giovedì 20 novembre 2014

odiare non m'affatica

T'ho visto, stai storcendo il naso. E stai pensando che così non va. Che dovrei cambiare. Che dovrei aprirmi. E io, al contrario, guarda, toh, ho deciso. Che così va. Che dovrei cambiare, sì. Ma che dovrei chiudermi. M'han chiamata aceto. Ed è un avete ragione. E lo si diventa quando non si è sigillati per bene. Quindi detto ciò, ragionato e stabilito, conclusione ovvia vuole che trionfalmente io vada a riprendermi il mio meritato riposo, liquido denso che si farà sempre più corposo, contenuto tra assi incurvate, profumate di legno pregiato, tenute ferme e salde da strisce potenti di ferro. Dopo un'annata disastrosa, la precedente, la produzione attuale si presume sia buona, poca cosa, ma con resa discreta. Attendo. Attendi. Lo sbocco naturale è quello. Afferra e gira. L'apertura si respira già, atmosfera festosa, ultimo arrangiamento e armonia lontana dalla pozza di depressione in cui eravamo mortificati entrambi. Fai in modo di immergerti totalmente, non perderti in paragoni, lascia che sfoci dentro e fuori e non costringermi oltre. E non imporre maturazione. E non registrare risultati. E non esprimere giudizi. E non centellinarmi. Mai. Impazzirei se dovessi perdermi in gocce versate piano. Voglio che spalanchi a sorpresa e prenda a piene mani. Io in continua guerra con me stessa e con gli altri. Con chi vuole imbottigliarmi ed etichettarmi. Io. Divisa o spaccata. 
Versami e riempiti. 
Non voglio che mi sorseggi. 
Voglio che ti ubriachi. 
E io in te.

Chromatics, Night drive




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