giovedì 8 luglio 2010

ubi sunt



Siamo tutti ossessionati dall'idea della morte. Il tempo passa, la vecchiaia, un nodo che stringe forte alla gola, pesa e incombe. Siamo stati graziati, la nostra condanna al capestro è stata commutata in esilio. Ma prima lascia che ricorra al mio ultimo espediente, spezza queste catene e guardami, prima che io parta, prima che la stanchezza mi abbatta. Il silenzio tuo è peggio della morte, le tue labbra sono sigillate rigidamente, dove la vera vita, dove la sua residenza? Intanto galleggio nell'attesa in questo spazio in cui regni, indifferente e straniera, uno spazio buio e silente. La ricerca della verità mi ha condotto per strade senza fine sulle quali tante son le persone che ho incontrato, le parole che ho ascoltato, e io reietta tra i reietti, devo tacere, perché svelare certi mondi non si può, necessario è che gli altri ci arrivino da soli e tu, nemica temibile, perché invisibile, sei in agguato sempre. Giro ad ogni angolo e provo sgomento, dimentico che quelle siano case, che quelli siano portoni, che quelli siano fiori, perso nei cunicoli non riesco più ad uscirne… sempre più buio è il vicolo, sempre più stretto, mi dileggi e mi colpisci, giaccio ora per terra, in un freddo mortale, il geranio sopra di me lancia i suoi strali, nemmeno il vento riesce a scoprire il mio sguardo spento.

Questo silenzio fermo nelle strade,
questo vento indolente che ora scivola
basso tra le foglie morte o risale
ai colori delle insegne straniere…
forse l’ansia di dirti una parola
prima che si richiuda ancora il cielo
sopra un altro giorno, forse l’inerzia,
il nostro male più vile… La vita
non è in questo tremendo, cupo, battere
del cuore, non è pietà, non è più
che un gioco del sangue, dove la morte
è in fiore. O mia dolce gazzella,
io ti ricordo quel geranio acceso
su un muro crivellato di mitraglia.
O neppure la morte ora consola
più i vivi, la morte per amore?

15 commenti:

  1. Regolamenti doganali
    Se un giorno la morte mi travolgesse
    con l'involontaria indifferenza di un autobus urbano,
    conservatemi l'ultimo sorriso.
    Può darsi che io visiti una qualche stella
    i cui i regolamenti doganali proibiscano
    l'importazione della tristezza.
    Luis Manuel Garcia

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  2. azz… caliente come lui! Ci sono delle ditte specializzate per il trucco post mortem! Vedere Departures di Okuribito!
    a parte gli scherzi […] pensare al sorriso anche nel momento del trapasso è segno che l'ironia distingua alcune alte personalità che a contatto con la morte 'vivono' sempre

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  3. io vorrei trovare una persona d'amare prima di morire, non mi accade da anni di innamorarmi.
    non credo sia un bene il non innamorarsi.

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  4. sì e non vorrei mai che quello sguardo spento e quella bocca sigillata rimangano a lungo così… ;)

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  5. innamorarsi equivale a soffrire. Senza la sofferenza la vita non avrebbe senso

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  6. per me la cosa importante è che si sia vivi, anche con sofferenza inclusa… ;)

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  7. io l'ho rimandata, mi aveva trovato nel 2002 (operazione al cuore)adesso va un pò meglio... sò che ci riprovera' e spero di essere fortunato ancora!

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  8. azz… Enio, che esperienza! Ne so qualcosa… Il ragazzo di cui ero innamorata (e non lo sapevo) è andato via così, una mattina di tre anni fa. A te faccio i miei più sinceri auguroni di 'cuore'! :)

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  9. @enio

    ti auguro tutta la felicità del mondo

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  10. sai mi hai fatto pensare a un vecchio amico... questo post e poi tabula rasa (il suo regalo per la mia laurea, il mio amico credo proprio che non fosse di questo mondo, aveva pure le orecchie a punta :D)... e insomma è stato un bel pensare, al tempo che ci mangia e all'amicizia che dura, comunque...

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  11. @Ubiminor: non ho fatto studi classici, ma divoro tutto e tra le varie letture mi è sempre capitato di leggere "Ubi sunt?" da solo e "Ubi sunt qui ante nos fuerunt?", frase/invocazione dei predicatori del Medioevo per invitare gli ascoltatori a riflettere sulla caducità della vita terrena, post ispirato al francese Villon e tutta questa ricerca mi fu dettata dalla scoperta che La ballata degli impiccati di De Andrè è proprio la traduzione de l'Épitaphe de Villon.

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  12. @Lillo: era proprio quello che intendevo… hai letto tra le righe, che, a tratti, non sono io a parlare! Anche il mio amico non era di questo mondo, almeno del mio. Non aveva le orecchie a punta… ma aveva un ingegno e un coraggio alti, tanto alti. :)

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