Città ho riso dei tuoi palazzi simili a tartufi
Bianchi dal suolo scavato di radure azzurre
Ora se ne vanno i miei desideri tutti lemme lemme
La mia pia emicrania ha coperto la sua cuffia
Punto virgola tratto sospensione, lasciate che frutti questo mio pensare, voglio rivelare l'enigma, sono e nello stesso tempo non sono più. Ho dipinto un volto, ho dimenticato gli occhi. È una donna concentrata la mia, su se stessa e dimentica dell'ambiente esterno, sensibile, legge e pensa e sogna ed è anima, metafisica colta e riportata. Inspiegabile, impossibilitata a descrivere ciò che chiamo trasformazione, fenomeno rivissuto ogni qualvolta io la guardi. Cos'è quel manichino? E quella statua acefala? Quella torre? Un cavallo che non guarda… Una percezione plastica e intuitiva di un concetto filosofico, un'iconografia fortemente evocativa, disegno il pensiero, io, metto in scena drammi le cui protagoniste sono le idee e le metafore e le allusioni, lucidità chiaro veggente, la raggiungerò prima di diventar pazzo, io so, io sento e vorrei che anche voi sapeste, sentiste. Giocate con me e disegnate i giocattoli senza senso e colmi di mistero, sfrecciate verso il basso nella terra, raccogliete intuizione e creatività e, unendovi sui miei letti all'aperto, date vita all'arte Arianna e Dioniso. Scolpito nell'aria per l'eternità in un fermentante magma di poetica ispirazione mi pervade il canto, quel lampo che fa sentire nell'uomo -nel suo perire- la verità del suo essere immortale, scheggio frammenti di luminosa quintessenza, e vibro l'ultimo colpo musicale e possente. La statua perde il suo apice, rimane nascosta per un tempo incalcolabile, ma io la scovo leggera e commossa, la incardino su una monumentale sequenza di titoli, tante stanze e un labirinto… Sono un frutto d'innumerevoli contrasti di innesti.
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