lunedì 30 maggio 2011

viaggiatrice


Corto circuito. Piccolo circuito. Circolo per scenari improvvisati e su sceneggiature da me dipinte. Mi abbandono piano, in maniera sapiente e ingenua su latitudini differenti, avvolta dalle spire del sogno che mi solleva dal chiuso della mia stanza e mi spinge sui crinali dell'immaginazione. Ho lasciato presto l'eden caldo e accogliente, mi son fatta cacciare. Comincia qui l'avventura tra gioie e dolori, doglie e nascite, sonno e morte. Emetto il primo vagito e m'incammino, scrutando e perdendomi nello spazio infinito, a bordo della mia astronave, tra due guanciali o sprofondata nella mia chaise longue, oh, la mente prefigura modelli impossibili che rappresentino l'immane universo. Son qui, calpesto l'ultimo livello di una stratificata epopea, in una terra ibridata da molteplici civiltà e anch'io mi faccio ingravidare e contaminare da stilemi e figure di diversa appartenenza culturale. Voglio sperimentare su di me, voglio attraversarmi e collegarmi senza soluzione di continuità, senza confini, luce tersa e tarsia forzosa, in tensione ludica e in rigore formale. M'alleno, mi preparo in istinto, mi formo, mia palestra cromatica e geometrica. È così che girovago. È così che ricordo, evoco e riporto in tratto e parola. Astrazione.

giovedì 26 maggio 2011

assaggio


Non sai eppure sei obbligato a porti la domanda. Tu in primo piano. A studiare il suo animo, ad animare il suo già morto desiderio di vita o a seppellire il suo intento. A vivificarne o ad abbatterne definitivamente essenza e simbolismo. Hai un ruolo fondamentale e te ne rendi conto solo alla fine, quando stai per scomodarti e abbandonare l'evidenza specifica: un reale che apre e si apre nell'immagine. L'albero che cede il suo frutto e salva in fine, col gusto della natura, della semplicità; la terra che accoglie materna e ripulisce, ricopre, riappacifica. Ripensi. Rivivi. Ritorni. Riscopri così una vitalità mai sperata, quasi immaginata e mai realizzata. Cosa era avvenuto prima? Non vuoi saperlo? Cosa succederà? Non sei in grado di vederlo? Perplesso, interrogativo, alla ricerca di ascolto e di contatto, è l'uomo, sei tu che non rinunci al dubbio e non sei capace di scegliere la conclusione ideale. Potrei aggiungere altra storia, io padrona della trama, riempire ogni interstizio, accettare l'invito e accostare un'altra portata. Ma decido di sposare l'essenzialità della sua arte, limpida e pura, cristallina e silente e scatto l'ultimo fotogramma, senza rimuovere e contornare, lasciando che viva senza cornice a tutto fondo, su una tela che si innesti alla perfezione nel circostante, una pellicola priva di nero e buchi, una sequenza unica che continui a trasmettere vita, cinema, poesia…

lunedì 23 maggio 2011

democrazia?


Ho trovato un amore
che brillava d'innocenza
nel cuore scuro del ghetto

Bello che ci sia una mescolanza di colori, esprime una moltitudine, traduce una solidarietà e una riconoscenza non misurabili, è un gesto d'amore collettivo. Brava. E io pensavo di aver fatto solo un buon ritratto. Mah… Praticamente non voluto. Assolutamente non cercato. Appena l'ho visto, gli ho chiesto: vuoi posare? Semplice. Immediato. Sillaba: sì. È leggero. È sporco di petrolio. Non pretende di esser ripulito. Si mette comodo e aspetta. Io sistemo tutto il materiale, inclino un po' il cartone su cui ho deciso di lavorare e comincio. Dopo appena cinque minuti, comincia a muoversi. Si sposta. Mi guarda in tralice. Traballa. Ma fiero, cerca di mantenersi in piedi, giocando su un accurato espediente, destro, sinistro, destro sinistro. Un ripido e fugace raggio risalta l'inferno. Una traccia. Ora la vedo. Nella dolcezza degli occhi, pericolosa, spinge verso l'esterno la rabbia e una domanda: vuoi salvarti? Sofferta. Orrore. Non ho l'ardire di rispondere e il risultato della mia vigliaccheria è una pennellata crudele sui suoi pensieri. Ma quelli non si cancellano, anzi, sotto l'ala spenta e scura sembrano sottolineati e acuita è la ferita dello spirito. Spruzza fuori un fiotto di verde intenso. Ribrezzo. Dolore. Differenza incolmabile, vuoto deprimente. Resisto. Rispetta. Colpevole. Innocente. Oppone. Questa volta attacca per primo: vuoi giustificarti? Sub-cultura. Imperante. Il ritratto non è finito. Stacca ed asportate il cancro che avete esportato.

