martedì 19 luglio 2011

arrileggerci


Arriva alle spalle, gelata e potente. Mi travolge, sollevandosi proprio in prossimità della nuca abbronzata e mi supera con uno spruzzo alto e beffardo. E io rido, tanto. Sembra che non abbia la forza per rimanere a galla, ma le gambe si muovono, unicamente per quello. Inerzia? Il mulinello sviluppatosi mi spinge sù e mi solleva al di sopra di tutti. Rido. Canto, forte. Ritornello, solo. Le parole si ridisegnano intorno alle mie spalle, si nascondono nei riccioli bagnati e ricompaiono sulla fronte per scivolare sulla punta arrossata del mio naso e tuffarsi rumorosamente. Dall'acqua richiusa emerge un impulso nuovo che il sole cocente non potrà piegare. È reazione chimica, rimozione del vecchio e inutile; è battaglia continua contro l'ansia e la resa. Lo spirito indomito è vivo! Porzione e intero. È stato un pezzo incidentale. Un moto di rabbia. Un urlo insopprimibile. Un pensiero disarticolato. Una porzione sbrindellata e informe che non può definirsi scrittura. Abbozzate, che sia o meno stile, son postume prima che io parta. Chi sei tu per ridere, piangere su queste pagine? Le recupero tra le carte sparse. Da una frase-incipit scivolata fuori dalla tasca, dimenticata e sgualcita, mi ricongiungo all'ossessione d'allora; riesce a riemergere - il periodo confuso - aggrappandosi alla puntuale punteggiatura, si fa articolata riflessione, trascinata dal flusso e collegata, anche se illusoria e frammentaria, alla mia arte complessa, quella che s'unisce a me, caustica, e s'insinua, disonesta, a consumare carne, organi e speranza. Non lascio nulla al futuro se non la familiare sensazione che la banalità degli stati d'animo possa essere condivisa, che lo si ritenga una ripetizione o un riscatto, troppo arduo mi appare oggi, potrebbe affrettare l'ora fatale e perciò sciolgo legàmi e possesso e mi accomiato. Starò meglio. Sto già aiutandomi a star meglio.

mercoledì 13 luglio 2011

Il settimo passo


Son sette? Come le meraviglie? , le rispondo, e cerco di far breccia e di creare un intermezzo… è scoraggiata, ma tanto giù che riesco a intravederne le suole. È profondamente depressa, anzi per esser precisi, nel continuo oscillare pendolare tra gli eccessi di simpatia e le picchiate violente ha scavato una buca enorme e lì in mezzo ad acqua gelida e buia si opprime e perde speranza. Per prima cosa ti regalo un epilogo, un sublime approdo sul quale sciogliere in toni surreali le tristi circostanze… scegli se legare le cime o sfiorare gli abbracci rimanendo alla deriva. Ho sognato che ci fossero due soli. Uno tramontava, l'altro sorgeva in uno scambio di reciproca gentilezza. L'uno si tuffava non appena scorgeva l'altro che giungeva a toccar la sponda. Gli eterni lottatori sistemati sulla pista illuminata, i poderosi nuotatori sempre in bilico tra gli abissi e la superficie. Persevera. Inseguimi. Resisti. Che tris inossidabile: io, te, i mulini a vento. Sempre più audaci, ogni volta più tesi nell'insopprimibile volontà di perseguire l'unica ragione di vita: serra, irrora, nutrilo, suona il motivo celestiale, quartetto d'archi in lontananza, abbatte tutti i muri, potente, inscalfibile, ingovernabile. Dobbiamo esser spontanei, questa è la nostra arma, priva di disegno logico, si serve di un piano improvvisato in cinque minuti, rimango inossidabile vedetta orientata a nord, a individuare i margini, a tenerli lontani. Ostinato tempo, prendi una scorciatoia, vuoi privarci del ruolo da protagonisti, ma noi, sull'onda emotiva del respiro impresso e della lacrima mai sgorgata, tagliamo gli ormeggi e calchiamo la scena sesta quella in cui è scritto lo sberleffo al destino, ignorando tutti i canoni, invertendoli e sovvertendoli... lei ama, lui ama. Il senso di lettura, la contesa tra buio e luce, l'inizio o la fine del sentiero, le sbarre e gli squarci, il pieno svuotato, gli occhi spenti e i visi accesi. È Settima arte, palindroma come i loro nomi, quella O che ti si disegna sulle labbra, il suono della sorpresa e dell'emozione circolare. Ottima.

Volevo scriverti una storia sulla magia. Volevo conigli che spuntassero dai cappelli. Volevo palloni che ti sollevassero fino al cielo. Ma è diventato tutto nient'altro che tristezza, guerra, afflizione. Non l'hai mai visto, ma dentro di me c'è un giardino.
Io sono febbraio - Shane Jones

lunedì 4 luglio 2011

occhi neri


Come pupilla, nera; come pupilla, succhiante
la luce - ti amo, perspicace notte.
Dammi voce per cantarti, o progenitrice
delle canzoni, nella cui mano è la briglia dei quattro venti.
Chiamando te, glorificando te, io sono soltanto
una conchiglia dove ancora non s'è taciuto l'oceano.
Notte! Ho già scrutato a sazietà nelle pupille umane.
Inceneriscimi, nero sole - notte!

Non rimarrò ferma, e vedervi camminare. Non son fatta per stare a guardare, transenna a impedire o permettere il transito. C'è in me una forza che si fa strada. Passo dalla terra all'aria. Mi faccio goccia nella nuvola e piovo, dinamica e bella, a sbocciar fiori nel mondo, grandi e multicolore, ci sopravviveranno e creeranno un insieme e una comunione capaci di cambiare presente e futuro. Ti pare che io sia immobile? Vedi piatto? No, ci spostiamo e andiamo verso un fine ultimo. C'è un ordine interno in nome del quale opera il mistero solenne che scorre e attraversa il buio bulbo dei tuoi occhi. Vi aderisco spontaneamente e percorro al contrario la storia, dalla generazione all'accoglienza al disfacimento. Calpesto quella polvere e la sommuovo ed essa viaggia insieme a noi e tu con me. Chiediglielo. Che ci riveli i suoi segreti. Quando e come sia scaturita dalle stelle e sia ricaduta ad illuminarci, per trapassarci e vincerci, per abbatterci e perdersi con noi, su di noi.

Versi di Marina Ivanovna Cvetaeva