lunedì 31 maggio 2010

campagna infelix


Secoli e secoli di architettura rurale e di armonia urbana buttati all'aria… Mi viene in mente (di un po' di tempo fa) un'iniziativa di Legambiente Puglia in collaborazione con La Repubblica di Bari: in seguito a una raccolta di segnalazioni di abusi edilizi e brutture varie che deturpavano il territorio della nostra regione, si avviava una sorta di censimento degli ecomostri pugliesi sui quali poter esercitare l'attività di demolizione. Mi chiedo in quale misura questa lodevole pensata abbia avuto successo, se ne abbia avuto e se questi scempi si potessero evitare penso anche che tutto questo sarebbe inutile e utilmente gratis…
Ma sono pessimista al riguardo e i dati mi danno ragione. Dal 2001 al 2008 il consumo di territorio è aumentato: 12-15% in Puglia, diventata capitale del mattone insieme a Lazio e Veneto. Dietro questa cementificazione selvaggia c'è un'ingiustizia fiscale bella e buona: i comuni sono costretti a finanziarsi svendendo il territorio; gli oneri di urbanizzazione, da contributi necessari a dotare le nuove costruzioni di verde e servizi, si sono trasformati in entrate tributarie, per cui le giunte più ricche e magari più votate sono quelle che favoriscono le speculazioni. Nei paesi europei più avanzati succede il contrario: ci sono tasse di scopo che puniscono chi consuma territorio. In Italia? Si fa a gara a chi ampli, aggiunga, abbatta il vecchio per issare neo-fabbricati. Un vero e proprio assalto al territorio. E tra migliaia di enti inutili non esiste nemmeno un ufficio pubblico che misuri l'avanzata del cemento. Mancano le misurazioni di quanti boschi, prati e campi vengano ricoperti ogni giorno dalla crosta inquinante di cemento e asfalto.
È dagli anni novanta che si assiste a una crescente mole di autorizzazioni da parte dei comuni a costruire e aumentano a ritmo vertiginoso i milioni di metri cubi di lottizzazioni residenziali. L'escalation edilizia non ha alcuna giustificazione demografica, si nasce poco ma si edifica tanto. Prime, seconde e terze case, se non quarte, quinte e così via… Più cemento per tutti. Il caro premier (chi se non lui così esperto in materia) ha promesso di battere la crisi rilanciando il business del mattone. E chi è che le compra tutte queste case? La crisi e i debiti compromettono le capacità di investimento delle famiglie. Chi ci guadagnerà? I soliti pochi grandi speculatori. E chi ne farà le spese? Noi tutti che assistiamo alla morte lenta (mica poi tanto) del territorio italiano, pugliese e locorotondese. Un vero colpo di grazia. Un'ipoteca pesante sul futuro del turismo, dell'agricoltura di qualità e della nuova economia verde. E a me vien da piangere, mi guardo intorno e mi dispero.
Guardo a destra e vedo così vicini balconi di un primo piano livello strada (potrò parlare all'inquilina comodamente e chiederle di passarmi il sale senza bussare alla sua porta), mi giro a sinistra e vedo un trullo che avevano deciso di abbattere senza porsi tanti problemi, faccio un centinaio di metri in direzione contrada S. Elia e nel tanto decantato quartiere giovane (perché abitato da ignare coppie di ragazzi da poco uniti in matrimonio) vedo una strada pericolosamente in bilico, strettissima, che si inerpica fino ad arrivare a ridosso dei palazzoni (progettati per occupare meno spazio sia in larghezza che in altezza) che artigliano e soffocano una dei più bei "jazzìle" locorotondesi… Malzo.
Non vi dico cosa io veda continuando nel mio percorso salutare e sportivo: mi aggiro come un fantasma inveendo e augurando anche un semplice blocco del motore di auto velocissime e poco gentili a Marangi (zona sportiva), mi rivesto di pazienza e mi saturo di verdeggiante pianura a Tagaro e Grofoleo, sopporto le ripide salite pur di immergermi nei boschi di Trito, Serralta, Zuzù e Serafino, mi esulo sulle alture buie e incantate di Talinajo, Cupa, Santa Croce, mi avventuro inerme e indifesa per le campagne violentate di San Marco, S. Elia e Calascione, scopro le vie asfaltate di fresco che hanno preso il posto di scomodi e polverosi (ma bellissimi) "trattùr" tra Sei Caselle e Mancini, gioisco alla vista dei coraggiosi, contorti e monumentali ulivi di Casalini, mi inebrio dei profumi di marmellata dei fichi cotti al sole ancora sui rami di Pozzo Masiello, inspiro i benefici dell'erba medica e dei fiori di Volza, mi rinfresco all'ombra di pochi lecci secolari di Ritunno per poi arrivare su quello che avrebbe dovuto continuare ad essere la terrazza panoramica più suggestiva della Valle d'Itria, Serra, e diventerà invece la finestra sullo scempio più spaventoso degli ultimi cinquant'anni: di lì si godrà della vista di tre rotonde di collegamento della strada panoramica, alias circonvallazione. E mi ricordo ancora quando, piccolina, pensavo a quello che già allora, per me, fosse uno sgorbio: il palazzo su via Nardelli che deturpava il candido e perfetto disegno delle mie, delle nostre cummerse

domenica 30 maggio 2010

all'anima e più giu…

12 battute, lungo, lungo il palissandro malconcio. Ritmo sincopato dentro, dentro le corde arrugginite. Semplicissimo. In teoria. In pratica. Orecchio e tecnica serviranno anche ma quello che è fondamentale è dolore e lussuria. Mississippi nero e africano mette le radici in questo pugno di terra rossa, annaffiata col sudore della schiena frustata, una spolverata di amore e la capacità innata al racconto delle fragilità.
Esempi illustri: Cash, Robert Johnson, Muddy Waters, country men e songwriters che si sono succeduti producendo ottime sonorità, di cuore e di stomaco. In una colonna sonora di un film che potrei anche dimenticare tra qualche anno se non fosse per la trama (che vorrei fosse quella della mia vita) e per l'attore (che vorrei fosse mio… e basta) in sottofondo, ecco qui il Dan che amo, la chitarra acustica che adoro. Viscerale, più radicale, mi sbatte e risciacqua come un panno sporco nelle acque del grande fiume, in una atmosfera ancestrale e tribale, selvaggiamente scarna nella composizione e nella esecuzione.
È questo uno (dell'altro si troverà di certo l'occasione) dei miei più grandi sogni: placidamente scorrere seguendo il corso del maestoso Mississippi sulle orme delle piantagioni di cotone. Indiscutibile e impensabile sarebbe volerlo scambiare con un tranquillo viaggetto con sosta in un comodo hotel… non se ne parla! Scorrazzata a cavallo con conseguente ferita alla chiappa e a tappe, ancor meglio a bordo di camper noleggiato, negli sperduti paesini malfamati con annesso saloon… non ditemi che non ne esistono più che m'innervosisco!
Sono versatile e stilizzata come il blues, molteplice nei generi dei pezzi e nella struttura acida e delirante dopo un'alcolizzata resa all'ombra di un pungente cactus, si capisce, nel deserto si hanno le migliori pensate: lo spirito nostalgico e straziante striscia fuori come un serpente a sonagli e s'infila nello stivale polveroso ad attendere l'ignaro piedino… romantico e agreste ululato come di un coyote in cerca che s'aggrappa allo spicchio luminoso e spia pronto a colpire e canta con la sua voce monocorde e i suoi giri armonici, mi si annoda sul polpaccio e si tira sù, fino a spingersi dentro, più dentro.



