martedì 25 ottobre 2011

But to what purpose



Amm - Ammmusic 1966 - George Russell, Ezz-thetics - Thougths/Round Midnight

Ogni sorta di cose sarà bene
quando lingue di fuoco s'incurvino
nel nodo di fuoco in corona
e il fuoco e la rosa siano uno
Thomas Stearns Eliot

Scruto impassibile il lungo, nero vuoto che mi separa dal mondo. Non ho mai tentato di aprire la porta lì in fondo. Il giorno che vedrà la luce o la precipitazione nell'immenso giaciglio m'appartiene e m'affascina sin d'ora. Giungerà il tempo mio a distorcermi lentamente come un crampo subdolo, seguiranno silenti, microscopiche voci suadenti e allo stesso tempo spaventose. Vedrò l'esplosione come uno spruzzo unitario giocato sui colori... come potrebbe essere altrimenti? Li sentirò pastosi, densi, pesanti, mi farò inglobare nella composta fusione e vi sprofonderò appagata e felice. Sì. Sorprendimi se vuoi. Potrai assistervi, certo. Ti lascio un posto in prima fila a suggerire all'esecutore l'isteria del momento. Sarai ammesso ad aggiungere particolari nuovi, abbandonata sul pavimento delle quinte la solitudine, sarà l'armonia corale... Sarà, ma per improvvisazione, maneggiato con cura ed esasperato, lo strumento corpo verrà slanciato in un lancinante urlo di delirio angosciante per i più. Me ne priverò finalmente, io eterna astratta spiritualizzazione, leggera e pericolosamente funambola prenderò parte all'ennesima burla quantomai ambiziosa e solenne: parteciperò alla mia personale, l'esposizione frammentaria esasperante. Non fermarti. Passa oltre. Non è opera da ammirare. Rifiuterebbe la critica, ti sputerebbe indietro l'estasi. Nell'infinito sequel di dialoghi tra me e me, tra me e te, tra me, te e la natura umana, ho tratto istruzioni mai indispensabili, foglietti ripiegati e stropicciati puntualmente buttati o riciclati per memo smarriti. Non voglio cader preda del nichilismo morale, son capace di tirar fuori l'io dall'involucro inutile e puzzolente di stantio, ogni volta più veloce, sempre più immediato. Non son mai stata un fumetto innocuo. Vivo e mi estendo al di fuori dei margini, torturo il bianco, lo riempio di materia paranoide e lo angoscio di giallo delirante. Il sollievo cede il posto a una profonda voragine d'inquietudine e paura. Le tue, e la mia identità in attesa del tempo diluito e smarrito si tende a raccogliere un presente indeterminato ed eterno. Vieni... Vengo.



lanciò l'amo Eustaki, Petrolio abboccò…

lunedì 17 ottobre 2011

sigla



Non vorrai mica interrompere il mio flusso di riflessioni? No, non ho mai smesso. E non penso che sarà facile mettere la parola fine. Non riesco nemmeno a farli entrare tutte nella mia valigia di cartone. Ho pigiato quanto più potessi. Ma non si chiude. No. Ho lottato per sbrogliare l'enorme matassa dei sogni, quelli avveratisi e quelli impossibili. Giusto per traslocare leggeri. Ma lascio perdere ancor prima di iniziare. Mi seguano quelli che calzo a pennello. Io smetto la cernita, è inutile e troppo faticosa. Cosa porteresti con te in un'isola deserta? Un libro che consumerei. Un dipinto che userei come tappeto. Un disco da far tormento. Cominci pure il mio esilio. Son pronta all'eclissi. Muovo per prima e penso già alla prossima mossa. È una battaglia quel gioco. Non ti rendi conto finché non ti si scaglia addosso, nero e cattivo e giù, di fianco al fianco, colpita a morte, eliminata. Game over. Ora dopo aver letto due righe, m'adagio su Guernica e dò un giro di manovella, m'addormento.


martedì 11 ottobre 2011

distanza


Crepuscolo. Turbinìo fiacco di neve e vento caldo, umido e ritmato, confonde la vista, accende il pelo fitto, si posa a curvare il tuo corpo vivo. Arrivi stanco e turbato, quasi non ti riconoscevo, quando ho aperto e son rimasta piegata sulle gambe nello slancio frenato di saltarti addosso. Solo quando hai deciso di scuoterti di dosso tutto quel cumulo di bianca e pesante patina ho levato le ancore e senza pensar due volte ti ho strappato all'uscio e t'ho affogato di baci e carezze.


Ma il nostro amore non è fatto
di testa, né di cuore o di sesso.
Sorge dalle viscere implodendo
della sua stessa violenza.
È un amore fatto di umore.
Amore-tumore, pensi tu.
Amore-tremore, dico io;
un terremoto, in definitiva.
Questo solo chiedo alla vita:
non sia tu l'amara deriva.
Jacqueline Spaccini

dal 2008 (Loco-Gennaio)

mercoledì 5 ottobre 2011

insegnami la sete

L'acqua non è una cosa che puoi trattenere. Come gli uomini. Ho provato. Hai sete, bevi, e hai ancora sete. È un rito, una serie di gesti che compi con religiosa puntualità, riapri e chiudi. Pensi, ripensi e ricopi. Ma non c'erano degli appunti? Ma sì, non ricordi? Anche una serie di foto scattate in occasione di quello spettacolo. L'autografo, i sorrisi e le strette di mano. Gli abbracci contenuti e le rose. L'odore forte e i petali sparsi qua e là. Lasciati andare. Ancora lo sento. Fiducia e paura. Senso di vuoto e ritmo. Passo, passettino, giravolta. Viaggio. Partenza e ritorno. Rincorro la tua immagine, ti vedo ancora. T'ho perso. Riflessi sul pelo dell'acqua. Risacca che cancella tutto. A piedi nudi prendo un po' di colore proprio sotto il tallone. Verde intenso. Con l'alluce pesco una piccola quantità di grigio chiaro. Ci vuole il blu oltremare. Non ne ho. Finirò per miscelarne altri due. Mi inginocchio e giù un azzurro a chiazze sulla tibia e poco più sù. Ora sì che la sento. Inutile cercar di controllarla, afferrare e possederla. Densa e sorprendentemente sciolta, presente ma allo stesso tempo oscura e simbolica. Si allenta la tensione, si fa prendere, sta stringendo cerchi sempre più piccoli e trasparenti, intorno alla mia vita. Ora sì che ti percepisco. Ti vedo già. Ti lavoro con i polpastrelli. Partecipi e ti fai solleticare, il tempo di assestarti e di rilassarti appena, di dar forma al flusso, la tua acqua in un violento spruzzo mi spinge indietro e io rimango a faccia in sù a guardar il cielo che mi parla di pioggia. Sorseggia, mi dici e non deglutirmi mai.

Frase iniziale Antropologia dell'acqua - Anne Carson