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giovedì 25 agosto 2022

Better before

Io sono la fautrice del 'Era meglio prima'. Anche se non ricordo molto bene come fosse questo meglio. Nostalgica del non realizzato. La sostenitrice dell'incompiuto. Non mi nego niente, ci rifletto su tanto… dieci secondi, mi butto, ma poi vorrei tornare indietro. È lo slancio nel tuffo che è meraviglioso, l'atto della penetrazione dello specchio d'acqua. La riemersione no, il respiro no. Sono la viaggiatrice che ama perdersi. L'amante appagata nel sentir godere. Io sono quella col finale aperto, tristissimo per i più, ma inaspettato e niente scontato per me. Perché sono sbagliata e fuori luogo. Sono la precaria in tutto. Il posto fisso non ce l'ho nemmeno nella vita. Lo trovo, forse, ma poi dico a me stessa 'le faremo sapere'. E appallottolo il foglietto su cui ho annotato il numero. Il mio. Io sono la figura mitologica un terzo donna, un terzo giumenta, un terzo lupa. In testa un cespuglio infestato di serpenti, sulla spalla una civetta, in groppa un gatto nero. Ho immaginazione, la uso per sconfiggere la noia della realtà e la banalità del tutto uguale. Io sono l'alchimista del 'non si può fare'. È tutto talmente perfetto che finisce. E si resta digiuni. Io per prima. Perché a me non basta mai nulla. Eppure mangio e bevo poco. Ma consumo molto. Io sono la magàra che prepara pozioni. Efficaci per gli altri. La mia non mi riesce. Stessa dose di passione, sentimento, corpo e anima, ma poi ne verso più della metà. E rido. Perché io non sono normale. Per nulla. Sono la vampira del tempo. Non ne perdo nemmeno un secondo, ne suggo ogni goccia, ma sono io poi quella esangue. Perché io sono quella forte. Sì. Ma in una storia fantastica.


🇬🇧 I'm the proponent of 'it was better before' though I can't remember what it was. I'm nostalgic for the never realized. I'm the supporter of the unfinished. I don't deny anything, I think about it so much… ten seconds, I throw myself, but then I'd go back. How wonderful is the momentum dip, the water penetration. Not the resurfacing, not the breath. I love getting lost. I take satisfaction in your enjoyment. I'm the one with an open-ending, sad for most people, surprising and not at all obvious for me. I'm wrong and out of place. I'm precarious in total. I have no fixed place, not even in private life. Ok, maybe I find him, but then I say to myself 'we'll get back to you', then I ball up the paper on which I wrote down my number. I'm the mythological figure one-third-woman, one-third-horse, one-third-wolf, a snake infested bush on my head, an owl on my shoulder, a black cat on my back. I use my imagination to defeat the boredom of reality and the triviality of the same whole thing. I'm the alchemist of 'no can do'. It's all so perfect that it ends up. So I'll fast. Because I want more. Yet I don't eat much, I don't drink much. I burn many calories. I'm the 'magàra' (apulian witch) who brew potions effective for other people. Not for me. Same dose of passion, feeling, body and soul, but then I throw away more than half of it. And I laugh. Because I'm not normal. I'm the vampyre of time, without losing a second, I suck every drop, but then I'm the bloodless one. Because I'm strong but into an otherworldly tale.


They're so incredibile that don't exist.


Milano giugno 2022.
Black lace blouse. Lace headband.
Upcycling. On stage. To.
🎧 Bloody shadows from a distance. Lena Platonos. (<3 Greek Dub Music)

domenica 19 dicembre 2021

being traversed



Era uno schizzo a matita sul mio taccuino. Ci sono linee di ingressi, muri e tetti che ho fissato nella mia memoria. Ci sono gli odori di tramonti e albe e i colori di terre lontane, diverse. Mai troppo. Perché i luoghi son come le persone. Li scelgo, sono scelta, le scelgo. Anche a mia insaputa. L'ho iniziato a luglio. Lo finisco oggi. Lo manderò non so quando. È quasi impossibile che io ceda qualcosa di mio a meno che io non scelga di farlo pensando a qualcuno. Poca gente può dire di avermi veramente avuta. Anche a pezzetti. Qualcuno mi ha parlato di eternità un giorno. Confermando, se ce ne fosse stato bisogno, una mia visione: l'attimo, o gli attimi, la perfezione di una frazione di secondo, l'unicità e la non ripetibilità di quella. E si può dire che ne abbia vissuta. Ho cercato di fissarlo lì, in quel profilo e in quei capelli leggermente mossi, nelle ciglia, appena visibili, socchiuse a cercare la luce e a godere dell'ombra. Come altri miei lavori è chiaro e oscuro allo stesso tempo. Fuoco e ghiaccio. Luce e tenebra. E ora diventa tuo. Un pezzo di me che annulla la distanza, sfuma le differenze e si dona a te. È un invito sempre valido. Nei miei innumerevoli dubbi, ogni tanto, mi lascio vincere, mi faccio attraversare. Un uomo, l'uomo, mi disse che troppo fuoco e troppo fuoco alla fine si spengono… non ci credevo, ma l'ho lasciato fare.