Like a straying baby lamb
with no mammy and no pappy
I'm so unhappy
but oh, so glad! (la dea)

sabato 29 maggio 2010

a naso in sù


And it was no kind of test we just chose the loneliness we bore the best

Quattro gli strumenti che mi emozionano e gli ingredienti che mi lasciano interdetta… chitarra, pianoforte, tromba e fisarmonica, pomodoro, peperoncino, caffè e ricotta. Volete farmi piacere? Regalatemi un cannolo siciliano, una caprese, un tiramisù, o un disco di Michael Hedges o di Jaco Pastorius, di Miles Davis, di Yann Tiersen, di Tori Amos…
Ispirazione, ecco cos'è… a me arriva da una passeggiata lungo le vie più remote di una grande città: via Manzoni, piazza Belgioioso, corso Venezia, via Sirtori, via Melpighi (oddio n.3 Casa Galimberti!), via Melzo, il Liberty mio e suo, di una città tutta da bere, da sorseggiare, da sorbire.
Ho scoperto dei luoghi segreti così, per caso, a Milano, mi basta prendere un autobus qualsiasi, saltare su un tram verso il centro e via… a piedi guardando in alto, lungo le ripide e vaste pareti di un palazzo, per fare la magica apparizione in piazza Sant'Alessandro a pochi passi da via Sciesa lungo la quale in un bel palazzone studio e dalla quale nelle ore di buca mi perdo, volontariamente, senza più ritrovarmi.
Una sosta sui gradini di granito a leggere e via per Zebedia strettissima e salva dal conflitto mondiale. E io continuo a tenere alto lo sguardo sulla maestosità della chiesa di Sant'Alessandro al cui interno buio, come piace a me, c'è una vera e propria galleria di arte lombarda '600-700… esco e delicato è l'impatto con Palazzo Trivulzio! I palazzi coi loro cortili imponenti e tutti meritevoli di visita. Chissà oggi… se come vent'anni fa sono così gentili e accoglienti da cedere il passo e permettere a una straniera milanese di entrare ad ammirare la loro personale fortuna. Condividete con me, io mi avventuro per le cinque vie: via S.Maurilio, via Bagnera e il suo mostro, attraverso via S.Maria nuovamente in via S.Maurilio, ammiro palazzo Borromeo, la chiesa del IX secolo di S.Maria Podone e m'infilo in via Borromei, via Gorani e la sua torre, via Morigi e la taverna ricca ancora dei suoi arredi e atmosfere degli anni '60/'70, meta preferita di grandi conversatori, via Brisa e il Palazzo Imperiale e arrivo in fine attraverso via S.Maria Fulcorina alla Biblioteca Ambrosiana e la chiesa Santo Sepolcro, e via Valpetrosa, vicolo strettissimo, mi riporta a scuola e Mottin, prof di illustrazione, che mi aspetta al semaforo: 'Mile, da che mondo vieni oggi?'.



In ogni città ritrovo qualcosa che mi consente di far pittura
(dal 1992 Milano - Aprile)

venerdì 28 maggio 2010

maria a lisse


Si è bagnata di rosso e sfumata di giallo, è in piedi sui pedali.
La vedo di lontano, keukenhof la copre per metà; l'altra
luce al sole e il vento le stria i pensieri.
Ci viene fame, stesi sulla riva mangiamo pane e bulbi.

giovedì 27 maggio 2010

carta bianca, punto


Te la sento canticchiare e mi innamoro ancor più di te e dei tuoi ricordi. Quando eri bimbo, quando sognavi palco e ti bagnavi nel vino, quando ti commuovevi in un bacio. Sosti più tempo nel consumare il peccato e ti vedi a sorridere ingenuo e caldo affondato nei suoi seni. Su quei momenti intimi sussurri quella nenia e soffri e ti ancori a me, nei desideri d'infanzia sfumati e incantevole presente da uomo.
Cos'è la voce narrante che odo? È musicalità infinita da imbonitore, incontrato per caso, in questo girone infernale e provoca l'inevitabile cortocircuito mio interiore. Sei la mia fonte, bianca e sfuggente, prometti stabilità ma in realtà me ne sottrai, una pagina intonsa sulla quale esistere e svanire, eppure alone rimane. Son troppo vecchia per inseguire purezza e regalare freschezza.
Rimando indietro al mittente, dove non c'era verità, ma solo contraddizione, nell'educare alla morale, ai ceci sotto le ginocchia e all'uomo nero, a quel nodo da sciogliere… Grande la tentazione di rifiutare l'invito, ad afferrare quella mano che si sporge, a volare su quel predellino in movimento, tutto frana e valanga, c'è un count-down e un'astro-nave, una tempesta e un cielo, più nulla da dire e voce grossa, silenzio e groppo in gola. Ma lì su superficie bianca m'appoggio un punto, scuro e nitido, un passaggio segreto, un tunnel e io mi confondo e schiarita la voce accetto.
Non c'è più angoscia della scelta, del dover fare. Il bianco e nero si fa sapiente gioco, le luci, prima abbacinanti, si smorzano nel buio-serenità, tutto è più chiaro ora… un bambino suona.

