L'ascolto della radio è fondamentale. Ti scuote e ti indottrina, anche senza volerlo, anche non ascoltando, anche se trasferisci la tua attenzione ora su un disegno, ora su un testo da scrivere. È un impegno e uno svago, è un appuntamento fisso e un'amicizia che si svela ogni giorno preziosa più di un amore, è una lotta continua e una passione incontrollata, è la temperatura reale della società, la sua cura e la sua panacea, è ordine e anarchia!
La radio ti sveglia e ti addormenta, ti risveglia la coscienza e te la assopisce, ti calma e ti agita… è un libro che sfogli ogni giorno e ogni giorno ti rivela teorie nuove, racconti mai sentiti, pagine che pensavi dimenticate… Ho consapevolezza bastante oggi, stanco e abbattuto, mi alzo di buonora e vado alla manifestazione. Mi ha invitato un amico e accetto. Ne ho sentita di gente che ha detto che ci sarebbe andata per parlare, ascoltare e conoscere. Operai e lavoratori da ogni parte della città, intervistati e fermati dai radiocronisti. Perché è già da un pezzo che le cose non vanno più bene come dovrebbero e i padroni ci costringono ad orari assurdi, in condizioni assurde e ci ripagano con nulla, che sembrerebbe ancor più assurdo ma è la verità!
Sono un manovale, ma potrei essere un impiegato, un insegnante, un artigiano, non ho un posto fisso, credevo che non avesse più importanza, ma ho cercato un lavoro che sapessi fare, che mi piacesse fare, forse non quello che avrei voluto fare, e del resto qual è? Ho persino studiato, ho un diploma da ragioniere e ora sono intonachista. Vivo in un'epoca in cui avere un lavoro è già tanto, ché ce ne sono tanti di miei compagni che sono a casa, o ne fanno uno diverso ogni giorno. Allo stesso tempo però non capisco cosa mi riservi il futuro, se ce ne sia uno e quanto debba lavorare per vederlo. Ed ogni giorno penso, non so se farò ritorno a casa, in bilico su quelle assi malferme o a trasportare pesi enormi. Chissà se quel futuro lo vivrò e racconterò questo come ricordo ai miei figli e nipoti.
Alla radio dicono che bisogna protestare, scioperare, tutti in piazza per rivendicare i diritti dei lavoratori, di tutti i lavoratori, e intanto penso a coloro che il lavoro non ce l'hanno, o ce l'avevano e ora non più e di gioire e far vacanza non hanno nemmeno possibilità! È un senso di precarietà diffuso, una sensazione di vuoto perenne che sento premere sul cuore, e sull'intelligenza è tesa e senza tregua la lotta infinita tra l'insensata, ma comprensibile voglia di abbandonarsi al corso degli eventi e la caparbia e insistente necessità di opporvisi. La avverto e mi preoccupa, ieri era più forte la sensazione di un miglioramento, di un progresso; oggi che il progresso si è vissuto, si è speso, si è consumato, si è eroso, si è spogliato e ha lasciato fame e povertà, disperazione e delusione cosa c'è da desiderare, da augurarsi, da festeggiare?
«La vita è questo scialo di triti fatti,
vano più che crudele.
E la vita è più crudele che vana»
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