🎧 Sandpaper kisses. Martina Topley-Bird.

Le scelte, per un po’ sembra possibile rimandarle, ma poi te le ritrovi sempre alle calcagna. E poi comprendi che hai già fatto le tue senza saperlo. Irvine Welsh.

mercoledì 31 agosto 2016

So much time and so little to see.

I miei desideri son tutti accoppiati, ma di colore diverso. Ho appena aperto il cassetto. 
Ripiegati e in ordine. Un ordine apparente. Imposto.
Un incantesimo dovrebbe rimettere a posto tutto: il mio iniziale ed originale peccato, quello che metteva subbuglio, quello che tirava fuori confusione da ogni allineamento, in equilibrio costante tra stravaganza e l'indefinita e sfumata fuga dalla realtà.

Ora è tutto così piatto, comune, normale.
Non è inno travolgente, non è marchio a fuoco, non ha sguardo magnetico che buca lo schermo. E io vorrei ancora quel can't ignore the train.
Lungo brivido sottopelle, terremoto psicologico al quale non si può restare indifferente e qualcuno che mi serva un concentrato di dolcezza e tragedia, frugale esistenzialista.

Ferma. E voler andare. I remember the wishing chair. Sittin'. In attesa di un evento. Che cambi il destino. Tanto tempo e tanto poco da vedere. Il fato fatale. Scivolarci dentro, immerso nei pensieri su bagnasciuga della vita. È una bozza che non vedrà mai il suo definitivo. Oltre quell'indolenza c'è il mondo. But through adventure we are not adventuresome.
Wait a minute. Strike that.

Reverse it.


Soundtrack 

Risultati immagini per boards of canada

Ché la musica non ti salva. Music is math.

lunedì 8 agosto 2016

Bad experience.

Una di quelle dalle quali non sai mai cosa aspettarti. Esordio fantasmagorico, fortunatissimo secondo atto, tanti momenti salienti, immerso nei rassicuranti e sferzanti temporali, piroettando e rituffandosi, avrebbe potuto essere un gigantesco calderone di generi, tradizioni, suoni e odori e invece s'è ridotto ad unico strumento, placido mare, voce sola, singolo estratto. Un vero peccato.

Tutto gira intorno al nucleo, paiolo instancabile mescolante la solita minestra, degli ingredienti innumerevoli, pizzico lì, manciata qui, q.b., in base all'occorrenza dell'affare, su suggerimento dell'affarista. L'apparecchiatura è perfetta. Il servizio ottimo. Il sapore? Non pervenuto. Il profumo? Neutro. Ma l'aspetto…

Cosa sia rimasto del luogo evocativo e dei vari personaggi, di quel villaggio scontroso, ma pacifico, placido, ma sferzato da correnti e sensazioni pure, non è dato sapere. Eccesso di sperimentalismo, esplosione smisurata, spericolate speculazioni, in superficie e, sottotraccia, nascosto da pieghe voluttuose, l'intenzione originale, raffinata e densissima, soffocata da fatti poco accessibili, che fan perdere il filo, complicata da seducenti e strutturati passaggi che rimandano e rimescolano e stordiscono e… non si trovan più gli antichi punti di riferimento.

Labirintite. Segui quello davanti, congiungiti con chi ti precede, carponi, con la bocca attaccata al suo ano. L'immagine è quella: Centipede, film, locandina e icona. Non la riproduco. È facile riportarla alla memoria. Io trattengo il respiro e rammento tempi semplici, elementari, palchi bassi e polvere, voci roche e parole da ascoltare, gesti e sguardi, note poco note, lacrime e sorrisi: struttura portante di musica e basta, si poggiava su un piano invisibile, magico. Quello che c'è, quello che manca. Stato d'animo trasmesso oltre. E quando ci si riesce, ecco, quella è la prova. Della grandezza.