4'33"


A tutti coloro che sentono sempre e comunque il bisogno di parlare, di esprimere un parere anche se non richiesto, lanciate lo sguardo e il verbo lontano forse sarà il seme di futura crescita, per ora…

mercoledì 26 maggio 2010

prima della rivoluzione


Qual è il pensiero mio sulla politica e quanto grande il desiderio di rivoluzione?
È insito nel mio cuore e si rivela come una passione, ma ha bisogno di moderazione e di guida. La mia città: una cupola di colline in pietra, una grande muraglia, la si soffre, la si sopporta, la si accetta nel segno della resa? La mia gente: una grande fede cristiana per dare certezza quotidiana, paura ed aridità, la si abbraccia, la si condivide peccando di ipocrisia? Non credo nelle tessere di partito, non mi aggrappo fiducioso a un simbolo… o forse dovrei? Sgomentato, insicuro, vittima di un ciclone in continua evoluzione. Sensi di colpa disamore abbandono sogno claustrofobia. Sogno un taglio netto? O preferisco il silenzio? Nel mio spirito languido e tormentato, mutevole e incessantemente tempestoso, sento il bisogno di vuoto ricco di fantasmi e povero di desideri.
Si trasgredirà l'ordinario dell'abitudine, si farà l'amore quando gli altri attaccano al lavoro, si lanceranno bottiglie in fiamme… non cercherò le tue mani, non lascerò che tu mi stringa, non vorrò fuggire con te all'alba mentre le campane stordiscono e assordano. Nessuno se ne accorgerà, nessuno. Nel frattempo attendo un segnale e mi perdo nelle grandi stanze vuote e spoglie. Percepisco il vento e le voci che porta via, scorgo un traino che mi liberi dalla classe spenta e paurosa dinanzi alla novità. Ho da organizzare, progettare, sovvertire. Superare la soglia della vacanza politica e coltivare il mio orto; la democrazia è come la campagna: bisogna badarci tutti i giorni.

2ª
3ª

martedì 25 maggio 2010

c'è chi pensa di essere dio in giro

E quando ti tocca capisci che è sempre stata lì lei, in agguato, ben nascosta sotto tutto quello che amavi e ti si gela il sangue. E il tuo cuore duole e tu guardi la persona che cammina per quella strada. E ti domandi semmai se tornerai ad essere lei..

Paura, sintonizzati e ascolta i suoni, the street's noise, il terrore e la cieca violenza metropolitana, la bramosia cagnesca da branco, il massacro quotidiano di giovane entusiasmo. Immortala insieme a me, in sequenza automatica, la diretta consumata al flash sovrano dell'opaco obiettivo. Luci della ribalta per la brutalità senza confini e buio totale per la lenta macchina burocratica della giustizia. Li conosco tutti, potrei indicarli a uno a uno, convivo ogni giorno con l'ombra del male, sanno come morire, non sanno come vivere. Sibila il graffio dell'artiglio sull'asfalto proprio alle spalle… ho bisogno di una calibro nove per camminare tranquilla, avverto l'impalpabile, astratto e crudo percorso, affondo e riemergo, respiro a fatica e rifletto quello che mi circonda: vittime e schiavi, falsi corpi pudichi, personaggi bui che non sognano la verità perché dipinta ogni giorno oltre la loro immaginazione.
Non so cos'altro fare per destare la tua attenzione. Sei troppo veloce e distratta. Non ragioni e fuggi. Istinto difesa/offesa. Troverò un alleato, uno come me: insieme immersi nel mondo cattivo e oscuro, illuminati da sensibilità e attaccamento al dovere. Saremo due eroi solitari che si nasconderanno in attesa di un lamento e di una richiesta di aiuto. Dormire poco, sorvolare i quartieri, percorrere una città morta. Donerò a lui l'anello, patto di fedeltà e di percezione comune della realtà… gli affido la mia vita e prendo in consegna la sua, incrocio di sguardi e di esistenze complici e riconoscenti. Giocherò sporco per una volta: devierò il destino confuso e scriverò io fine con una spranga.



My offense was this:
I said God lied to Adam, and destined him
to lead the life of a fool,
ignorant that there is evil in the world as well as good.

lunedì 24 maggio 2010

anno zero

Segnato indelebilmente, distruzione, incubo, fame, infanzia perduta… una pace impossibile, una guerra salvifica. Le ferite insanabili di degrado e di ferocia opportunista corrodono la mente e l'innocenza. Edmund piccolo e immenso, faticosamente tenta di ricostruire la normalità e di medicare le lacerazioni di un intero popolo, ma rimane esanime, schiacciato dalle responsabilità, tregua improponibile o poco vantaggiosa. L'osceno adulto mostro sfrutta i momenti di confusione e di indecisione, di fragilità e di debolezza per perseverare nella barbara ideologia del più forte, del superiore che cancella il più improduttivo. Si piazza insostenibile peso sulle spalle del piccolo e lo aizza, nel suo intento pedofilo sporco e inquieto, gli estirpa la radice buona, gli instilla odio e malvagità.

Niente più basi, niente fondamenta nel contesto disumano del conflitto assassino. Brancola nel buio dei suoi gesti, dei suoi pensieri, delle sue azioni, e lo si segue, lo si pedina, lo si incoraggia, lo si vorrebbe distogliere dalla decisione ormai presa… un organo suona e sembra strappargli una promessa di vita, ma lui tira avanti, meccanico e disperato.
Soluzione finale servita diligentemente dall'allievo con ingenuità fanciullesca, il suo avvelenato addio alla casa distrutta e resa incondizionata al mondo dei grandi manipolatori, il suo ultimo volo dalla casa sventrata. Un corpo di bimbo in mezzo alle macerie, ammonimento: comincia l'epoca di ricostruzione… zero verso l'anno in cui si sarà realmente capaci di costruire un futuro diverso!



In morte riscopro il significato della vita: cinema dello sguardo…

domenica 23 maggio 2010

indelebile


Ho lottato da sola con violenza,
ogni giorno contro l’orrore di non poter
più comprendere il perché di questo ricordo…

1945 il tempo si avvinghia al mio corpo
le mie mani abbracciano le pareti
e la mia bocca ne sorbisce il sangue

1959 la luce radente sulla pelle
un'ondata faticosa scorre a tratti
l'apocalisse si mescola con la nostalgia
un lampo squarcia la memoria
sospesa nell'oblio, allontani la sofferenza
non-ricordo e credo di sapere

1945 il tempo è l'accecante sole sulla terra
una visione di piccola devastazione
e grande certezza della pelle sfaldata

1959 la luce bianca abbaglia spazi geometrici
galleggio in un universo imploso
la mia città rifiorisce stentata ma si solleva
dalla cenere, reperto inutile
al dolore del mio popolo custodito in
una memoria di ombra e di pietra


2010 immagini inesistenti
non testimoniano il dramma
condanna eterna e presente in ognuno di noi,

rammenda e va avanti: Tu mi uccidi, tu mi fai del bene

sabato 22 maggio 2010

il revisore

Voi temete lo sguardo che s'affissa profondo; voi avete paura di affissare voi stessi su qualche cosa uno sguardo profondo; voi preferite toccar tutto di sfioro con occhi spensierati...