versi di Barolong Seboni

venerdì 20 maggio 2011

col rossetto sullo specchio


Non hai perle da regalarmi, non denaro sufficiente per lasciare che io scelga un abito di seta, abbinare un paio di bellissimi sandali gioiello. Non m'interessa. Mi basta che mi immagini lì sul tuo letto, con in dosso solo l'odore diffuso del primo incontro e dentro la mano fine, sottilissime dita, che mi sveste anche dal più ostico dei sospiri e dei dinieghi indolenti. Non ho più lacci, e mi contempla le spalle, sventolo la candida coulotte, e mi bacia lento sul collo. Poi si ferma e sbraita. -Cos'hai fatto dei tuoi capelli? Dove sono la tua faccia, la tua bocca, il tuo sorriso, e il broncio, e i rantoli, e i mugolii? Non distinguo il tuo pianto. Non avverto la tua lingua che scardina la cintura di castità, non vedo i tuoi occhi, il destro che studia i punti che mi diano piacere, il sinistro che assisterà il primo nel raggiungerli tutti. - Per caso vuol ballare. Mi gira e mi rigira. Mi passa attraverso. Mi volteggia i fianchi come fossero un fuso. Ho ricamato nella tarda ora un desiderio, folle e perso, il rimpianto di una vita. Son al centro della stanza, rincorro il guizzo dell'ago del tempo, ma ormai, tardi, son via. Mi figuro che gli manco, che arde nel desiderio di entrare, cede il passo all'altro che vien prima. Prendi, intanto. Il profumo s'insedierà tra le unghie, lì starà e non si staccherà se non quando, davanti ad un riflesso, battendoti il petto, schioccherai fuori dalle ciglia, tremolanti e salate, strette e libere, lasceranno spazio al mio viso, a tratti o tutto, nulla.








E molte notti resistono

Senza una luna, senza una stella

Così resisteremo noi

Quando uno dei due sarà via, lontano

Leonard Cohen








Francis Bacon - Figure distese allo specchio, 1971

martedì 17 maggio 2011

uccellacci e uccellini


Sono un uomo libero! È stanco. Ma continua a gridarlo da lontano. Da laggiù. Di umore altalenante. Tra speranze e delusioni comincia e finisce sempre collo schivare le frecciate e rimanda sempre dolci parole innamorate. Evade domande semplici, rompe quella scorza dura che sta in superficie, s'avvolge nei panni sgargianti delle notti insonni ed estrae tutta la libertà che riesce a trovare. Nudo dentro e fuori i diavoli tentatori: i suoi atti osceni in luogo pubblico. Non si può manipolarlo, né pensare di riprodurlo, di ripeterlo. Lo si può usare. Lo si può consumare. Lo si legge e lo si estrae, sempre. Lui e le sue profezie. Lui e la sua ira. Lui e le sue visioni. Lui e la sua energia. Graffia, scava, prendine a piene mani, senza chiedersi oltre cosa direbbe lui. Cosa farebbe lui. Non era un totem. Non era religione. Era tabù, anti-eroe che lotta con se stesso e col fato. Libero. Affrancato. Prendi la tua anima, cucinala e mangiala in salsa piccante!