Gil Scott-Heron, Locus Festival 2010.




Lo Spessore verso la Superficie.
Vince il primo. In segreto.
Ma sale in classifica la seconda.
Per salvare le apparenze.




… e noi che pensavamo di essere capaci
di indicare la strada
a qualcuno
ci siamo persi vagando
dove non c'è nessuno

‪#‎SassiScritti‬ #lImportanzaDiEsserePiccoli #CastagnoDiPiteccio
‪#‎Nadiani‬

martedì 29 marzo 2016

The past is now.

It's so cold in this house
open mouth swallowing us.

Cocci. Livori. Turbamento più percepito che vissuto. Dubbi ch'assalgono mentre si svolta, si percorre una viuzza, si scende per una scala ripida e stretta, si sente un odore. L'intero mi riporta indietro e quella parte che mi sbalza in avanti è così poco, è solo una esigua differenza col tempo che fu e viene a risiedere qui. Non è un dettaglio. È tutto. Un allarme non più silenzioso, è cominciato con una pulsazione, poi s'è fatta schitarrata potente. Il presente: un aggiornamento eccessivo, un suono oscuro, inopportuno e importuno. La nostalgia è più calda, più rassicurante, più indulgente. Si propaga in ogni angolo di questa casa, punto d'equilibrio tra capolavoro e schifezza. Si rischia di rimaner piantati, o impantanati (a seconda dei punti di vista). Manca sempre qualcosa: ad una onnivora, capirete bene, non basta mai nulla. Ora, prima, per il dopo si vedrà. Le voci s'attenuano come il ricordo della sua pelle. S'evitano domande esplicite, s'eludono risposte ovvie. Si finisce tritati, schiacciati contro le pareti bianche, qui dove tutto è nuovo. Troppo. Ritornello definitivo, intimo significato. Ci sono. E gli altri?

So here they are.
Maybe.


martedì 1 marzo 2016

Once I was the Dreamer



Once I was the Dreamer

Now my dreams are past and gone

like the Waves along the Shoreline

to the Isle that is no one


Ho deragliato. In un crescendo d'esplosioni, ebbra di gioia e cupa di disperazione, sgorga l'urlo liberatorio e frano. Sempre più in basso. So, son certa, ci sarà un appiglio, ma lo evito accuratamente. A volte è bello ignorare la salvezza. Ci si sente liberi di rovinare. Free from their disillusioned minds. Fra eterne contraddizioni all'ombra di qualche rassicurante sostegno esterno. S'assottiglia l'enfasi in un dolce, tragico finale, quasi ricamato finemente, su stratificazioni e stratificazioni di dolore reale o immaginario. È un arabesco onirico, preludio alla drammatica impennata, una elastica, cadenzata ultima fuga. Dopo l'eccitazione la rasserenante caduta.


Solo recitando la propria infelicità si può superarla.

Elias Canetti.




sabato 8 agosto 2015

Ci sono.



Ci sono genti che son fatte per ascoltare gli altri. Sicuramente non per parlare di sé. Risultano insicure, poco incisive e malferme nelle intenzioni, cosicché per nulla comprensibili e facilmente fraintendibili. Tutto ciò che direbbero potrebbe essere usato contro di loro. Se proprio sentissero il bisogno di esprimersi, lo facciano con l'impiego di un avvocato. Lui saprebbe, lui potrebbe, lui dovrebbe. Parlare per voi. Dire, forse in maniera non giusta, ma corretta. Forma. Non sostanza. Apparenza. Non sostanza. Inganno. E sostanza. Lui parla. Tu annuisci. Quando sarai stanca, spegnilo. E accendi musica. Funziona.



Ci sono genti che crescono sentendosi dire che son sbagliate, che non son fatte nel modo giusto, che non parlano nel modo giusto, che non si comportano nel modo giusto, che non pensano né agiscono nel modo giusto. Superano prove sempre nuove, ostacoli sempre più alti, ma solo per caso. Non credono di farlo in virtù delle proprie capacità, del proprio talento. Vanno avanti, come espressione vivente di uno sbaglio finendo coll'autoconvincersene. La voce. Saprebbe, potrebbe, dovrebbe. Parlare per voi. Agire per voi. Pensare per voi. Suono. Non sostanza. Aria. Non sostanza. Burla. E sostanza. Parla. Tu annuisci. Quando sarai stanca, spegnila. E accendi musica. Funziona.




domenica 12 luglio 2015

L'anno del Gatto.