È una grande commedia. Un'amara satira sulla burocrazia, dinamiche e comportamenti dell'uomo contemporaneo. Un tale un giorno si reca in una cittadina del profondo sud, chiamato da chissà chi, o si dice, dalla estrema sinistra, arriva in gran segreto a un appuntamento in una località tenuta oscura e fa un giro istruttivo stabilito con cura… Le autorità cittadine sono in allarme: il sindaco, gli assessori, i commercianti, i muratori. Dal momento che so che anche tu, come tutti, hai i tuoi peccatucci, dato che sei una persona intelligente e non ami lasciarti sfuggire le occasioni che ti si presentano sotto il naso…". Beh, queste sono cose nostre… "ti consiglio di prendere le precauzioni del caso, perche' puo' arrivare da un momento all'altro, ammesso che non sia gia' arrivato e si trovi li, in mezzo a voi, in incognito.
Tutti hanno sulla coscienza qualche grossa pecca da nascondere: soprusi, mazzette, bui intrallazzi, malversazioni. E si cerca affannosamente di individuare lo straniero, il quale viene erroneamente ravvisato nella persona di un uomo registrato da qualche giorno nell'unico alberghetto della città. E si tenta di gettare sabbia negli occhi dell'uomo che si fa anche corrompere, divertito e comicamente stupito. La situazione si sta facendo critica quando decide di darsela a gambe. E si capisce l'intricata vicenda. Il vero ha già eseguito il suo compito, ha preso in mano tutte le carte, le esaminerà con attenzione e prenderà una decisione.
E intanto il fuoco dell'immaginazione ha già bruciato tutti, in egual misura afflitti da vizi e virtù, il carnefice e la vittima, il fiammifero truffatore, e il legno popolo, l'astuto carbone sindaco. Tutti cittadini del mondo virtuosi e disonesti, eroi e disinteressati alle sorti altrui protagonisti di questa grande tragicommedia che ha le sembianze di uno specchio deformato in cui si riflettono e si amplificano difetti dell'uomo che vive in una società dominata dall'interesse e dal profitto. Anche noi pubblico applaudiamo, ridiamo… ma nessuno può dirsi scevro da responsabilità. Tutto estremamente attuale e quotidiano. Benvenuto assessore, l'aspettavamo!

venerdì 21 maggio 2010

alto-basso-fragile


Quante volte mi son guardata allo specchio? Sospiro, alzata di spalle, cenno di diniego, smorfia di disgusto, ma poi? Una frivola accondiscendenza: -Pazienza, lo farò un'altra volta.- Perché dopotutto non posso trovare la giustificazione nello stato comatoso. Stanno così bene, sono così lucidi, nemmeno un difetto, una leggera aridità, ma nulla di più. Lo dice anche Marianna: -Ma che, scherzi? Mai visti così sani-, appunto. Ma a volte vorrei sentirmi più leggera, più libera, sgravata di quel peso lieve che tante mi invidiano. Un animaletto prezioso e noioso allo stesso tempo, da accarezzare e lisciare, arricciare e strapazzare, ordinare e scompigliare. -Oh, che ti sei messa in testa?-, mio marito attacca -sono così belli!-. Che imbecille, penso, sono inanimati, e fanno quel che voglio io, ecco, io dove sono? non mi si vede quasi più, tutti a dire come sono voluminosi, come stanno bene, come stanno… e io? basta ho deciso. Questa è l'ultima notte che trascorrerete con me, pinza per raccogliere e ti copro mirror… e penso alla vita che non riesco a sbrogliare, ai nodi che prima o poi verranno al pettine, al giorno in cui potrò far a meno di balsamo, spazzola, maschera. Sfilo la pinza, mi sta urtando il cervello, lascio che mi avvolgano loro e il cuscino, arrivano a stuzzicarmi il naso, li allungo fino a raggiungere il lamentoso e lui nel sonno starnutisce. -Ecco, dico, senti quanto possano essere fastidiosi!-. Avrei dovuto mollarlo prima, senza pause e senza richieste di spiegazioni. Frasi di congedo, brevi, concise, taglienti. Avrei dovuto capire molto tempo fa quanto avessero importanza per me cinema, teatro, musica, pittura, scultura, che ci vuole? Un taglio netto e giù una bella spuntata di vita, una botta secca, lucente, armoniosa. E invece un assillo continuo, quotidiano, testo max 75 battute, titolo ad effetto, interlinea, aggettivi in eccesso, trama inconsistente, svolgimento stabile. Che palle, via, bisogna potare, faticare, arare, seminare e metter radici nuove, dai che inizio a scrivere di tematiche agroalimentari, salutare e naturale pratica, sarò una nutrice e fattrice perfetta. Ormai gliel'ho detto: -Taglia, fai tu!-. Eccolo il terremoto vero. E dalle macerie dei miei femminili ricci crepati al suolo si spalanca un sorriso più suadente e riverbera una nuova luce negli occhi, lo zigomo si anima e le orecchie salutano il brioso newlook! uè… sono io, sempre, ma non più io, scopro la precisa asimmetria, scalo la sicurezza del mio essere, accorcio le distanze tra me e il mondo. Corto-profondo-forte!


giovedì 20 maggio 2010

sconfitta

Sono un eroe ferito, un lupo solitario, battuto da sogni e aspettative. Sono un vinto, sono a terra, ultimo knock-out del mondo, ha sferrato a cerchi concentrici sempre più larghi, abili a diramarsi e ad inghiottirmi.
Girovago nell'enorme fabbrica della plastica e della chimica non avendo in tasca la formula precisa, ne ho una errata e la applico sempre, irremovibile, testardo e quella mi schiaccia come una grande pressa, mi lacera perché sono troppo sensibile, troppo intuitivo.
Nel frattempo ho messo in atto misure collaterali, sono diventato cinico, provocatorio nei confronti dei forti e manipolatore dei deboli. Affronto le giornate con sarcasmo, sacrificio e sofferenza, masticando amaro e sputando acido, ma intanto, almeno, mi si rafforza e mi ispessisce pelle e sistema immunitario. Ho trovato una donna, bionda e ridondante, smaniosa non interessata né interessante, inespressiva, televisiva, poco realistica e per niente sincera.
Non mi capisce quando parlo, non mi sta nemmeno a sentire, è solo una scusa, una poltrona comoda su cui affrontare il mio prossimo viaggio verso il sogno… fuggiamo da una realtà soffocante, deprimente, piena di negozi e di schifo. Una società di lerciume da cui nascono solamente dei vermi. Ma non abbiamo l'energia utile, siamo stremati e bravi solo a bere, e a distruggerci l'un l'altra, sta passando un tir, ci salto sù e tanti saluti cara, dal finestrino mentre l'autista mi elenca le merci trasportate, guardo il mare invernale incazzato più di me e scorgo un orizzonte perduto…