in alto Richard Gerstl Autoritratto, 1904

sabato 14 maggio 2011

alLUCIno


Tre spente, una accesa… verso l'inevitabile ascesa. Una volta privata del peso, che si fa? Si sale. Apriti cielo. Prenoto un tour di visita. Se non mi dovesse divertire abbastanza mi precipito all'inferno. Sì prendimi per mano, e tràinami; raggiunta la destinazione svegliami. Rispolvero la bussola, non si sa mai. Guardare alla posizione del sole, dell'orsa, da che parte cresce il muschio sul tronco, leccare il dito ed esporlo ai venti, far la conta su destra, sinistra, nord, sud e via… Trombe suonate, stiamo per solcare la soglia. Ma cristo [ops], hai fatto l'abbonamento all'inciampo? Ogni dieci, un volo gratis… ma dai? Madonna [ri-ops] guarda che bel frutto, su quell'albero carico, giallo, lungo, super-calorico. Cogliamone un casco intero. Mi sa, mi sa che nel viaggio di ritorno, porco diavolo [ohhh-oplà], ci servirà! Prima di scolorare nel finale evoco bucoliche visioni e sospesi a mezz'aria in toccante congiunzione tra diavolerie varie, elettronica fiammeggiante, nella più calorosa accoglienza faremo l'ingresso nell'edonistico centro solarium, centro benessere, sauna e trattamento per la cellulite, se rifiuti questo ballo, mi scateno con lui, affascinante, ardente e sempre divertente satanasso!

“Dio” dissi, “che mani calde hai! Devi avere la febbre.”
“Non chiamarmi Dio” disse.

Buk se fosse qui adesso li malmenerebbe tutti, bestemmierebbe forte.. prendo esempio, domani e lunedì via allo sfogo!

martedì 3 maggio 2011

la prima


Questa pagina è suscettibile di ricollocamento, di ricapitolamento, di ristampa. Il mio è un impulso dal quale non posso prescindere, il cuore del mio universo. Batto sui tasti superficiali del mio essere e quel che risulta, sempre, è un istante, un'astrazione, un'avventura che si dissolve non appena rimane impresso come carattere, per mezzo di font, poco allineata, per nulla incorniciata.
Riusciresti a trovare un legno che possa trattenerla?
Non c'è un luogo ove possa provare un albero che mi ceda volentieri la sua anima e la sua corteccia per farne contorno al mio scrivere.
Non vi è un luogo dove possa reperire la risoluzione ai miei problemi, una fine ai miei pensieri, una eco ai miei urli.
Non trovo una terra indefinitamente perfettibile nella quale piantare ogni dolore e ogni gioia.
Sono attuale, o sono essenza irreparabilmente disgiunta da me reale e me sogno?
Lei, la mia pagina, si sottrae allo sguardo indagatore. Si rifugia nell'antro buio e lì mi chiama e mi nomina sua intima complice: Non dir nulla, non rivelar dove io sia, pena il tuo straziante dissolversi alla luce del sole!
Oh, non c'è pericolo che in me s'insinui l'equivoco del generale errore: io mi allungherò, raccoglierò e ti porrò, la magica virtù, il sentimento non manipolabile, al di fuori di ogni sospetto, l'intuizione di un attimo che si fa eternità, particolare dosato o elargito a piene mani: assaporalo e sputa il seme che possa persuadere la terra a moltiplicarlo e a diffonderlo.

Da quel momento in poi, l'operazione poetica sarà condotta alla luce del sole. Si rinuncerà a mettere sotto accusa certi uomini, che tenderanno a diventare tutti gli uomini, per via delle manipolazioni a lungo sospette agli altri, e per tanto tempo equivoche perfino per loro, alle quali essi si dedicano per trattenere l'eternità nell'attimo, per fondere il generale con il particolare.

Pagina riempiti e svuotati, fatti verità e sfavilla davanti alla buia credulità, rivelati e percorri, insieme a me, il tappeto rosso della rassegna geniale, tu trama e io regista. Rubo la scena un solo istante, solo per una breve dichiarazione: scossa anch'io dall'indipendenza del foglio, rivelo che nulla ho potuto contro il suo tentativo di rivolta… l'ho lasciato fare e ad onor del vero non avrei mai voluto opporgli resistenza. Indice e ringraziamenti.

frame da 'Close up' di Abbas Kiarostami
passo tratto da 'I vasi comunicanti' di André Breton