Quelli che sembra che interessino a tutte, quelli che pensi non li piglierai mai sul serio, quelli che immagini che sfoggino indifferenza stampata a caratteri cubitali su sfondo di t-shirt nere. Nere. Scure. Quelle su cui ti stagli chiara. Bianco su buio. Son lampi di genio. Luce che affiora come il ricordo di un'estate recente, ma che appare anche così lontana. Tempo. Passato. Sepolto.

Quelli che poi non interessano a nessuna, quelli che sai che li hai pigliati troppo sul serio, quelli che, nella realtà son stati indifferenti puri, tanto, con indosso t-shirt nere. Nere. Scure. Quelle su cui ti sei spalmata oscura. Nero su buio pesto. Son stati colpi di fulmine. Secondi contati e ricontati come il presente di un'estate ancora da trascorrere, ma che appare anche già vissuta. Tempo. Presente. Andato.

In mente canzoni a brani, contesti, mondi interi, icone, storie, rapporti, corpi a brani, parole, immagini, fantasmi. Tutto si materializza e si disfa davanti agli occhi, più vivido che mai, e allo stesso tempo ancora da compiere, echi di uno stile inedito, un riff circolare che rimane impresso.

Raccontami qualcosa. Improvviso il guizzo di curiosità scaturisce da un angolo remoto dei tuoi tanti deja-vu, un nome che ti sembra ricordare che hai nascosto nella scatola sul ripiano più alto. Dimmi cosa ti è successo negli ultimi dodici mesi.

Ma a me non va più di parlare.
Mi si capisce sempre di più a gesti.
Espressioni.
Segni.
Rughe.
Movimenti impercettibili della coda.
Vibrazioni. Vibrisse.
Pelo rado o folto.
Unghie fuori.
Stiramento.
Vado via.



'One stage before'
Al Stewart 
1976

giovedì 26 febbraio 2015

Qual è la questione.

Macché intrattenimento. Mai stata una showgirl. È un manifesto generazionale, un atto rivoluzionario, l'espressione di dissenso, il disappunto politico e umano. Capace di incarnare lo spirito della rivolta, un istinto primordiale ch'è fuoco acceso, sfogo impetuoso e fa cenere ch'arde per ore. E nella stanchezza e nella noia, nel disincanto e nella quiete successive all'amplesso già ripensa e pensa a quello dopo. 
Troppo lontano. Troppo tempo.

Vuole tutto lei. Non le piace spizzicare. Assaggiare. Ché comincia a spiluccare, ma il grappolo deve afferrarlo forte o avvolgerlo e si farebbe vipera fosse volpe e lui troppo in alto. C'è l'uva che non riesce a raggiungere e, piuttosto che morirne, ci rinuncia. Non prima di averla irrorata col veleno. Nessuna deve goderne se non può lei.
Troppo lontano. Troppo tempo.



Il richiamo era forte. Non avrebbe potuto essere altrimenti visto l'incipit viscerale: parole trasudanti voglia, conquista, libertà, dominio. Sentimenti tanto contrastanti a fare cerimoniale nero, invettiva e tregua, fuga e sosta. È avvenuto, lo scontro tra due personalità diverse, scosse e placate da movimenti chiari, inequivocabili. La distanza s'è annullata.
Troppo tempo.

È stata una battaglia a viso aperto, una sfida vinta e persa da entrambi. Nudi l'uno di fronte all'altra. L'uno nell'altra, emergenti ogni volta dall'oceano di rabbia e passione ch'è difficile tradurre se non invadendo, straziando. C'è il tempo in cui si cede e ci si concede, s'abbassa la guardia, ci si abbandona, ci si lascia e le distanze s'allungano di nuovo.
Troppo lontano.


