa di più e accontenta file e file di persone impazienti, scaotizzati, fai un po' di raccolta differenziata di rumori e puzze e capelli in posa, fighetta della peggior specie, la miss della schierata accozzaglia che Alekermitt volentieri prenderebbe come protagonista del suo prossimo episodio de 'La notte dei truzzi', quella che naturalmente fa la più brutta fine che io abbia mai potuto vedere al cinema, in tv… e in radiodramma. Grazie Socio mi faresti un piacere, ti pago è ovvio, se proprio non dovesse essere efficace la mia pubblicità, il mio mestiere tra l'altro. Dicevo… son tanto tanto divertissement, presa di fondoschiena e scivolo spesso, sui miei stessi apprezzamenti, sui miei stessi commenti, volo via e atterro pesantemente sulle mie stesse uscite di sicurezza… no, li vedo i cartelli, l'ho visto il disegnino uomo/donna, ma non sono mica scema, preferisco l'uomo, no? Eppoi che due… non casca mica il mondo, per una figurina ogni tanto, è avanguardia, regole che saltano, vento di cambiamento, controsenso tipicamente mio. Cosa credete, io scientificamente imperverso, sperimento e studio i risultati. Così già so, durante, poco prima, e subito dopo, chi sia così resistente da sottoporsi al prossimo… turno, si ripeteeee. Montagne russe, ce le avete ben in mente? Ecco, sottosopra, giro della morte, senza via di scampo una volta che si sia imbracati, voci fuori campo, urla disumane e la mia voce megafonata divertita e coinvolgente che nel cielo grigio e triste colora e stria un arcobaleno disarmonico… centrifugato di cori e acuti, sono attrice che recita vari generi, tendo costantemente a sottovalutarmi, liquida e frivola, ma in assoluto schizzo ed evolvo, mediamente libera e per nulla soggetta a razionalismi e generalissimi ordini dall'alto, mood che dalla superficie erudisce nel profondo della mente, beffarda e demenziale filastrocca, spigliata e vorace, come timida e risparmiatrice. Sei una contraddizione vivente! Ultimo scoppio isterico: cada la spada sulle tue polverose e mediocri osservazioni, non vi puoi proprio rinunciare, eh? Lo so, barbie, lo so, è difficile per la tua coerente rappresentazione dell'irrealtà, accettare, o solamente immaginare, quanto io sia indaffarata a cambiare questa stigmatizzazione sociologica, è un macigno che il tuo big-gym non riuscirà mai a spostare, massa informe e destino arido, tanta grassa ignoranza sui vostri bei muscoli tirati a lucidi con calorico olio… invece che passar le ventiquattrore a tirar sù pesi, avrebbe potuto soddisfare te, in articolati venti minuti di sano sesso! Tutto sudore e fatica sprecata. Sì, hai ragione, non vibrare più ora, sei più irritante della Pausini e Hilton insieme, critica genuina e spontanea, un consiglio materno: va a giocare da un'altra parte! Io mi diverto così, e non sono mai soddisfatta finché non constati e calcoli quanto si possa ancor essere strafottenti e dannatamente imprevedibili! Free-drink… e consumazione slow!

giovedì 28 ottobre 2010

eccesso di compagnia



Frastagliami, immergiti nelle profondità ghiacciate, pesca tutta la violenza del mio colore, cattura quel riflesso e realizza una splendida immagine di copertina… Sta pulsando lo sento, è così armonico e allo stesso tempo talmente piagato, ricco e incessante che non smetterei mai, mi accompagna fedele, si muove con destrezza, mi uniforma, mi stimola con carezze sempre più sognanti, mi muove e mi separa, mi raccoglie e mi unisce, sfuma e introduce nuove screziature e io mi addentro in abissi di tenebra, distanti e progressivi sprazzi di luce addensano e coinvolgono… me sola, rara, viva. Ti sei stabilmente trasferito dentro me, hai improntato tutto, grande curioso e corposo esploratore. Non ti basta indossare un caschetto con fiamma al propano: ci sono vie sconosciute e residui di scoperta appena accennati nei testi che consulti, un universo di suoni e immagini ai quali solo io posso accedere e permettere il passaggio attraverso una serie di aperture, sempre esposta al rischio e giocata con la conferma della difficile comunicabilità. Puoi presagire, puoi variare la strategia, puoi avanzare sicuro o tentennare… io, io sola posso spiccare o saldare le differenze, riprodurre e travalicare, affondare o offrire uno scoglio liscio su cui planare e poggiare. Imposta e introduci i dati. Ti indicherò l'itinerario, lunga-lenta-con-soste-ristoro.


