martedì 11 ottobre 2016

Nodi.

Velocità limitatissima. In direzione accondiscendente e a favor di vento. Ché la voglia d’andar contro s’è dileguata e i tempi per percorrere la distanza tra il punto f e il punto g, a caso, dal buco su a quello giù, a scelta, s’estendono e in egual modo sfumano e si velano e sfumano e si dissolvono. E ormai si parte per divincolarsi, per deregolamentarsi, per districarsi. E si ritorna assuefatti e poco inclini alla normalità. Scopo? C'è?
Ideale sarebbe salpare e non attraccare. Mai. Essere l'esploratore che non desideri girar l'angolo immaginario e incrociare lo sguardo ostile del nativo, impersonare il marinaio che non ambisca a scorrere sulla china irreale e ramponare la gobba del candido cetaceo. C'è un indirizzo scritto male, il testo non è chiaro: ci si perde. E forse l'intento, mai dichiarato, ma strettamente intrecciato, è quello.
Com'era la storia? Cominci il racconto, ma ne smarrisci il senso nel bel mezzo, hai sciolto l'ancora, lì all'ormeggio, ordinato all'equipaggio di salire su scialuppa e salvarsi, e hai smesso di emettere suono se non sbuffare e gonfiar il fazzoletto dispiegato all'addio. E sicuramente l'obiettivo è quello: non finire nella storia, uscir da un gorgo per entrare in un altro, un altro, disinteressarsi al post.
Scegliere di non pubblicarlo. O nascondersi.


Sciogliere (se mai si sia voluto annodare).


Cambiare rotta (più o meno).


Salutare.



Niente da scoprire. Navigare, basta.