Musiche di 
Joan as Police Woman 

Terry Callier.

giovedì 20 novembre 2014

odiare non m'affatica

T'ho visto, stai storcendo il naso. E stai pensando che così non va. Che dovrei cambiare. Che dovrei aprirmi. E io, al contrario, guarda, toh, ho deciso. Che così va. Che dovrei cambiare, sì. Ma che dovrei chiudermi. M'han chiamata aceto. Ed è un avete ragione. E lo si diventa quando non si è sigillati per bene. Quindi detto ciò, ragionato e stabilito, conclusione ovvia vuole che trionfalmente io vada a riprendermi il mio meritato riposo, liquido denso che si farà sempre più corposo, contenuto tra assi incurvate, profumate di legno pregiato, tenute ferme e salde da strisce potenti di ferro. Dopo un'annata disastrosa, la precedente, la produzione attuale si presume sia buona, poca cosa, ma con resa discreta. Attendo. Attendi. Lo sbocco naturale è quello. Afferra e gira. L'apertura si respira già, atmosfera festosa, ultimo arrangiamento e armonia lontana dalla pozza di depressione in cui eravamo mortificati entrambi. Fai in modo di immergerti totalmente, non perderti in paragoni, lascia che sfoci dentro e fuori e non costringermi oltre. E non imporre maturazione. E non registrare risultati. E non esprimere giudizi. E non centellinarmi. Mai. Impazzirei se dovessi perdermi in gocce versate piano. Voglio che spalanchi a sorpresa e prenda a piene mani. Io in continua guerra con me stessa e con gli altri. Con chi vuole imbottigliarmi ed etichettarmi. Io. Divisa o spaccata. 
Versami e riempiti. 
Non voglio che mi sorseggi. 
Voglio che ti ubriachi. 
E io in te.

Chromatics, Night drive




martedì 14 ottobre 2014

il mio posto

Mi sono piegata al volere del mondo in cui vivo, un mondo che si sforza di far dimenticare i ricordi di quello che sta più in basso come se fosse qualcosa di cattivo gusto.

Ero seduta in mezzo a tanta gente divertita. E io non sapevo nemmeno come ci fossi arrivata lì. Cercavo qualcuno e non lo vedevo. M'ero anche piuttosto affaticata. Stanca, e lo sono da un pezzo ormai. Del possibile. Vuoi qualcuno che ti prenda in consegna la mente e gli occhi, vuoi affidarglieli il tempo necessario a dedicarti ad altre strade trascurate per troppo tempo. E dev'essere una ricerca non molto impegnativa perché anche i piedi che le percorreranno son doloranti. Dall'impossibile. Ma quelli vanno, mentre le dita scorrono su righe fitte, e lo sguardo s'è già posato su un libercolo o almeno tale pare ché già in pochi minuti t'ha compresa tutta non appena l'hai preso tra le mani. Probabile. E questo è l'inizio della storia. E io sto così, folgorata, come si può esserlo di fronte a uno spettacolo inaspettato, un film che non conosci, il pittore di cui non hai mai sentito parlare. È lo svolgimento, il compimento della iniziale impressione. Ottima. Ancora meglio. Chi entra nella mia vita e lascia una sottolineatura nero grafite, dal 4b al 9b. Morbida. Sì, ma densa, spessa, avvolgente. Le informazioni sono essenziali, lineari, secche, concise. Parole, gesti, gusti, profumi, rilievo e incavi, segni ed esistenze. Stile piatto, ma naturalmente incisivo. Credibile. Sto seduta e so perché quel posto è occupato da me. Lo capisco nel momento in cui mi giro all'improvviso e uno mi stampa un bacio sulla bocca. Uno. Verosimile.


Flunk Change my ways


giovedì 18 settembre 2014

En attendant

Si potrebbe tradurre in aspetta e spera. Ma il verde non è tra i colori preferiti il mio preferito in assoluto, né le citazioni ben accette.
E così vado senza muovermi. Sposto solo oggetti, ma i piedi rimangono ben piantati, senza radici in effetti ad avvolgere nulla, a scavare profondamente.

La lingua morta si dissecca e il cuore marcisce, cieche bocche scavano gallerie nelle carni, ma la terra resterà per sempre; la peluria cresce come a primavera sul petto sepolto, ma i fiori della morte sorti tra le cavità del cervello non appassiranno.

Sembravano veri e invece erano solo imitazioni di se stessi e io ricerco gli originali per troppo tempo ormai. Quando ci impieghi tanto sei fuori strada o sei andata troppo dentro e la verità è solo una: non c'è nulla. Nemmeno una parola, un verbo, una frase di senso compiuto utili a riportarmi in superficie.

Non ci sarà più alcuna lingua, non una lingua per il silenzio e per la terra: le labbra radicate non pronunceranno più parole, il freddo occhio del serpente sbircerà tra i vuoti del cervello, e non un grido dal cuore su cui sorgono i vitigni.