Le solitudini sono perfette, solo le solitudini

mercoledì 27 ottobre 2010

Offro

Un albero svettante, alto, sottile, forte. Dove sei? Son qui. Lo reggo, ti sostengo. Tu mi porgi una coppa con del sangue e io ne bevo. Immobile attendo che ne prenda e partiamo con in mente la bellezza di un fermo immagine. Non è un dettaglio, è un chiaro indizio. Guarda, dici, guarda le mie lacrime, guarda a me, cuore e occhi piangono a te amaramente. Abbozzi un sorriso, ma so, quanto soffri e quanti pochi giorni hai da vivere. Due giorni fa ho saputo di te e della tua anima che sta lasciando da mesi il tuo corpo e nulla puoi… Cara, cosa posso io? Nulla, rispondi, i committenti han deciso. La tela è pronta, e passano a ritirarla! È un'offerta, lo faccio volentieri. E tu non dovrai far altro che ringraziare tutti, baciare per me quelli che voglio che vengano, e consegnar loro quello che son stata e immaginare quel che avrei potuto diventare. Sei un'opera incompiuta, un abbozzo, troppo giovane e singolare, tratteggiata ma così evidente, manifestazione e meditazione molto profonda, per nulla banale. Ti stagli in forte contrasto su un cielo grigio plumbeo, tutt'uno con l'acqua e con la curva erbosa, le radici ti inclinano, ikebana grande e meraviglioso, non hai più chioma e i rami due o tre appena, sono ritti e fiochi, ma tu riluci sulla superficie caliginosa. Tanto silenzio e aria immota mi congelano. Son seduto sull'erba, la schiena a farti da base, o io m'appoggio a te? Ehi… ohhh! Hai sete, ho dell'acqua. Son serio, non scherzare… ma tu non rispondi, te ne sei andata zitta, zitta col buio e io? Che ci faccio con questo secchio in mano? Te ne lascio un po', in dono, è pesante, ma cos'è un dono senza sacrificio?

dal 2007 (Milano - Marzo)

lunedì 25 ottobre 2010

sfoglia…

… gira. Agita. Non è qui. Ti farei saltare io, per bene. Non ha per niente un buon sapore, secondo me ci hai messo troppa menta, o troppo rum. C'è un fondo di amaro che non sopporto. Crisi? Lavora. Precario? Espatria. Ignorante? Leggi. Il fatto è che sì, ti dico, capisco. E invece no, non riesco a calzare quei panni, mi farebbero sembrare un clown. Dovrei forse spe ri menta re. Rimango immobile per una giornata. Piazzo un bel piedistallo, mi impiastriccio la faccia con del cerone rosso, m'isso e sotto la pioggia o il solleone m'aspetto. … continua a girare. L'intruglio non è ancora ben prodotto. Ci hai passato sù una zaffata di caldo e candido troppo raffinato. Un attimo fa mi avrebbe fatto girare la testa, ora mi sale sù un soffio di schifo. Sei in buone mani. Ti farò diventare famoso. Che? Chi te l'ha chiesto? Lavoro? Crisi. Viaggio? Pirata. Leggo? M'infiammo. Credo, farò una strage. Mi caricherò sulle mani tutta l'anima che riuscirò a prenderti e mi saturerò gli occhi, sempre più contrasto, ancora di più. Una cosa è certa non sai mischiare, scuotere e sbattere e non provi gusto nemmeno ad incazzarti. Tutto quello che devi fare è farti ricoprire, andare alla deriva, in quel largo cambio di rotta ti lasci naufragare e poi, se ne hai voglia, riemergi e ti perdi in questo nero senza lime, spruzzaci soda e passamelo. Trito? No, per la precisione, è spaccato di vita mia a mano. Ora.


