sabato 23 giugno 2012

nel paese delle meraviglie





Bocca racconta la storia di margini, di sogni decapitati, di ricordi svuotati… dalla finestra io osservo, impotente, non fuggo, non mi scosto, partecipo… in una posa di intenso ascolto, non intervengo, dipinta e immersa nell'oscuro sfondo. Oh, vedi di illuminarmi… penso, ma non lo dico; e tu mi domandi: a che pensi? Alla luce. È difficile. Lo so. Difficile crearla, impossibile riconoscerla. Ma quando ci riesci, quella si estrinseca, la lanci avanti e quella fa un buco enorme, la sposti indietro, perdi l'equilibrio, ci cadi dentro, e cominci a scavarci in mezzo. Ho una gestualità tutta mia, io. Alzo il gomito come per grattare sulle corde con l'archetto, permetto al nonsense di avere un suo perché, tocco leggero e reazione accennata; vigoroso arpeggio ed emozione vivissima. Il taglio è profondo. Quel che ne sgorga è un insieme di ovvietà, di convinzioni infondate, sentimenti poco sottolineati, citazioni inutili… sì, perché più uno cita, meno opina; cosa? Le opinioni, dico, difettano, sono assenti. Dubbi, non so, non sono sicura. Mi piacciono più che So tutto io. Cose intelligenti ce ne sono, ma quando ipocritamente ne cerchi e non ti riesce di trovarne, considerati esonerato. Meglio la noia delle proprie assenze, che l'adagiarsi sulle non presenze altrui. In sostanza… pausa, sosta. Continuo a guardare, attraverso quel tondo, dal buio spruzzato ad arte, una bella cioccolata calda, un rinfrescante tè verde o un caffè elettrizzante: resa debole e allo stesso tempo concreta, mi emoziono, mi piace, mi commuovo, mi lascio possedere e forse, me ne sto rendendo conto, diventa possibile - sinapsi ricucita - l'illuminazione. Mi faccio trascinare a bordo di quelle stupende pagine e parto. Recupererò le chiavi e aprirò in quel delirio d'onnipotenza, in quel mostruoso sdegno, nello sconforto mio al cospetto del fallimento della coscienza. Si può sopportare per anni tale miseria? L'ho sperimentata così da vicino, ho creduto che fosse un punto fermo al quale aggrapparmi, e invece, son precipitata nella desolazione più cupa. Bocca parla di me… cosa? chi? No! Lei! Messinscena sublime, drastica sostanza. Devo caricarmi di coraggio, catturare l'assurdo e orientarmi attraverso gli schermi e per mezzo di nuovi schemi. Sono cambiata, non son più brulla, fasulla e chiusa. Bocca sono ravveduta. Bocca sono io… No, non io!



Passi tratti da Non io - Samuel Beckett, 1973

lunedì 18 giugno 2012

l'oltre e oltre



Si sarà compreso in questi tre anni insieme? Io il caldo non lo tollero, quindi, ho bisogno di una buona sorsata di acqua, menta e limone (categoricamente raccolti nel mio giardino), di musica fresca, sognante e aliena, di una discreta dose aggiuntiva di ottimistiche visioni. È troppo bello perché non lo condivida con voi, poi, però, rabboccate! Loro sono tornati dopo diciotto anni e io li riascolto con piacere.





«La voce della notte – insetti, quello che fossero – lo aveva seguito in casa; capì d'un tratto che era la frizione della terra sul suo asse mentre si avvicinava il momento in cui doveva decidere se continuare a girare oppure rimanere ferma per sempre: una palla immobile nello spazio raggelante attraverso il quale, come fumo gelido, si avvitava uno spesso odore di caprifoglio».

William Faulkner, “Santuario”


venerdì 8 giugno 2012

uno dei possibili

continua…



Ho soggiogato quel quadrante, ho afferrato le lancette, sgusciato ed eviscerato tempo e modi, da brava massaia raccogliendo ingredienti espedienti e inclinazioni, mi accomodo e ti cucino ben bene non ignorando la quantità, esaltando la qualità. Non mi dilungherò in particolari poco interessanti, andrò subito alla carne soda, sezionandola, insaporendola, lasciandola in intingolo con bacche di ginepro e robusto vino rosso; sprigionerà un profumo intenso, rilascerà umori e ne assorbirà altri... una deliziosa tortura per le mie mani, una piacevole sorpresa per il tuo palato. C'è una segreta abilità ascosa ai più: quella prodigiosa attitudine a creare immagini dal nulla, alterarne natura e gusto, farne nutrimento, trasferirlo in un universo parallelo nel quale celebrare in liturgia suprema la forza e la potenza dell'energia vitale che ne scaturisce. Non è forse questo il paradiso? I sensi. Non sono ancora sazia. Ho spiluccato, ho intinto il tuo taglio più remoto nella percezione pura e intima. Guido ora la mia lama a incidere sull'omero e lì la mia papilla si scatena, scaltra, infida, indaga e rimuove ogni tuo ultimo indugio. Cosa mi trattenga dallo sferrare il successivo attacco è la precisa volontà di sperimentare sulla piega del tuo accavallamento un'ipotesi di percorso, una tattica di tortura, uno spartito lungo le cui linee si muoia e si rinasca adagio, veloce, allegro, molto allegro, io chiave di sol, poggiata lieve sulla seconda a sottolineare a riempire a muovere la notazione un'ottava sopra, un'ottava sotto, preda, predatore, si inseguono, si confondono, si infondono, si compenetrano, si smarriscono, si ricongiungono, ricomponendo una corrispondenza tra il dentro, il fuori, lo smarrimento interiore, un fugace e dilatato desiderio di sperimentazione sulla superficie. È tutto così disturbante, niente è più evidente, i ruoli si sono invertiti, il carnefice nella costruzione artefatta viene sbalzato su un piano inferiore, a coprire o ad attutire i rimbalzi, soccombe, la vittima cangiante sovrasta e si perde e fluttua, congelata e perennemente sospesa nell'infinitamente, indecifrabile, l'emblema a forma di spirale nella quale convergono a scandire le cinque armonie. Uno schermo piatto, ma malleabile, oscuro e riflettente si pone tra i due: i loro profili si congiungono, le loro proiezioni felici, cozzano, si scontrano, s'intersecano, s'insegnano l'incastro, a far scaturire la scintilla della creazione di un nuovo universo fatto di acqua e calda luce vivificante. Il mio punto generatore, il suo impulso. Si avvicina. Lo imploro, lo raccolgo e il ventre levitato sussulta, riempito, grato. Il piede, impazzito, s'attorciglia e rilascia, il ginocchio si avvita, memorizza, compie un giro attorno al fianco, il bacino batte il ritmo e suda, scioglie, la lacrima, la fatica impiantando le radici nelle fossette. Si allontana…





Credo nella bellezza di tutte le donne, nella perfidia della loro immaginazione che mi sfiora il cuore, nell'unione dei loro corpi disillusi con le illusorie sbarre cromate dei banconi dei supermarket, nella loro calda tolleranza per le mie perversioni
James G. Ballard