Poi finalmente un pugno, sferrato con forza ed esploso in piena faccia, mi rimbalza su, in una potente, continua progressione verso l'alto e nel mentre vi vedo tutti e tempo, guerra, buio, luce. Accumulo e vuoto. Salita e ancora e ancora. Rossa d'eccitazione e di rabbia. È stato orribile, denso e lieve.




passi Thomas Wolfe
in sottofondo Fleet Foxes He doesn't know why

venerdì 1 agosto 2014

anal-tema

Sto procedendo a marcia indietro da un po'. E, devo dirlo, mi si confà. Tanto. È come un pezzo musicale suonato al contrario. Non lo riconoscereste, ma intanto sembra avere un senso. Tanti. Parto mescolando direttrici diverse, evolvo e mi ritrovo ad essere una realtà di maggior spessore. Incredibile. Parecchio. Enfasi frapposta a un enigma. Dagli esordi fino al prologo. Un Suono ch'è graduale tanto da sembrare Silenzio.
Non c'è nessun punto fermo tranne quello alla fine di ogni espressione facciale. Prima c'erano righe rughe, ora punti nei. No, non l'ho messo il cuore. C'è qualcos'altro che pulsa e dà vita a una delle più imprevedibili metamorfosi di corpo e corpo. Sto ascoltando insieme Cradle of Filth e Porcupine Tree. Nessun biasimo d'anima perduta nel bellissimo rituale - sacro e barbarico - tetro e ferale. Tutto molto immediato. Laido. Sbraitato. Bollente. Perché ghiacciato.


mercoledì 23 ottobre 2013

non presente



… eccentrica, stravagante, irruenta, originale, anticonvenzionale, eccessiva e non è servita chissà quale immaginazione per avvincermi e coinvolgermi ulteriormente. Lei è proprio così. S'è inventata un'esistenza piegando il proprio destino, contorcendosi insieme ad esso, inumidendolo negli stessi piaceri e mischiandolo alle sue passioni. Difficile, quasi impossibile, non lasciarsi sedurre e apprendere l'arte del costruire, ingrandirsi ed estendere le proprie radici dappertutto, trasmettere e nutrirsi. Ne intuisco l'andamento e lo seguo, nodoso inizialmente, poi si fa morbida e avvolgente. Mi perdo in essa. È piena di insidie, ma sa essere anche rifugio sicuro. È quel conflitto che alimenta l'esistenza, lettura intensa della storia mia, racchiusa e arricchita dalle sue appendici, come fatta di vicende ritratte in un'atmosfera inconsueta e in una stagione che sembrerebbe non debba conoscere mai fine e invece volge al termine.



Sometimes I feel very sad
I guess I just wasn't made for these times
Brian Wilson Beach Boys

domenica 16 settembre 2012

interplay



Ben poca cosa, ben poca cosa. Rare occasioni di conoscenza son riuscite a creare uno stretto legame di appartenenza affettiva e profonda identificazione empatica come l'ultima capitatami: una di quelle esperienze che hai fatto tanto per evitare e poi, quasi per caso, sicuramente per volontà altrui, ti sciolgono un nodo che sapevi di portare legato tra gola e nuca, ma che non avresti mai osato sperare che lo straniero sapesse cercare, trovare e districare. Il silenzio soffocato si sposta come un grumo indigeribile, si nutre e si incarna e poi esplode in un urlo amplificato e gracchio come solo attraverso un megafono potrebbe essere. Quel tramite è una sorpresa, un mezzo scovato, un sussurro agro, un consiglio dimenticato, sepolto sotto i cartoni dell'anima che l'anima non sposta non ordina perché non diventi chiaro e preciso il confine mai superato, da sempre evitato, accuratamente nascosto. Ma la linea del fuorigioco è ricomparsa, appena tratteggiata, ma è lì, e ci son finita di faccia, in bocca gesso, terra e sintetico, sputare fuori e rimettersi in gioco. Problema: dove attingere e quanto preservare. Due dubbi cristallizzati nella realtà in cui vivo e in essa talmente stratificati che non riuscirei a separarli nemmeno a picconate. Soluzione. Svestire i panni consueti e indossare la verità esistenziale libera dalle folle di maschere mistificanti e traditrici e dai conformismi facili e menzogneri. Non faccio altro che rivolgere fatwe deliranti ed elargire stoccate mordaci. Sembrano sortire nessun risultato, inconsistenti e deboli come la mia voglia di rintracciare l'ineluttabile ideale tragico e di ricucirlo in ennesima retorica illusione. Perenne insofferente che inchioda e schiaccia al muro le promesse non mantenute destinata a una esistenza scissa e incoerente, ma ribelle e combattuta, eternamente fuori luogo, vibrante ed estatica imperfezione, due entità che proseguono urtandosi, incrociandosi, scontrandosi, come uno sbuffo continuo e rumoroso, una danza impazzita improvvisata in mezzo alla moltitudine annoiata anonima fredda, impigliata nelle pieghe dell'indifferenza e chiusa nella pesante collezione dei simili, dei modelli. La strada è libera, han fatto effetto le partenze intelligenti e io mi incammino, o almeno così ricordo. Rimarrai sola. Lo sono già.