il cielo non mi giura tregua…

venerdì 22 ottobre 2010

metamorfosi


Trasformazione! È una favola splendida, un affresco sontuoso che la mia sfarzosa immaginazione ha creato e ha raccontato. Sono una sensibilità inquieta, tormentata, che trova nel cambiare aspetto l'unica via d'uscita a una situazione impossibile. Amore non è desiderare l'altro diverso… e infatti ne ho fatto una bella copia e me ne sono innamorata. L'ho plasmato a mia immagine e somiglianza, ed essendomi resa conto dell'errore, ho cambiato qualcosina e l'ho reso uomo. Ma no, non è passione malata, è semplice spirito di sopravvivenza, attaccamento alla famiglia, fedeltà coniugale e dedizione! Un uomo tranquillo, quiet, da sposare subito. Ma con chi? Non reggerebbe una settimana. Nessuna dote, né armoniose tendine rosa, sospetto a volontà che rifiuterebbe di consumar le nozze, in attesa paziente che la sacra fortuna annulli tutto per intervento falloso da cartellino rosso e mandi le due squadre nello spogliatoio: pari merito, sfida dispari. Credevo di aver imparato regole e procedimento. Avanzo di due caselle, son in pericolo, fa per mangiarmi, io retrocedo. Studio e m'infurbisco, aggiro l'ostacolo, il cavallo fa le bizze, s'avvede, si gira di scatto, mi disarciona. Dalle quinte, una voce irata mi redarguisce: cosa t'avevo detto? Di non rimanere scoperta sul fianco! Mi rialzo di slancio, porto la mano al fodero, ma infedele e avaro, quello m'inganna e mi lascia a secco. L'amore è una guerra spietata. Sleale e disonesto sentimento, mai mostrarsi deboli e indifesi. Il regista pare ora soddisfatto. Rigore e precisione sono i fondamentali. Salvezza. Misericordioso mi lascia andare indenne. E chi pagherà? Chi risarcirà? A non versar sangue, ars vinta, e umiliata, è star peggio. Strano, avevo l'idea che si finisse in duello. Sì, così, io lui contro destino crudele. Ci aveva raffigurati diversi, ci aveva resi uguali, ci aveva divisi in fine.


Quanto più amore mi trafisse, quanto più crudelmente m'arse, su di lui tanto più grande prenderò vendetta.

mercoledì 20 ottobre 2010

la luce


Il ragazzo si china, allunga le mani che passano attraverso il soffice del cirro, preleva la bianca sfera, la solleva e me la porge. Che bella! dico io - non avevo mai visto così tanta luce, e mi rimetto in marcia. Dietro, lui si raccomanda: la perfidia potrebbe ritorcersi contro di te, abbine cura, è solo un simbolo. Ma io me ne dimentico ben presto. La infilo alla sommità del bastone ricurvo e la mostro, come se fosse lo scettro. Ho un gran sonno, mi corico alla base delle rocce e m'addormento. Al risveglio non ho più la vista. Allungo la mano e lo tocco. È lì, ma io non posso più vederlo. Avrei solo voluto che tutti beneficiassero di tutto quello splendore, urlo a me stessa. E invece mi ha accecata per sempre.
"La vita e la morte sono come due scaglie della stessa corazza, l'una vicino all'altra". Questo è un paradiso sulla terra, non avrei mai voluto lasciarlo, perché andar via? Perché quel tempo non c'è più. Perché la nostalgia per un tempo che non c'è più è troppo grande e impossibile da sopportare. Nulla è più così bello e incontaminato. Dune, calde nuvole che avvolgono e seppelliscono. Energia e magia ormai perduta, panorama che sarebbe stato meglio che non fosse mai intaccato da quei maledetti enormi pneumatici, vita morte, distruzione e rinascita. Incanto grande, antico e favoloso, profetico e giallo. Quel bastone mi serve per il sacrificio, domani mi servirà per avanzare a fatica, non più snello, non più veloce. Favola e realtà. Mi purifico e torno al primo stadio della conoscenza. Acqua e fuoco…