mercoledì 19 maggio 2010

evasione

Ridicolo, irrazionale, da solo sto camminando nella mia isola, piedi nella sabbia e onde sui miei piedi e riverberi sui miei capelli, sento un rumore e mi metto a correre come se fossi minacciato da qualcosa. Chi mi insegue, chi segue le mie tracce? Sì ti vien da ridere, lo so. Anche a me verrebbe da sorridere se fossi in te. Ma è più forte di me. Il fatto che farebbe divertire me è comunque il motivo per cui non riuscirei a scattare come una volta… sono diventato più lento, anch'io sono stato ragazzo, arrabbiato, aggressivo, veloce a scattare per un nonnulla! Ora da anziano sono più indulgente, meno rigoroso, più generoso. Più tollerante. Amo le donne, il vino, il buon cibo abbondante? Non più… non riuscirei a digerirlo facilmente e così la felicità di gustare un arrosto si intreccia all'angoscia dell'impossibilità di consumarlo tutt'intero. Molte emozioni, grandi sentimenti alla vista della succulenza, poche reazioni, piccole erezioni al pensiero dell'avanzare dell'età. Sono comunque un bambino, affascinato dal mistero, dalla magia, dal sogno… e dietro l'angolo vedo mille spettri, ho milioni di paure e recito a memoria miliardi di incantesimi per scoraggiare i primi e cancellare le seconde. Non ho alcuna difficoltà a ricordarli e non sento la necessità di evocarli, sono con me, si ripropongono al bisogno, sono in me sempre. Anch'io sono stato cresciuto in una famiglia cattolica, sono stato allevato nel timore di Dio. Anch'io venivo punito e rinchiuso nella stanzetta a ripensare e rimuginare, cos'ho fatto? e di male? ormai l'ho fatto! e non ci penso più! Guardiamo avanti, studiamo nuove nevrosi, guardiamole con quell'obiettivo potente e capovolgiamo la realtà, l'unica speranza di salvezza che abbiamo. Magia, illusione? No, cinema, il più grande e attendibile traduttore della verità umana. Prego, venite pure, accomodatevi, l'ho creata per voi, una ricetta originale e sempre valida, nuova e vecchia, commovente e tremendamente lucida… eterna favola, testamento perenne.



Possa ogni cosa ritenuta abituale, inquietarvi

martedì 18 maggio 2010

Body and soul

È proprio vero, di notte esci e fai un giro, e vedi una città diversa, sul marciapiede dove aspettava la nonnetta il bus stamattina c'è una prostituta ammiccante. Nel sottopassaggio, dove mi avventuro, al posto del marocchino Abdul c'è il nigeriano che spaccia polvere bianca e suadente. In metro dove hai pressato contro il sedile in fondo gli impiegati e gli studenti ora spii con diffidenza due tipi con una chitarra nel fodero… sarà una chitarra? È un incrocio al quale si scontrano sregolatezza, droga e alcol.
Meglio non andare per il sottile, sono anch'io un poeta dannato e li racconto tutti costoro, bluesman bianco, cantore dell'America underground; l'emarginazione e la provocazione come per il mio amico Buk sono il mio pane e il mio gin, il mio sesso e subito dopo il mio fumo. Sbuffo e gracchio parole vere, accarezzo e spazzolo la tastiera, alito pesante e febbrile, urla disumane e slanci romantici, deliro e metto in scena il mio blues aspro e dolce insieme.
Girovago per vocazione e cronista per necessità, ascolto le storie di puttane invadenti, degli ubriaconi che ti strappano un drink, di clochard buttati per terra che non accettano di guardarti i piedi… poi le ricanto, e i miei colleghi lavapiatti battono le mani bagnate e la gente ride e parlotta e mi guarda e si interessa mentre strimpello al piano bar. Ho finito di far lo sguattero, è finita l'eroica merda, ma non crediate di avermi comprato, non voglio riflettori, rifuggo la fama e lo show business. Continuerò ad essere beato, ma battuto. In eterno on the wrong side.



l'unica ragione per scrivere canzoni nuove è che ti sei stancato delle vecchie

lunedì 17 maggio 2010

NEGRAeAMARA


Mi guarda stupito, s'accosta al mio odore acuto e mi grida forte, prendendomi da dietro, afferrandomi violentemente, una mano stringendo alla gola e una mano impugnando energica il seno destro! Mi strattona più volte, una due tre, venti, trenta spingendo dentro tutto il dolore, la sofferenza, il disamore che ha conficcati profondi nell'anima. Crede di avermi finita, mi lancia un'ultima disarmante minaccia e sgorga lancinante un vermiglione denso e largo… la bocca mi fa male, gli sputo in faccia tutta la mia velenosa dignità, la mia superiorità si rende chiara, bianca come la neve, pura e fredda a lenire il dolore! Mi volto lentamente e un colpo inferto ad arte lo sega di netto… Ce l'ho di fronte, lo fisso dritto negli occhi e gli parlo a pari… amara nel gusto, indigesta al padrone bastardo!

domenica 16 maggio 2010

cosmodramma

Pura alchimia odierna. Senti che sta arrivando, ne odi il suono e stai lì in attesa, fremente, poi quando arriva, fredda e avvolgente, trasalisci e ti ritrai. Ma poi ti lasci superare e la ammiri, rimani un attimo a bocca aperta, l'occhio scende e sale, dalla punta al fondo, sei tutto bagnato e fradicio ti allontani, non t'è bastato, insaziabile come sei.



Stai aspettando impaziente che si ripresenti l'occasione, e ti prepari, sovrapponi freneticamente strati di stile d'avanguardia a ruffiana e dorata quietudine. Una camicia bianca aperta su un laccetto con cuore. Mah, forse è meglio che lo tolga, non vorrei che pensasse… L'ha cercata per ogni angolo del pianeta e l'ha trovata a casa sua, due isolati più in là.


Appare ufficialmente innamorato… o forse è troppo, diciamo preso dal ritmo delle sue movenze eleganti, dall'innata inclinazione coccolona e dalla disarmante maestria seduttiva. Deve solo ricalibrare e perfezionare l'arte di approccio e poi sarà sua. Lo sente, a destra e manca, avverte il moto, avrebbe dovuto stabilizzare l'asse di rotazione, maledizione. Pazienza, troppo tardi, si comincia…


… è una folle rincorsa contro il tempo, uno strumento incerto e fracassato ondeggia tra le pause, una squisita ma illusoria partita, un trabocchetto in cui è voluto cadere, l'attrattiva e lo spettacolo nasce, cresce e muore nel disincanto armonico e nella propulsione di braccia, gambe, lingue, curve ed effetti speciali. È disarmante l'ultimo colpo, gli è passato accanto senza nemmeno accorgersene.