Non siamo che poveri peccatori, credo, e tutto ciò che abbiamo e tutto ciò che conosciamo e amiamo e ricordiamo è esposto alla polvere e alla ruggine.

J. Cheever 


foto Mira - Romeo and Juliet, William Shakespeare, By any other name theatre, University of East Anglia - Aia di Carlo Formigoni, settembre 2012

lunedì 18 giugno 2012

l'oltre e oltre



Si sarà compreso in questi tre anni insieme? Io il caldo non lo tollero, quindi, ho bisogno di una buona sorsata di acqua, menta e limone (categoricamente raccolti nel mio giardino), di musica fresca, sognante e aliena, di una discreta dose aggiuntiva di ottimistiche visioni. È troppo bello perché non lo condivida con voi, poi, però, rabboccate! Loro sono tornati dopo diciotto anni e io li riascolto con piacere.





«La voce della notte – insetti, quello che fossero – lo aveva seguito in casa; capì d'un tratto che era la frizione della terra sul suo asse mentre si avvicinava il momento in cui doveva decidere se continuare a girare oppure rimanere ferma per sempre: una palla immobile nello spazio raggelante attraverso il quale, come fumo gelido, si avvitava uno spesso odore di caprifoglio».

William Faulkner, “Santuario”


giovedì 17 maggio 2012

sfidare le voglie

Quando senti che nulla potrebbe mai più turbarti, quando abbracci con sguardo nuovo un vecchio padre, debole, ma infrangibile come mai immagineresti di vederlo, quando ti abbandoni allo scorrere degli eventi, opponendoti poco, q.b., quello che riuscirebbe a farti riconoscere tra miliardi di altri esseri viventi..



bentornato Buchanan, e per sdrammatizzare



sabato 10 marzo 2012

la mia bambola parla


Ha cercato a lungo e, alla fine - ma mica poi tanto -, l'ho trovata, io: la sua voce, greve, profonda, con qualche incrinatura, due incertezze, quattro note raspose, a tratti gracchiante, ma tanto sensuale, a tal punto che ho pensato di essermene innamorata. Dopo averla riconosciuta tra tante gliel'ho consegnata: pacchetto confezionato ad arte, coloratissimo come le sue gonne, nastro scuro di velluto come il suo neo a metà strada tra l'occhio sinistro e la mascella. Aveva smesso di farlo in pubblico. Solo in occasioni particolari, quando stretta tra la necessità di spiegare e l'arroganza di chi pensava d'aver capito tutto, si rendesse obbligatorio dir qualcosa, la ritirava fuori e all'inizio rotta e insicura, prendeva forza e diventava flusso ininterrotto di confidenze e verità sostenute o camuffate da racconti. 'Sei fuori luogo, cara'. 'Cosa sei, una cornacchia?'. In mezzo a tanti che ignorano ci sono io. Io affascinata e solidale, sincera e storta, proprio come lei. Suona male per gli altri, la scarsa fantasia è la motivazione. Scandisce solo a me il sentimento della vita, sussurrato, mai urlato. Sobria, priva di inutili orpelli, musicale, soul, nera, ed è ciò che voglio sentire. Mi irritano gli acuti perfetti. Le tonalità sorde mi rappacificano con la vita. 'E' grigia a tratti'. Sì, e non si faccia nulla per nasconderlo, sia reale, la malinconia, spersonalizzata, mai appartenuta a qualcuno in particolare, la renda visibile agli occhi, appena, come fosse un velo, perché così accade, un'ora prima vorresti volare giù, un attimo dopo hai voltato le spalle per uno scatto di meraviglia. Il tragico evapora, la struttura emotiva che ne risulta è tutt'altro che labile, l'armonia che ne deriva è una rete vibratile che pesca la durezza del destino e ne fa suono ed impulso, energia.




cover e musica di un mio amico, modesto mio contributo illustrativo al suo lavoro in tondo e in piano..