lunedì 18 ottobre 2010

nothing's shocking


Secondo te non ho stabilito che volessi venderli tutti? Circolavano tanti pezzi, interpreti carichi di ninnoli, bianchi di cerone, labbra cariche di rosso, capelli ritti e piumati, abiti inverosimili di donnine facili, nei college, nei circoli bene, e io avevo previsto che così fosse. Bistra e strabuzza, occhio che non duole e cuore che non vede, guarda come getto il seme della scoperta sbruffona, invenzione che appaga ogni tua morbosa curiosità, tentativo pubblicitario ridicolo, ma magicamente efficace. Hai toppato, maschera vergognosa, triste e sola, ignobile e prigioniera, vecchia e brutta travestita da immagine del desiderio, capricciosa e sacra icona, smetti quei panni e furbamente imprendi senza porti domande, goditi il segno della catena stretta, registra il suono del clangore della libertà. Leggi abbastanza, scegli la lettura che ti appaghi, che ti sfugga dalla miserabile vita? Per essere grande, immenso, dalla spiaggia dell'ignoranza giungi fino al mare aperto. Cos'è quel gonfiore? Mi attira e mi mina in una lunga cavalcata durante la quale mi si rivela un mondo nuovo, un'interminabile e ossessivo cantilenato, violento e bombardante motivo: potresti far male al bimbo. Non avrei dovuto, è pericoloso. Ma è una danza macabra, tribale e celestiale, alla fine in una roboante spinta dò alla luce un figlio, cosa vuoi che veda? Energia assolata e ipnosi suggestiva, non sono inutile, sono ancora perla, gemma splendente, fuoco intorno e dentro ai falò, in conflitto e in accordo con la mia maturità… sta zitta, un po', il giusto, lo squarcio è troppo largo, campeggia sul candore del lenzuolo mistico, voglio bruciare e cancellare l'errore, lui è venuto fuori e mi stampa un pianto tenue, nemmeno il dolce latte lo quieta, e io intono il mio migliore assolo. In tempi diversi avrebbe spaccato e scorticato il mio gracchio, oggi è miele e sonno, diluvio universale che ricopre e travolge e spazza via le remore e le ultime difese, abbandonati e comincia il tuo itinerante sonno, ne uscirai nuovo, esaltato e più potente, ora dormi…

Noi due siamo posseduti da uno spirito maligno. Il demone della fine del secolo.

giovedì 14 ottobre 2010

maree



Dalle loro chiome cadono, avvizziti, i fiori.

Perfino l'aria che respirano reca in sé il sentore della morte.

Ecco l'ombra incombere, ecco la luce venir meno.

Fosti preso a pelle, quegli occhi spaventosi e fugaci, quella linea della bocca rivolta in basso, mi colpirono, durante un giro distratto, casuale e rotondo, in accoppiata vincente il tuo braccio e la mia spalla si son cambiati repentini e si son raccontati insoddisfazione e infelicità, senza saper nulla di te, della tua storia, della tua voce, io, la mia storia, il mio silenzio. Nulla. Un corpo e le sue suggestioni, anima e corpo si fusero trovando una unica e indivisibile virtù, all'incrocio non c'era alcun segnale di bivio, solo uno sguardo diverso che contemplasse ed esaltasse la bellezza e la sorpresa. Dal buio pesto grazie a un raggio di luna, oh, che fortunata coincidenza, il tuo volto, levità e armonia, esce dalla confusione dell'ombra e si rivela; a me che indago, ossessiva e arida, regali stralci d'incanto e spirito eroico, trasportandomi ora con forza ora con dolcezza, come onde frangenti, tempestose e persistenti, all'apertura del sentimento, alla conoscenza di sé, all'intimità della natura…



Trasse un profondo respiro e fu come se una parte di quell'invisibile che costituisce la natura avesse permeato l'intimità del suo essere. Yukio Mishima

