lunedì 28 gennaio 2013

maschere



In questo sottile, ma ostentato gioco di specchi, che segna i confini precisi, il mio ruolo è sfumato sempre;  i miei sogni e i miei desideri latenti, penetro con violenza nelle vite altrui, ne spazzo tutte le sicurezze, metto a nudo i disastri, ne confondo i tratti, mischio il dentro con il fuori e, in punta di piedi, con indosso solo vestiti leggeri, esco, anche se ci fosse neve, anche se ci fosse bufera. Rimane tutto confuso, il quadro per nulla definito, quella iniziale volontà di verifica della corrispondenza tra possibile e reale scomparsa, volatilizzata, dispersa. Sono un soggetto provocatorio, anaffettivo… son diventata un oggetto, un luogo, un perché con punto di domanda, un percorso privo di sintesi e di indicazioni, analitico poco, evoluto quanto basti ad escogitare nuove vie di fuga e ignorare gli innumerevoli segnali di pericolo. Ad ogni stagione imbastisco una storia, sfodero le mie armi micidiali e risalto tecniche e tattiche nuove per dar vita a una guerra ad armi pari, a volte, impari, spesso. Lo sento il capolinea, ne avverto la presenza ad ogni crocevia, destra o sinistra, dritto, indietro. IL transfert, i pensieri nascosti nei varchi del sedile alla guida, le fantasie erotiche in contrasto con la banalità di amori scorti nello specchietto retrovisore, i riflessi di un equilibrio personale chiuso nel bagagliaio insieme a cesoie, spugna e ombrello e la ruota di scorta e il viaggio continua ripercuotendosi sulla mia personalità, schiacciando le resistenze del manto stradale, consumando i passeggeri, mettendo a nudo gli autostoppisti del caso. Tu mi dici che c'è un programma di percorrenza, un itinerario da seguire rigorosamente. Io alzo il volume dell'autoradio.

'L'uomo che si assume il compito di individuare nell'arazzo il filo che tutto ordisce si fa carico del mondo'
C. McCarthy

lunedì 21 gennaio 2013

fuga

Ecco, tu sei stato così per me: quell’essere di sesso diverso, così vicino che pare abbia nelle vene lo stesso tuo sangue, che puoi guardare negli occhi senza turbamento, che non ti è né di sopra né di fronte, ma a lato, e cammina con te per la stessa pianura... e così pensi che sia, così sai. Io avrei capito. Io t'avrei frenata. T'avrei saputo consigliare pur sapendo che i consigli son poco ben accetti. Quando vuoi che gli eventi seguano te e non il contrario. Quando corri bene e non ricorderai se non la strada che scorre sotto i tuoi piedi e le distanze che riuscirai a coprire, ti guarderai indietro e non scorgerai se non la tua ombra, veloce, più veloce. Non ti annoierò coi se, coi poi, ché quelli verranno e faranno da altalena qua e là, oltre le frontiere e entro il tuo personale confine al di là del quale potrai andare se vuoi, ora, o mai più. 
Via da ogni banalità, lontano da ogni evidenza che ricade sotto i nostri occhi come naturale e logico inseguo il vero, è lontano e devo percorrerlo a passi lunghi, indagarlo con mani curiose e profonde, in mezzo ad ombre e appena accennati chiarori lunari, gli stessi attraverso i quali indaghiamo la nostra reale natura, non quella abbagliante del mattino, ma quella nascosta e umbratile, intima e fonda. È allora che tu scopri, se venir fuori dal nascondiglio e fuggire, o rimanere e ammuffire.