Nel bel mezzo della faccenda variegata e unica, in tutte le sfaccettature e nella sola terribile vibrazione dell'anima, generoso e passionale, ancorato a lei ne trae linfa e dorme la testa sul suo fianco. La farfalla ha sorvolato le ampie distese verdeggianti e il deserto caldo, sbalzata da una fioriera all'altra, libera e stremata, ha penetrato i suoi meandri più dolci.


Un ultimo frullio forsennato e quasi metodico le ha teso una trappola e ha vinto la sfida. Universale vittoria, riconosciuta dai più. Ora basterà una folle rincorsa contro il tempo, una celere ripassata e l'impatto sarà ogni volta rinnovato e ipnotico, basterà seguire un asse di rotazione stabilito e preciso, attraverso il quale sì, disorientarla e strizzarla e condirla: Vibra per me animaletto indifeso.



Roseo e pacato, ti incastoni e ti sovrapponi meccanicamente, giù, giù sincopato come un cambio d'auto sincronizzato, conservata nell'olio della vita lei sprigiona energica liquidità e timida femminilità. Accidenti non sei stato mai così rapido, inflessibile, cattivo e spudorato. Mostro, un vero talento!



emozioni in musica

sabato 15 maggio 2010

solfeggio

Maestro senta, secondo lei, mia sorella sarebbe troppo piccola per imparare a suonare la fisarmonica? È nell'altra stanza. L'altro giorno l'ho scoperta con gli occhi socchiusi, disegnava un cavallo con i pastelli su un grande foglio bianco. Un cavallo bianco su foglio bianco. Tutt'intorno aveva preso a tracciare a tratti fitti fitti un cielo azzurro senza nubi a sporcarlo. E lei suonava il pezzo di Piazzolla, me ne faceva sentire una variazione. Ricorda quando m'ha chiesto un bicchiere di limonata? Bene, io sono entrato in cucina e l'ho sorpresa mentre ascoltava, rapita, la sua esecuzione. L'ho anche chiamata. Ma lei non era lì. Lo fa spesso. Gira, immagina, si sposta, vola e muove la testa a ritmo.
A volte io e mamma ci preoccupiamo. Invece papà no. Lui dice che è il suo modo per sognare, ed era anche il suo. Lui aveva un grande cavallo, vero, però, e marrone e ci andava a galoppare per le campagne. Augusto, si chiamava. Lo aspettava ogni sera quando tornava dal lavoro, si faceva strigliare per bene e poi partivano tutt'e due per altri mondi. Ci dice di star tranquilli, ché di sicuro è stato lui a trasmetterle questa passione per il cavallo e per il viaggio. Ma io un po' mi preoccupo. Almeno lo dicesse, che anche a lei piacerebbe suonare il mio strumento.
Sa che mia mamma ha visto un giorno che batteva le mani e recitava le note? Sì imitava me quando solfeggio. Chissà esisterà una fisarmonica un po' più leggera che le permetta di non stancarsi troppo. Io provo a parlargliene e vediamo. Se vuole, può farlo anche lei, le faccia i complimenti per il ritratto che le ha fatto l'ultima volta e intanto le chiede se le farebbe piacere imparare la musica. Vabbene, ci vediamo martedì, la aspetto, stessa ora, stessa limonata. Buona giornata maestro Passiatore.

venerdì 14 maggio 2010

salesabbia


Incendiario, distruttivo, esplosivo. Eros e thanatos nelle saline si impadroniscono dell'uomo povero e lo fanno ricco, di un bene supremo che nulla ha a che fare con l'ordine alienante della civiltà dei consumi. L'uomo-macchina è ora uomo-dio, fuso nell'armonia della natura alle cui leggi e ai cui ritmi ancestrali, e solo a questo egli deve attenersi, aspettare e segnare l'oscillazione lenta, erosiva, solenne cadenza, ticchettio, musica magistrale con il quale ci si culla, beatamente primitivi e sentimentali.
Figlia dei fiori immortalata in una sequenza dalla bellezza mesmerizzante, onirica, trasfiguratrice, una donna dal viso incorniciato da lunghi capelli in un'aura di sogno simbolica si unisce a un uomo, tutte le donne e tutti gli uomini si uniscono nella cristallizzata sensualità del sigillo del bacio, salati, sapidi, consapevoli protagonisti del gioco e della realtà della primordiale materia insufflata di vita, si mimetizzano nei frenetici corteggiamenti, si fondono con la sabbia che li ricopre, li vince, li sostituisce.
Il tentativo è riuscito. La dimensione olistica e adamitica, laddove il sistema capitalistico ha ridotto l'uomo, creatura a sangue caldo palpitante, a umanoide, inorganico automa privato di soffio vitale, è recuperata, è vittoria dell'amore che schiude le sue delizie nell'edenica valle. Non è un cimitero, c'è più vita nel deserto che non nel turbinio delle metropoli popolate da morti viventi.
Ora la donna, creatrice creatura creata per plasmare le vite, esercita il suo potere salvifico, rivolge l'occhiata profetica a me e soffia l'alito distruttore verso la sgraziata costruzione artificiale che, come un bubbone sul corpo della dea, infierisce e ferisce l'organismo maestoso della natura antica. Via il male, nuova vita, nuova speranza…


secondo me ci sta benissimo… classic blues

giovedì 13 maggio 2010

tempus fugit

Una tentazione continua, quella di fuggire… rompere gli indugi, limare quelle sbarre, sventrare quell'involucro nel quale una mattina mi sono ritrovato e spiccare il volo.
Un bozzolo che non mi appartiene più rimane inanimato ai piedi del mio letto.
Voglio solo partire, demolire la dimensione della consuetudine e spezzare questo vincolo di disinteresse. Sabbia negli occhi trasmessa da quello sporco scirocco.
E con gli occhi così, guardo giù e non avverto più la loro presenza. Come poter combattere un nemico che non si vede?
Come impalpabile nebbia si infiltra dappertutto nella mia bocca, la raschia come vetro e inibisce ogni leggerezza.
Pesante il mio corpo, atterra e mi riporta in un'altra prigione ben più tetra, seppellito vivo da una spessa coltre, mi sta sopra, mi dice che è bello esser come lei, lei sì che si sposta perennemente e rifiuta ogni forma di vita dentro di sé.
Mi eccito e un po' mi sollevo al solo pensiero, a quanto possa essere opprimente tutta la realtà di questo mondo, stretto a rimanervi aggrappato, potrei imitarla e trasformarmi in un granello, fondermi con lei; informe e vana, anche se dovessi sgretolarmi e ritornare in superficie, l'unica legge da rispettare sarebbe la sopravvivenza, ripetuta e ripetuta, all'infinito.
'Basta schiavitù, basta legami, basta catene'…l'ho detto io e appaio ora ancor più schiavo, ancor più legato, vivo e mi muovo, mi affanno e mi stanco, è solo apparenza, un castello inutile, precario e pronto a disgregarsi, corrotto e corroso dall'interno, marcio e abituato al buio, tanto che una volta trovata la via d'uscita, sì, ormai, avrò paura della luce.