martedì 12 ottobre 2010

dear…


Scosta quei capelli ché non vedo l'espressione che hai negli occhi. Maledetto pagliaio in disordine, ti ci nascondi e ti prepari ad attaccarmi. È un berretto al quale non potresti mai rinunciare capitano. Ai gradi sì, quelli li hai staccati a morsi e li hai sputati lontanissimo. Avevi un progetto e lo hai completato. Sei contento? Che inietti? Nel candido letto ci sono chiazze scure. Un variegato da intenditori. Buono, ricco, mai superficiale. Sotto la scorza da impassibile e carismatico, gratta, gratta eccolo, lo scavezzacollo, eccezione e conferma, sì, però le regole lasciamo che le rispettino altri, io ho voglia di viaggiare, molla gli ormeggi e salpiamo. Dispiega quel lenzuolo, soffiaci vento e via… linfa vitale, sento rintocchi lì ad ovest, non mi va di attraccare, non la voglio ancora la terraferma, arrampicati sull'albero maestro e allontanala, quando scenderai ti prometto notti insonni e rumorose e spruzzate leggere di nostalgiche tonalità. Vuoi che salga anch'io? Solcheremo i cieli, rasenteremo la pazzia in vista della celestiale melodia e nella tua chioma si fermeranno i cirri a donare riposo alle nostre lingue stanche e alle nostre pagine piene. Molto romantico. Delizioso e stretto. È tutto un buon presupposto, tu mi ricordi, ma io non credo, è perfetto, troppo…. Scelta dei tempi e livelli emozionali, sofferto insieme, splendido stato di grazia. Qualcosa mi ticchetta sulla spalla… tocca corde dimenticate, profonde, crudele e rilassato. Io no, perdo l'equilibrio, mescolo e rimescolo, mi rabbuio e sfavillo, m'incupisco, un ultimo barlume… è il tocco di quella libertà che mi ucciderà, dedicami una canzone quando non ci sarò più, dovrà essere legata indissolubilmente all'immersione intima che aprirà e chiuderà, dialogo distensivo, pianto e riso, rumori di sottofondo, usci socchiusi e correnti d'aria improvvisa, una secchiata d'acqua… sale negli occhi e sulle labbra, capelli intasati e orecchie zuppe, tu mi lecchi sul polso, depositi una traccia indelebile, m'arrabbio, ma rido, tu batti le mani, contento, standing ovation: tempi duri e grinta da vendere, energia e sogni, stagioni piene, caldo sopportabile, freddo scolastico, ispirazione da canuto bambino, scherzi e giochi, vita e sincerità, sorte tirata e salvezza guadagnata, sposta quella virgola, non mettere il punto, non esagerare con i sospensivi, sono impigliata da una ragnatela tessuta ad arte, io sono il ragno? A turno

lunedì 11 ottobre 2010

quid est amor


La speranza di pure rivederti
m'abbandonava;
e mi chiesi se questo che mi chiude
ogni senso di te, schermo d'immagini,
ha i segni della morte o dal passato
è in esso, ma distorto e fatto labile,
un tuo barbaglio.

L'espressione mia dovrebbe essere più o meno quella. Occhi sbarrati e bocca aperta in una O con durata minima di tre minuti. Vorrei vedere se vi capitasse uno così cosa fareste. A me è salito un brevissimo brivido gelido lungo tutta la schiena come solo la morte può regalare nel momento in cui decide di farvi visita. Non bussa mica, entra e nemmeno un invito a prendere un caffè potrebbe ritardare il previsto epilogo, prego si accomodi, mi farebbe piacere offrirLe qualcosa da bere, che so un digestivo. Mi aspetterei che scoppiasse a ridere, vi soffiasse in faccia una zaffata di sana e mefitica afasia, vi tranciasse di netto e… buon riposo! Ecco a voi una tragedia che si è consumata in poco più di cinque minuti.
Prima o poi.
Prendo un bel foglio di carta bianco, prendo in mano la matita, traccio in mezzo un bel cerchio, con le forbici percorro tutto il perimetro ed ecco un bel buco, lo avvicino alla faccia e guardo attraverso. Se sei attento, lo vedi… Lo vedi? Certo, lo vedo. L'ho immaginato con tale forza, e ho determinato, con precisione l'incontro con lui. Non diciamo castronerie, però. Non è che si tocchi il cielo con un dito. Non si arriva a Lui, attraverso lui. Ho fantasia, la uso e attraverso lo sguardo trasparente privo di ogni impurità lo trovo manifestato e dipinto, qui, davanti a me, riflesso della mia immagine, confuso sempre sul piano metaforico e su quello reale, rappresentazione vivente di un segno profondo, radicale, certo… fantasma e fulcro della mia ispirazione.
Così, alzati,
finché spunti la trottola il suo perno
ma il solco resti inciso. Poi, nient'altro.
dal 2005 (Milano - Giugno)