In quel momento gli venne l'idea che, seguendo un percorso ad angolo in direzione sud ovest, sarebbe potuto arrivare a casa sua a nuoto.


John Cheever

martedì 25 ottobre 2011

But to what purpose



Amm - Ammmusic 1966 - George Russell, Ezz-thetics - Thougths/Round Midnight

Ogni sorta di cose sarà bene
quando lingue di fuoco s'incurvino
nel nodo di fuoco in corona
e il fuoco e la rosa siano uno
Thomas Stearns Eliot

Scruto impassibile il lungo, nero vuoto che mi separa dal mondo. Non ho mai tentato di aprire la porta lì in fondo. Il giorno che vedrà la luce o la precipitazione nell'immenso giaciglio m'appartiene e m'affascina sin d'ora. Giungerà il tempo mio a distorcermi lentamente come un crampo subdolo, seguiranno silenti, microscopiche voci suadenti e allo stesso tempo spaventose. Vedrò l'esplosione come uno spruzzo unitario giocato sui colori... come potrebbe essere altrimenti? Li sentirò pastosi, densi, pesanti, mi farò inglobare nella composta fusione e vi sprofonderò appagata e felice. Sì. Sorprendimi se vuoi. Potrai assistervi, certo. Ti lascio un posto in prima fila a suggerire all'esecutore l'isteria del momento. Sarai ammesso ad aggiungere particolari nuovi, abbandonata sul pavimento delle quinte la solitudine, sarà l'armonia corale... Sarà, ma per improvvisazione, maneggiato con cura ed esasperato, lo strumento corpo verrà slanciato in un lancinante urlo di delirio angosciante per i più. Me ne priverò finalmente, io eterna astratta spiritualizzazione, leggera e pericolosamente funambola prenderò parte all'ennesima burla quantomai ambiziosa e solenne: parteciperò alla mia personale, l'esposizione frammentaria esasperante. Non fermarti. Passa oltre. Non è opera da ammirare. Rifiuterebbe la critica, ti sputerebbe indietro l'estasi. Nell'infinito sequel di dialoghi tra me e me, tra me e te, tra me, te e la natura umana, ho tratto istruzioni mai indispensabili, foglietti ripiegati e stropicciati puntualmente buttati o riciclati per memo smarriti. Non voglio cader preda del nichilismo morale, son capace di tirar fuori l'io dall'involucro inutile e puzzolente di stantio, ogni volta più veloce, sempre più immediato. Non son mai stata un fumetto innocuo. Vivo e mi estendo al di fuori dei margini, torturo il bianco, lo riempio di materia paranoide e lo angoscio di giallo delirante. Il sollievo cede il posto a una profonda voragine d'inquietudine e paura. Le tue, e la mia identità in attesa del tempo diluito e smarrito si tende a raccogliere un presente indeterminato ed eterno. Vieni... Vengo.



lanciò l'amo Eustaki, Petrolio abboccò…

lunedì 17 ottobre 2011

sigla



Non vorrai mica interrompere il mio flusso di riflessioni? No, non ho mai smesso. E non penso che sarà facile mettere la parola fine. Non riesco nemmeno a farli entrare tutte nella mia valigia di cartone. Ho pigiato quanto più potessi. Ma non si chiude. No. Ho lottato per sbrogliare l'enorme matassa dei sogni, quelli avveratisi e quelli impossibili. Giusto per traslocare leggeri. Ma lascio perdere ancor prima di iniziare. Mi seguano quelli che calzo a pennello. Io smetto la cernita, è inutile e troppo faticosa. Cosa porteresti con te in un'isola deserta? Un libro che consumerei. Un dipinto che userei come tappeto. Un disco da far tormento. Cominci pure il mio esilio. Son pronta all'eclissi. Muovo per prima e penso già alla prossima mossa. È una battaglia quel gioco. Non ti rendi conto finché non ti si scaglia addosso, nero e cattivo e giù, di fianco al fianco, colpita a morte, eliminata. Game over. Ora dopo aver letto due righe, m'adagio su Guernica e dò un giro di manovella, m'addormento.