il pesce canterino


Chi di voi ha ascoltato Trout Mask Replica di Captain Beefheart and ecc. ecc. alzi la mano! bè sì, mi fido, non la vedo e nemmeno se ce l'aveste in alto sul vostro bel capo potrei vederla. Se aveste qualche dubbio guardate la meraviglia che è riportata quassù, quella è la copertina. Se avete alzato, idealmente, la manina continuate a leggere, altrimenti desistete, chiudete il libro e procuratevelo.
shhhhh… silenzio per i primi interminabili minuti alla partenza del cd, alla prima track, ma inizia o no? Trepido e comincio a spazientirmi… la pazienza non è una mia dote, che? Sono nervosa più di una caffettiera, quando esce il denso e schiumoso liquido marrone, vuoi che si bruci? e allora versaaa!
Finalmente parte. E io cambio espressione a ogni secondo, ma cos'è? È sconvolgente. E anche deludente. Un attimo… piano, forse ho la bocca amara, sento un sapore strano. Eppure lo bevo sempre senza zucchero. Dev'essere oggi, sono indisposta. Ma voglio vedere come va a finire, non sia mai che io non capisca, non sia tranquilla… Sembra che non abbiano mai provato, tutti per i fatti loro.
Un pesce che urli, e che non emetta alcun suono. Caspita, mi sa che è proprio questo il senso. Lui è un blues man e i blues man stabiliscono il ritmo seguendo il sentimento che esprimono in quel preciso momento, ritmo disgiunto e libero. Deve avermi guardata in faccia prima di incidere… e se mi guardasse ora? Sarebbe ultra divertito. Tutte le mie conoscenze e le certezze ridotte in poltiglia e buttate nel cesso. Sta facendo un esperimento doctor Hyde e io sono la sua creatura. Deve avermi pensata quando ha detto ai suoi: dai disegniamo un po' di terrore in faccia a quella!
Comincio a gustarne la terribile ricetta, l'aspetto più saliente: la tessitura realizzata con l'uso della doppia chitarra che da vita a un contrappunto fittissimo. Ora acquista un'omogeneità inaspettata, una cruda e perfetta omogeneità. Lui mi ha fatto un regalo, nuovo, spoglio e primitivo, anch'io a-storica e straordinaria. Ci sono voci, un grande assolo di sax, filastrocche, dialoghi.
È un'avventura insoluta, un'esplosione selvaggia, una forza tellurica, è la crisi dell'ascoltatore, è il primo orgasmo. Il più debole lo interromperà all'8° minuto, il più curioso lo finirà ma lo butterà subito dopo, il più allucinato lo terrà per sempre, ma non lo archivierà sotto nessuna voce, è un cd da tenere a parte, al massimo se volete dare un titolo immaginario allo scaffale, alla cartella su computer, chiamatelo prima volta.

mercoledì 12 maggio 2010

un buon piatto

l'arte di tacere

Le medesime passioni hanno nell’uomo e nella donna un ritmo diverso: perciò uomo e donna continuano a fraintendersi. - by Friedrich Nietzsche

Sono colori e luoghi diversi, respiro che si fa ritmo, flusso che si blocca, rumore che diventa musica. Le parole scivolano sinuose o travolgono impetuose. Bambina amavo il buio e tutto ciò che potesse accogliermi dopo il rimprovero. Rifiutavo l'abbraccio consolatorio che consideravo ipocrita e falso. Il mio silenzio era ed è ancor oggi il rifugio sicuro nel quale proteggere i miei sentimenti fieri e duri. Il silenzio è la mia lingua, il linguaggio dei segni dei miei occhi. Parola vacua, pregiudizio e paura allettanti ma mediocri, via, via! Sognata e dorata si conquista oggi, e domani si annerisce, la polvere le si posa e la rende pesante, un macigno che non riesci a spostare, spingi a suon di scudo, ma quella rimane in difesa, se non in attacco, e tu perdi, la perdi, donna raggiunta e ora lontana, diffidente e battuta. Ti lasci cadere su quella sedia e quella si rompe, una frattura che si apre dolente e ti precipita, e sbraiti e ti divincoli, e acchiappi l'aria intorno a te, ma niente a cui aggrapparti, piccole imprese e imprudenti, insincere e inutili, aria fritta, pulviscolo pretestuoso e continui a perderti…



Jean Paul Sartre ha scritto: Si stia pure fermi e muti come sassi, la nostra stessa passività sarà un’azione.

martedì 11 maggio 2010

mamma africa


Forza e vitalità, immagini e colori, personaggi indimenticabili, piccoli grandi eroi che lottano per rimanere esseri umani, atrocità e bellezza impareggiabile, immaginazione che deriva dalle difficoltà e dalla desolazione a cui sono condannate le nazioni di una terra fantastica animate però da una grande resistenza e dall'insopprimibile bisogno di libertà.
Imprese epiche impossibili, paura che attanaglia i cuori, coraggio leggero e giovane, esperienza paterna e fantasia filiale, guerre, carestie, ricchezza e fame, lotte sociali e devastazioni ambientali, memoria e futuro, ricerca del riscatto femminile portano prepotente e strabiliante sulla scena letteraria mondiale, la nuova voce dell'Africa.
È diversa, è talento vero e assoluto, è grandiosa e allo stesso tempo minuscola realtà, la scrittura degli autori africani, piena folgorante visione dell'orizzonte così lontano così vicino, delicata e potente abilità grazie alla quale tu lettore ti commuoverai e piangerai e dispererai insieme ai personaggi.
Apri quella finestra e immergi i piedi nel giallo e immenso deserto, ti strisceranno affianco sinuosa e guizzante solitudine, memorabile e poetica tragicità, ti bagneranno magnifiche solidarietà e comunanza, ti asciugheranno cocenti abbracci e drammatici abbandoni, lasciati trasportare e cammina insieme a loro, seguendo i cammelli delle carovane, guarda lontano e toccalo, fa tuo quel mondo sconosciuto, è un consiglio… io non sono ancora tornata, mi troverai lì.
Mi ci ha condotto un certo Mene nel 1992 al ritorno da una guerra non sua a causa della quale c'è la prigione, sozacapitani che ti fanno bere la piscia, aerei che cagano bombe, cose senza senso… siamo scappati insieme, lui dalla tragedia del conflitto etnico, io dalla barbarie dell'indifferenza.