venerdì 8 ottobre 2010

meccanismi


Sta per scattare. È un congegno preciso. Orologeria. Minuteria. Gioielleria. Dramma e comicità nel contempo. Incipit e conclusione che danno tono e senso; sconosciuta tragicità che mi strappa un sorriso e mi toglie il fiato. Mi ha staccato di netto l'innocenza, ghigliottina del passato, speculare evento nel corso della rivoluzione del mio pensiero. Vent'anni fa avrei pensato male, causa tabù e larghissimo senso di colpa, oggi militante della resistenza ad oltranza contro ogni tipo di tirannia, inauguro felicemente la seconda metà della mia rassegna filmosofica. Devastante e crudele per il mio senso d'orgogliosa inappetenza cinematografica estiva. Mi infilo di soppiatto e sfilo schierandomi dalla parte dei soliti sospetti, diventando l'ostaggio dallo sguardo vuoto, assumendo l'aspetto del condannato, quello della foto-tessera segnaletica inespressiva e inquietante. Ciak, riciak, decimo ciak, ventesimo… Operazione conclusa, film consegnato alla distribuzione in sala. I critici per forza rimangano fuori. Ne ho destinati tanti nelle spedizioni oltregalassia, anni luce lontani, fuori dalle stelle. È tempo di operare, somministrare un bel sedativo alle burocrazie inutili e dannose. Mi rifiuto di piegarmi, ho un dolore lancinante zona lombare, non crediate che io non possa scegliere la posizione che più mi si confà, ho passato l'adolescenza a studiare, bacio il mio primo uomo per fargli dimenticare il brutto mestiere che fa: il becchino, procamùrt, si dice al mio paese, sottofondo musicale manco a dirlo I'm old fashioned di Coltrane; mi faccio toccare per la prima volta durante la rassegna di fuochi d'artificio, bel botto; mi lascio andare definitivamente e con passione, durante un film, di Antonioni, e non erano ancora arrivate le scene imputate di provocata estasi; era scritto nel mio DNA, dalla non aspettare!

giovedì 7 ottobre 2010

dogma 95 (9)


Questo non è un manifesto religioso. Potrebbe essere invece l'inizio di una nuova onda. Una possibilità di affogare i dinosauri.

Giuro, solennemente, giuro… metto radici nel negoziato tra ministro della cultura e regista, esaspero al massimo le trattative e redigo un decalogo di verità pressoché sconosciute, ma rese necessarie dall'impero della decadenza e della paralisi che corrompe, sevizia e deteriora il nostro vivere. È ormai impellente. Ci sono tutte le premesse: troppi effetti speciali, troppo sentimentalismo becero, assenza di invenzione. Ecologie du regard. Siamo perspicaci, avanziamo sicuri e sbaragliamo la concorrenza. Nulla potrà contro la nostra differenza. È un manifesto. È un programma. È norma. È forma. È linguaggio. Tutto si girerà con macchina steadcam in nome dell'arte, del metodo e della tecnica. Si stabilirà tutto a priori, e diventerà un marchio di fabbrica, seriale finché non avremo raggiunto il perfetto equilibrio. Ne usciranno capolavori. Ve l'assicuro. Campioni d'incasso. Successoni da botteghini esauriti. Ci chiederanno l'autografo. Ci diranno bravi, prima che riusciamo a cominciare… a uscire. Presi d'assalto dai cosiddetti estimatori, agenti e distributori. Un bisiniss internazionale. E noi vogliamo che sia così. Cos'è la visione? È quello che vorremmo che fossimo, quello che sarebbe stato giusto esser già diventati, la meta ambita da volenterosi stagisti e aspiranti registi. Vinterberg diceva in un documentario:
solo le regole specifiche si sono rivelate utili, come quella di girare con la macchina a mano, o di non utilizzare accessori o scenografie ricostruite. Quando si vive in un piccolo paese, è necessario urlare per farsi prestare attenzione. Forse che si sia scoperta l'acqua calda? Può darsi. Se a fronte di critiche sugli scarsi risultati e la mancanza di ingenti somme da spendere si frapponesse finalmente un'originale, tacita e sottintesa volontà di avanzare, approfittare di onorevoli vie d'uscita, scavalcare ostacoli perenni e fare qualcosa di nuovo? Ci sto, sottoscrivo, ultima voce delle dieci: il regista non deve essere accreditato. Il merito è sommatoria di tutti i nove e più… o meno idioti!



