Passi lenti e nomi veloci da imparare,
terra color sangue e piante antiche,
vecchie, stanche da piantare
e, giovani, pigre a crescere.
Uno sguardo liquido ad abbracciare una radice strappata, ormai morta…
una chianca bianca cerca di riemergere dal freddo, grigio cemento,
una parietale testarda si arrampica sul paretello a secco,
un rovo avido ha soffocato un gentile arco d'ingresso.
Rovente invettiva contro il distratto modernista,
atroce ferita nera si apre nel mio braccio prima erboso,
scalfito da scarponi terrosi e protetto da pietre madri
vendicative ne staccavano le suole.
Ricordo di una estate scossa da urlo di tuono,
di ombra calda, calpestìo di ghiande,
cicalìo assordante e morbida erba…
Sentimento di una primavera festante di fiori,
di sgranare di piselli e di fave,
di scansare le capre curiose e odorose di cacio…
Carezza di un autunnoso fogliame dai forti colori,
di muschio terroso e funghi che giocano a nascondersi,
di vinosa valle e oleosa collina…
Sogno di un inverno ormai perso,
pregno di pane fumante dei forni a legna,
la neve giocava e attenuava i colori intensi,
dava pace a una irosa e ventosa rotonda comitiva di cummerse e trulli, neviere e casedde, paretelli e tratturi.
Quel paese partoriva ogni anno un figlio ebbro di profumi acri e sapori piccanti.
Oggi genera ogni mese un mostro di asettica bruttezza e di insaziabili pretese… (dal 2009 - Loco Dicembre)
La ragazza di Gladio
17 ore fa
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