O sinal dos meus pés é invisivel agora…

qualche nome?
Nadifa Mohamed
Shailja Patel
Maaza Mengiste
Mohamed Aden Sheik… e naturalmente Ken Saro-Wiwa, a 15 anni dalla sua morte, ancora non riesco a spazzare la vergogna.


popolo delle quasi libertà

Non si può parlare chiaramente, non si possono nominare i ladri, non si può raccontare la realtà, non si possono elencare le porcate dei politici e dei delinquenti e ditemi voi quali, se ci fossero, differenze ci siano tra queste due specie… forse un quasi?
Ora non so se il grado di sopportazione del politico sia simile a quella media dell'essere umano qualsiasi, perché a questo punto, chiederei a me e a lui, ma finora non ti è capitato mai di finire così per caso su rai tre a una data ora, a un dato minuto, di un dato giorno della settimana? Che sia stata una sorpresa? Che abbia fatto svegliare dal torpore sbattere il muso ora sul romanzo di Saviano, ora sul monologo di Celestini?
Io credo che loro si stupiscano sinceramente quando qualcuno mette in discussione i loro privilegi perché non li considerano più neanche tali. Bisognerebbe rovesciare la loro vita completamente, con questo non sostengo che D'Alema non debba più andare in barca, ma forse un tram ogni tanto lo dovrebbe prendere. Ecco, mi ha proprio letto nel pensiero. Sono convinta che la politica si indigni perché è lontana dalla realtà quotidiana di noi poveri mortali.
E a me dà mortalmente fastidio che sia così, e la cosa peggiore, penso, sia che il giorno prima delle elezioni appaiano normali, il giorno dopo una volta insediatisi, si trasformino, dimentichino promesse, doveri e obblighi, compiti e responsabilità e si sentano investiti di una divina immunità che li porterà a salvarsi soli e beati… e il popolo? Oddio chi è? È uno choc. Scoprono dopo un po' che al di sotto delle finestre del potere c'è una folla vociante e incazzata che protesta. E ora? Che si fa? Non sono abituati al sudore, alla fatica, al fatto di non poter arrivare alla fine del mese… e se una volta normali sono stati, l'hanno dimenticato!
Tutti accomunati da quelle sedute morbide e comode nel salottino per bene a sorseggiare whisky e a giocare a bridge, maggioranza e opposizione, tutti a ricercare privilegi e piaceri, benessere e corruzione, appoggiati e sostenuti dai mezzi di comunicazione, ruffiani più che mai. E allora quale libertà? mah… quasi libertà, 60 milioni di quasi cittadini, quasi liberi. Il benessere ci ha fregati. Chi vorrà fare la rivoluzione se ha la possibilità di farsi una doccia?


lunedì 10 maggio 2010

in volo

Ci sono persone che non riescono a star ferme. Quant'è che hai fatto l'ultimo viaggio? Ci sono anime inquiete che saltano nel vuoto, che s'immergono nel buio e il viaggio è l'unica chance che rimane loro. Ma non un semplice stacco, un reale strappo, un estraniarsi da tutto e da tutti. Vogliono solo librarsi, in punta di piedi si sporgono da quel confine e guardano oltre, e poi spiccano e mollano ogni zavorra. È un bisogno, è la vita che prende il sopravvento, la vita che hanno rischiato di perdere, si impossessa della loro volontà e niente possono se non esiliare perennemente se stessi.
L'anima attraversa i secoli, non si riconosce in nessun corpo, in una esistenza. Ti trascina in una spirale di attimi che non puoi interrompere, hai l'unica possibilità di correre fuggire inseguire la fioca luce, la vedi e si fa sempre più lontana, è una condanna che sbarra il passo, è un segreto inconfessabile, se ci provassi si perderebbe in mille frammenti, come pulviscolo.
Se la tua vita è stata una continua lotta, ti volti indietro e ti accorgi che ogni conflitto ha lasciato solo un cumulo di macerie e tu non hai fondamenta su cui costruire nulla, e così parti. Tra la folla, volti che non conosco e non riconosco, mi insinuo, a passi veloci, danzo fino a raggiungere il mio nascondiglio, dove indugiare tra i miei libri, pagine da scoprire, annusare, carezzare.
Sarà un miraggio? Se tutto fosse evanescente sogno, se potessi aggrapparmi a una speranza, non combattere più, non fronteggiare ogni ragione, riuscirei a trovare un mio spazio, adatto ad accoglierne anche gli altri, dal quale non mi sentirei trascinato nel vuoto, non scatenerei intemperie, l'anima si placherebbe in un abbraccio, ci sarebbe un approdo possibile…
No, pioggia incessante che cade e ferisce, lei prescinde da ogni volontà, ti chiude gli occhi e tu sguazzi tra le pozzanghere, guizzando divertito, cercando di sfuggire ridendo a chi ti insegue, e ti mette alla prova, si infrange al suolo e si allarga, macchia trasparente, dove si riflette il cielo, prima che i passi frenetici sporchino ogni cosa.

L'ultima stella
Il mio argenteo guardare stilla nel vuoto
mai presagi che la vita fosse cava.
Sul mio raggio più leggero
scivolo come su trame d'aria
il tempo in cerchio, a palla,
instancabile la danza mai danzò.
Freddo serpente scatta il fiato dei venti,
colonne di pallidi anelli salgono
e crollano di nuovo.
Che cos'è la silenziosa voglia d'aria,
questa oscillazione sotto di me,
quando io mi giro sopra i fianchi del tempo.
Un lieve colore è il mio movimento
ma mai baciò il fresco albeggiare,
mai l'esultante fiorire di un mattino me.
Si avvicina il settimo giorno -
E la fine non è ancora creata.
Gocce su gocce finiscono
e si sfregano di nuovo,
nelle profondità barcollano le acque
e si accalcano là e cadono a terra.
Selvagge, scintillanti ebbre-braccia
schiumano e si perdono
e come tutto si accalca e si stringe
nell'ultimo movimento.
Più breve respira il tempo
nel grembo dei senzatempo.
Arie vuote strisciano
e non raggiungono la fine,
e un punto diventa la mia danza
nella cecità.

(dal 1996 - Loco settembre)



da una senzatempo