… sono i visitatori di un altro pianeta o dello spazio.

mercoledì 6 ottobre 2010

la cosa

Idea allo stato gassoso. Una sostanza indefinita che si poggia su un gomito con la mezza faccia nella mano a guardarmi, bocca piegata in un ghigno perfido, occhio mezzo chiuso e storto, naso arricciato e unghie nel velluto della guancia. Lasciano un segno e una riga violacea. È inutile che ci passi sù il palmo o una spazzolata carezzevole. Ormai hai fatto il danno. E la mia idea? Sì stupenda, tutto ciò che avresti potuto desiderare. Ma non basta. Come, e il tutto? Cosa vuoi che me ne faccia? M'impegno, il risultato non cambia, il voto non mi interessa e l'aspetto è immutato, lo stesso suono da mesi, mhhh… identico all'idea che ho di te. Indefinita. Tu sai che stai facendo un errore. Lo senti. L'intuito deve aver fatto la sua comparsa anche in te, in qualche remoto angolino, ci ha scavato una piccola dimora, 1 metro quadro, bagno, letto e cucinotto. La ragione ha il sopravvento. Le sensazioni se vuoi te le impresto. Ne ho quante ne vuoi. Buone, cattive, medie e da scartare, ma sempre istinto è, e che a te piaccia o no, fanno parte del pacchetto regalo. Ritirare alla cassa lo scontrino. Sarà pure gratis, ma io voglio far le cose in regola… non si sa mai, dopo, qualcuno voglia rendere o esprimere lamentele. Capire, decifrare, capire? Ma basta, non puoi precisar metodo su tutto, ti allontaneresti irrimediabilmente dal bello e una volta perdute quelle strade che fai? Rimani sul ciglio a goderti la vista, magari fai uno scherzetto a qualcuno? Io sì, lo farei. Giappone mio maestro di cinema e di vita. Tu? No, aspetti l'autobus ci salti sù e ingrani la marcia giusta. Non sono io, quella. Ma siediti e goditela. Nelle cuffie avrà sicuramente la musica che piace a te. È finzione, e tu fai da controfigura. L'ambientazione è adatta a te. Aderiscile sulla sinistra, puoi aggiustare le luci, ma il set non lo costruisci tu, non illuderti. Io alla macchina da presa spero che un incidente al momento giusto faccia più piacevole e incoerente tutta la realizzazione. Cosa diavolo… ah, sì, bè, bello. Prendi il cestino, ho preparato dei panini, strozzati. Giusto, sbagliato, giusto! Rimedio, scusa, m'hai persa.


martedì 5 ottobre 2010

materiale


È già cominciata? Non ci facevo caso. Ha fatto l'ingresso più fastoso che si potesse immaginare. È una vera maestra in questo. Tacco quindici, abito lungo con spacco inguinale, capello raccolto a mostrare il collo elegante e flessuoso. Un serpente. Spire in moto e lingua controllata con dimestichezza, ma pronta a scattare. Ti stritolerebbe solo con una stretta. Tu lo sai e ti mantieni a distanza. Ma ti eccita. Siete animali, vi capite. Ad ogni fotogramma miagoli e le fai le fusa, ti strusci addosso alla poltrona su cui si è lanciata accavallando le gambe e ti stendi ai suoi piedi, lasciando che allunghi le gambe sulla tua schiena. Morbido, duro, arrendevole, indifferente, ostile. Se credi di averla conquistata ti sbagli. È troppo studiata nei dettagli, troppo rigida e meccanica, malata della sua stessa patologia. Ha bisogno che qualcuno la suoni di traverso, tirandola fuori dalla fissità impagliata. Devi assecondarla, viverne la fiducia, renderla consapevole del suo corpo e mettere a fuoco il tuo senza lesinare, senza risparmiarti. Avvolgila e riavvolgila. Lascia libera quella protuberanza, rotante e impeto. Morbido, accondiscendente, duro, impietoso… carne e metallo.