passo iniziale tratto da epistola di Antonia Pozzi a Vittorio Sereni

ah, io me ne vo con questa

domenica 13 gennaio 2013

fame


Un grande movimento di corpi scarnificazione con iniziale implosione interna. Poi come per malvagia magia si sentono rumori spaventosi, cigolii sinistri e si verifica l'impensabile, il mai augurato, sferraglia, si piega, si contorce e dal blu benevolo si scatena l'inferno e la devastazione. Un grande urlo muto scaturisce e si propaga dalla voragine aperta, come il lamento del cetaceo ferito a morte, sordo richiamo di un'intera umanità dimenticata e abbandonata. E l'umanità è femmina che ripulisce e si netta del peccato a cui è tentata e alla beatitudine a cui aspira. Respira violenza, attrae buio, emana luce asfittica. Non è che un atto, debole, veloce come un soffio, gelido come il metallo a cui si aggrappa, dolce come l'ultimo ricordo piacevole. Eppure la deflagrazione che ne consegue è strepito e scheggia, maestosa manifestazione di grandezza e di potere l'uno sull'altra: un'opera con orchestra al completo, magnifica, commovente, solenne celebrazione, vita e morte unite da un'unione indissolubile, e allo stesso tempo, brevissima. L'amaro pianto che sgorga, mormorato, marciato lentamente, corrode i corpi su cui scorre, sembrano stille di sudore e invece son lacrime sacre, umettanti, salvifiche, riflesso di cielo all'imbrunire quando le divinità non vorrebbero congedarsi da noi mortali.. insolito rituale, dormi con me giorno, veglia su di me notte.

Ho comprato una pelle
per sentire meno
questo scricchiolio
sottile disturbo
tra me e me

Ho comprato una pelle
per vedere meno
quella mano nuda
maldestra o malsinistra
quella mappa malposta
tra me e me

Ho comprato una pelle
per andare in giro
in un guanto

Eva Taylor


Opera: Erotism André Martins De Barros



domenica 6 gennaio 2013

tira e s'estende

Stava per l'appunto sciogliendosi il fazzoletto dal collo, e aprendosi il giustacuore, quando, a uno sguardo fuggevole sul cerchio formato dal popolo, scorse, a breve distanza da sé, fra due cavalieri che lo coprivano a metà coi loro corpi, l'uomo ben noto dalle piume bianche e azzurre. Con uno scarto improvviso, che sorprese la scorta che lo circondava, Kohlhaas gli andò proprio davanti, si sciolse dal petto la capsula, ne trasse il foglio, ruppe il sigillo e lo scorse: e, con gli occhi fissi sull'uomo dalle piume bianche e azzurre, che già cominciava a dar corso a dolci speranze, lo mise in bocca e lo inghiottì.




Il buco si allarga. Ora è largo quanto il palmo di una mano. Potrei infilarci la destra, girare l'indice intorno a qualche vena, tirando e mollando, e solleticare appena l'aorta così tanto per stimolare il flusso di vita e rendermi conto se pulsi ancora o si sia fermato. Potrei anche stringerlo nel pugno, farne una fascina, estrarla e dar fuoco, così arderebbe ancora un po' prima di spegnersi del tutto. Potresti prestarmi la tua e tutt'e due tirerebbero, slabbrerebbero, spalancherebbero cosicché chiunque, volendo, potrebbe farmi visita di quando in quando, ospite per poco, giusto il tempo di farsi spazio, dar l'acqua e arieggiare. E' inutile, vero?, che io ti fornisca le coordinate, sai già dove rintracciare l'ultimo lampo di genio, quanto forte devi contenerlo e in che misura rilasciarne profumo e macchia d'olio. Si disperderà, non avrà più storia. Intanto l'avrà condita quel che basta a render non vano il tentativo di coordinare passo ed espressione. Diventa un sensuale tango quel seguire la traccia sgorgata dal cuore degli avvenimenti; chissà il finale potrebbe essere un casquet rovinoso o una presa memorabile, figurativamente mobile su un tappeto a tratti ispido e infido. L'inciampo, sicuro, inevitabile, è uno screzio che induce la mente in un labirinto prepotente nel quale non c'è limite al peggio, ogni svolta improvvisa riserva una sgradita sorpresa, una fitta più acuta, sfrigola, si dimena, fuma, esplode... non mi salverà, ma trascinerò a fondo il senso dell'infinito e dell'incompleto. Lo scopo si fa vortice e viaggia verso di noi e da noi si distanzia, si fa sacrificio, ci da vittoria fugace: il fine.

l'uomo, che si assume il compito di individuare nell'arazzo il filo che tutto ordisce, si fa carico del mondo
Cormach McCarthy

passo iniziale tratto da Michael Kohlhass di Heinrich Von Kleist, vista a teatro, interpretata da Marco Baliani