lunedì 4 ottobre 2010

alza il volume

A testa bassa non so stare. Ho bisogno di guardarvi dritto negli occhi. Mentre leggo, vi sento. Vento guastatore che incontri e scherzi con le pagine del mio libro girami la prossima, son troppo immerso. Non ho resistito all'invito. Proseguo nel singolare percorso della comprensione del testo e dell'acconciatura delle immagini. Trucco e parrucco alle mie parole non servono a scoprirsi, significati che continuano a nascondersi; qualcuno le sorprende dietro un angolo, tenta l'approccio, ma quelle veloci si sottraggono e fuggono via, ridendo e facendo il verso di lontano… non mi prendi! C'è un filo? Di che colore? Quanto lungo? Le domande nascono e muoiono sanguinando copiosamente su quei maledetti puntini di sospensione. Ferite non mortali, giudicate guaribili in vent'anni, saranno dimesse e circoleranno ancora più forti di prima a riempire le mie giornate e a vuotare la mia sicurezza. Intanto aggiungo musica, noto con piacere quanto possano esser gradite le colonne sonore, sottolineano e arricchiscono, danno luce a particolari rimasti nell'ombra. Ora però il fascio di luce dello spot colpisce duramente e infastidisce, ti dò un cenno di smorzare, tu capisci male e accentui il ghigno stampato su un bianco troppo intenso. Qualcuno ride, sinceramente divertito. Non era il momento. Si è materializzata una vecchia paura: non sono capace, perdo voce, avvampo, in sordina, continuo, ma ho solo voglia di finire. Sono in trappola e la biondina in prima fila non deve aver capito l'ultimo passaggio perché mi squadra mentre continua a far scricchiolare la sedia, sembra che abbia il pungiglione piazzato male. La fulmino. È l'ultimo scoppiettio, ta-ra-tta-ta, dopo una bella gara di fuochi pirotecnici, batteria in disuso che vuol farsi sentire, può ancora dare… e molto. Inciso deciso e conciso: mai più, mi faccio sempre conquistare dalla boccuccia gentile e melliflua, dagli occhietti dolci e ingannatori, dal culetto giovane e sodo. Sì girati, ho in serbo l'ultimo colpo, bella bionda non puoi nulla contro il mio loquace amichetto, ti manca cara, non puoi crederlo vero? Sei troppo sicura di te, è questo che ti frega. Ti sottopongo all'ultimo esame e il mio voto dipenderà da quanto tu sia pronto e attento, son stanco delle teorie, il teorema è chiaro, algebra pura, x e x, meno la y, bella relazione, tanta quantità, tu, io, meno la biondina, tratto lungo dai miei occhi alla tua bocca e la tua lingua è la risposta, lo sapevo, lo volevo: fatti sentire! t'ho letto sulle labbra, lo sentivo, lo scrivevo, effetto sorpresa quello che precede il gran finale.

al mio amico Terry

venerdì 1 ottobre 2010

fides et ratio


Vedere nella morte il sonno, nel tramonto
un triste oro, tale è la poesia
che è immortale e povera. La poesia
ritorna come l'aurora e il tramonto.

Un'attesa infinita… ho trascorso due notti e due giorni a bordo del mio insicuro e blando mondo migliore. Ho ancora nei piedi granelli della sabbia del salpare, gli ormeggi sciolti, l'àncora levata… nelle mani la disperazione a gocce dello svuotare senza secchi, non voglio affondare, voglio sfinire il mio dolore nella fatica, comunicare una volta arrivata la nostra solitudine, fruttare la vita, condirla con questo sale e inumidirti ancora il viso asciutto, il mio il tuo, il suo il loro, moltiplicati a dismisura, contorti in smorfie di sofferenza reali, non suggestionate. Ricordate. Scoprite e cercate. Ma non abbiate pazienza. Spingete. Sostenetevi e incoraggiate. Andiamo in porto. L'approdo è nostro.


A volte nelle sere una faccia
ci guarda dal fondo di uno specchio;
l'arte deve essere come quello specchio
che ci rivela la nostra propria faccia. J.L. Borges

Intingo la penna nell'inchiostro, pulisco ben bene e distendo la pagina. È la mia vela, su quella ho disegnato un simbolo e appeso un vessillo, s'issa e scorrazza nelle correnti più proficue, traendo beneficio dall'esperienza di esperto navigante e scafato sognatore. Dai miei dormiveglia estraggo bimbi che mangiano il vostro latte, assorbono il vostro sole, accolgono l'ospite inatteso, aggiungono un posto nel proprio cuore. Comodi vanno per mare, per terra giacciono a guardar le stelle. Cadono ai loro piedi, a miliardi, le raccogliamo e le esponiamo, una grande luce, che apra e che attraversi la colpevole ondata mitigandola in placido oceano ristoratore.